Ecco il racconto dell’ultima cena di
Paolo Lopriore presso quel
Kitchen di Como dove è arrivato nell’aprile scorso e col quale chiuderà oggi, domenica, imprevedibilmente anzitempo, con un brunch. Poi, riassumiamo quello che è successo in settimana, usando le parole di tre illustri colleghi. E infine vi diciamo ciò che lo chef ha voluto narrarci, mentre sorseggiavamo il caffè finale. Con un’avvertenza generale: non siamo imparziali, ci dichiariamo ferventi
loprioriani.
Ambarabaciccicoccò...
…
Non aspettatevi una continuazione.
(Paolo Lopriore, suo profilo Facebook, 15 febbraio 2015)
Si arriva al Kitchen un poco in ritardo - causa maltempo - e di malumore dopo la notizia della settimana: è divorzio clamoroso tra il Grand Hotel di Como, nuova gestione targata Starwood (ossia gli americani di Sheraton e altri marchi famosi) e il geniale chef dai capelli un po’ alla Einstein. Non si è capito bene cosa sia successo ma, dopo le devastazioni di piazza Navona, è il secondo episodio che rischia di stimolare la nostra xenofobia latente. Al Kitchen però l’atmosfera è rilassata: il maître Stefano Gaiofatto accoglie col solito brio un poco english, che ci piace, Lopriore è sorridente; non scorrerà sangue, se si eccettua quello necessario per il civet.
Viste le circostanze, è previsto un menu speciale, sette piatti che hanno scandito questi neanche nove mesi in via per Cernobbio 41, calcolando pure le ferie. Non desta sorpresa che siano quasi diventati classici di una “nuova cucina comasca”, se solo Lopriore avesse avuto il tempo di radicarla. Quattro li abbiamo già assaggiati, a iniziare dalle entrée: Zuppa pavese (ossia, in un guscio d’uovo, il tuorlo fresco appena scaldato da un brodo speziato) e Cavolfiore, uova di pesce di lago marinate e affumicate, aceto di miele e gelsomino, un antipasto perfetto, se esiste la perfezione in cucina. Gioco di temperature, consistenze, profili aromatici, abbinamenti (li crea il commensale col suo cucchiaio, pescando qua e là). Abbiamo già usato “geniale”?
Si chiude così, un po’ troppo in fretta, un’altra pagina di cucina italiana importante (anzi, fondamentale) con il ritorno in terra natia dello chef più coraggioso d’Italia (...). Il Kitchen gli stava un po’ stretto, di sicuro (...) Però quella casetta nel parco appariva come un’isoletta tranquilla. (…) Posso dire che trovo semplicemente incredibile che una delle più importanti catene alberghiere mondiali possa lasciarsi scappare uno dei più capaci chef al mondo, così, in un attimo.
(Marco Bolasco)
Lopriore ci ha detto: «Nessuna polemica, è stata una scelta coerente. Ho pensato: è ora di fare da solo. Qui ero arrivato in base a un progetto condiviso, ma alla ripresa post-natalizia ho notato che questa condivisione era venuta in parte meno. Ho ritenuto fosse giusto, allora, separarsi». No recriminazioni o rancori: lo chef si scarmiglia i capelli, è tutto concentrato sul futuro. Il passato è passato.

L'ultimo menu firmato Lopriore: "W la cucina"
Un piatto che non avevamo ancora assaggiato,
Spaghetti alla lombarda. Lopriore usa una notissima pasta industriale, senza particolari pregi, perché non gli serve lì il carattere, vuole un supporto insapore. La magia è sotto: un centrifugato di semi di prezzemolo che, con burro, limone e una spolverata di parmigiano, vezzeggia il palato. “Un colpo di genio venato di ironia”, ha scritto
Carlo Cappelletti. Di nuovo la parola “genio”... Poi,
Intingolo d’anatra, per l’occasione arricchito del suddetto civet di sangue di lepre, con sentori di cacao, il tutto da
pucciare col pane già servito all’inizio con il burro: una crosta croccante e una mollica di bella acidità (diciamo: lievito madre) che creano dipendenza. Introduce il piatto di carne:
Verza e maiale. Le orecchie, la lingua, il brodo in tazzina, il salame cotto, la costata (tenuta rosa, le nostre madri inorridirebbero), accompagnati dalle verdure annunciate e da quel centrifugato di semi di carote del quale abbiamo parlato
qui. Territorio puro, poi dicono che
Lopriore sia un visionario senza i piedi ben piantati.
