La Norvegia nei primi mesi dell’anno offre ai cultori del merluzzo uno dei suoi prodotti più ricercati, lo Skrei, pescato da gennaio fino ad aprile nelle isole più a Nord, le mitiche Lofoten, e da consumare rigorosamente freschissimo. La qualità della materia prima, la compattezza delle carni, il bianco quasi accecante del filetto che è la parte più nobile dello Skrei (ed è più grosso e lungo rispetto al canonico merluzzo), ma non è certo l’unica visto che di questo pesce non si butta proprio niente, lasciano oltretutto intravedere grandi possibilità di utilizzo anche per molti cuochi di casa nostra.

Il giovane chef norvegese Gunnar Jensen
Soprattutto in questi mesi, proprio quando è già partita presso alcuni di loro una spedizione di
Skrei da testare in vista di un arrivo futuro sul mercato italiano da parte dei maggiori esportatori norvegesi. E da nord a sud, invece, proprio in Norvegia da Trømso a Oslo, non mancano certo gli spunti per incontrarlo in tavola anche in versioni forse meno classiche, da parte di una nuova generazione di cuochi più smaliziati e vogliosi di farsi notare.
Proprio nella cittadina industriale più vicina al Polo, Trømso, da qualche mese si è stabilito con il suo nuovo ristorante il giovane cuoco
Gunnar Jensen. Che in realtà già lavorava da queste parti in un altro ristorante di grande tradizione, ma che ora ha deciso di spiccare il volo con il suo
Mathallen, locale piacevole e dai toni bistro’, con cucina aperta e, a fianco, un fornito negozio di Delicatessen che permette di acquistare prodotti norvegesi e non solo.

Queste mani sono quelle di Jostein Medhus, durante una sua lezione sul merluzzo alla Kulinarisk Akademi di Oslo
Un luogo, se vogliamo, atipico per queste latitudini, dove però c’è una vita sociale a dire il vero piuttosto vivace, soprattutto durante i mesi estivi.
Gunnar, che tra l’altro conosce l’Italia avendo cucinato negli anni passati in uno stellato in provincia di Bergamo, ha creato una sua versione più nordica della
bistronomie per come noi la conosciamo. Divertendosi a reinterpretare, ad esempio, lo
Smørrebrød danese, con il merluzzo (la sua versione lo vede appoggiato su una solida fetta di panfocaccia con tanto di purè di scalogno e cipolle rosse), oppure andando a pescare in quei prodotti che entrano quotidianamente nella borsa della spesa delle famiglie locali.
Così il salmone incontra i cetrioli, la soya e la sour cream, e le polpette di
Klippfisk, un baccalà semi salato, giocano con le carote e la maionese. E ogni tanto si strizza l’occhio a una clientela più giovane, che magari si lancia con piacere nell’assaggio di un robusto sandwich di maiale accompagnato dalle birre locali.

Lingue di merluzzo fritte
Con un po’ di fortuna, si possono anche trovare le
lingue di merluzzo fritte (l’equivalente delle kokotxas basche), ma per una delucidazione sull’utilizzo quasi integrale del merluzzo in cucina la persona giusta rimane
Jostein Medhus. Lui è un giovane cuoco metodico e preciso quanto basta per rendere l’incontro alla
Kulinarisk Akademi di Oslo (ospitata al primo piano dello splendido mercato
Mathallen e tappa training dei cuochi norvegesi verso appuntamenti internazionali come le Olimpiadi della Cucina), un percorso didattico irrinunciabile, che va dall’apertura a vista di un merluzzo al suo lento sezionamento in diverse parti, fino ad arrivare all’utilizzo ai fornelli.
Dalla pelle al fegato, dalle uova (esiste anche una bottarga, salata e fatta stagionare per due mesi) alle guance, dalla lingua (fritta in un paio di minuti) sino alla pelle e alla lisca.
1. continua