C'è chi lo accusa di fare una cucina eccessivamente ermetica, difficile e faticosa. E chi lo considera un genio (e quattro, ndr
). Durante Identità Golose 2015 ha fatto un intervento (in prima fila Gualtiero Marchesi, che lo ha sempre definito il suo allievo prediletto) dopo il quale lo abbiamo intervistato. Sembrava molto felice della dimensione di Kitchen
: uno spazio che si era ritagliato "in un luogo magico. All'inizio ero spaventato dalla diversità, dopo tanti anni in Toscana. Poi ho accettato i cambiamenti che mi ha imposto la terra: burro al posto dell'olio, pesce di lago. La mia cucina rispecchia il territorio, sempre".
(Giorgia Cannarella)
Lopriore ci ha detto: «Mi prendo 6-8 mesi di pausa. Non starò fermo, lavorerò comunque, ho dei contatti. A Siena, soprattutto: probabilmente tornerò lì, per una fase interlocutoria. Ma farò una cucina abbastanza semplice, non voglio pensare troppo. O meglio: continuerò la mia ricerca, per prepararmi al meglio per il dopo. Che sarà tutto mio».

Un piatto "fuori menu" della cena: sciatt valtellinese, ma con tè verde e miele di pino. L'amaro, il dolce e il balsamico che arricchiscono la tradizione
In una nostra recente
intervista,
Lopriore dichiarava il proprio innamoramento per Como. Lo dimostra con
Riso e pesce persico, un riso in cagnone in cui burro e salvia (con salsa verde di salvia
wasabi-style), più la farina tostata che avvolge una delle due “larve” (il cagnone, in lombardo
laghée), conferiscono sentori quasi invadenti, di certo golosi. E’ un
Lopriore diverso, che sta davvero studiando il lago e vi sovrappone la propria personalità: l’uno influenza l’altra e viceversa. Lo chef ci presenta il pescatore
Simone Fraquelli di Ossuccio, che sta desinando a un tavolo vicino. I due hanno stretto un evidente sodalizio: davvero sta per interrompersi?
Lopriore è idolatrato da buona parte della critica e da alcuni dei più grandi chef del pianeta, ma nonostante questo viene spesso ostacolato. Che dire? E’ il redentore dell'alta cucina italiana. (…) Ma perché tutti noi che lo amiamo e ammiriamo non pensiamo a una nuova concezione di ristorante ispirata ai circoli di golf? Si vendono le quote del ristorante e solo i soci possono frequentarlo. Ognuno versa la somma che si può permettere. Pochissimi tavoli, servizio essenziale, ci si porta il vino da casa e SOPRATTUTTO si da piena libertà allo chef. Niente food cost, nessuna costrizione nessun vincolo. 100% Lopriore. Chi ci sta?
(Bob Noto)
Lopriore: «Penso sia ora che io faccia da solo. Che mi metta in proprio, con un mio ristorante. Non è solo un’idea, è un progetto che credo – sono abbastanza sicuro - si realizzerà, diciamo a fine anno o all’inizio del prossimo. Dove? Ma qui a Como! Sto bene, ho la mia famiglia, ho stabilito legami con ottimi fornitori, ho le idee su cosa fare». Ce ne aveva parlato, di nuovo
qui: i brodi, il fegato di bottatrice… «Esatto. "Scrivere" la cucina comasca, alla mia maniera. In un ristorante con pochi coperti, il numero giusto per mantenersi. E poca cantina (come al
Kitchen:
Paolo Marchi l'altro giorno aveva contato una dozzina di etichette in tutto,
ndr): la gente viene per mangiare i miei piatti, non per altro. La proposta di
Noto? E’ intelligente e lo ringrazio. In fondo, quel che mi appresto a fare non è così distante…».