19-09-2016

Lopriore punto per punto

I vantaggi del cliente e i benefici per il ristoratore nella rivoluzionaria formula del cuoco comasco

In senso orario da ore 12: Gnocchi di semolino, da

In senso orario da ore 12: Gnocchi di semolino, daolata di rognoni al pomodoro, kefir di capra, curcuma e salsa al pepe. E' una delle sequenze che vi può capitare di comporre al Portico, il ristorante aperto da Paolo Lopriore il 4 agosto scorso ad Appiano Gentile (Como). Un coraggioso inno alla convivialità, frutto di un'intensa riflessione sulle radici antropologiche della tavola italiana (foto Zanatta)

In questi mesi abbiamo scritto più volte di Paolo Lopriore (vedi gli articoli in fondo). Abbiamo dato ampio spazio alla sua esplorazione delle radici antropologiche della tavola italiana, una celebrazione conviviale del pasto che il cuoco stesso ha dipinto efficacemente su Cook_Inc 15 come «un fatto culturale in cui i gesti, i materiali e le consuetudini partecipano in egual misura e con il medesimo valore delle pietanze». 

Una formula che questo ragazzo ha iniziato a tradurre nella pratica al ristorante I Tre Cristi di Milano, nell’estate di Expo. Dal 4 agosto scorso l'ha trasferita al Portico, il ristorante aperto nella natia Appiano Gentile, in provincia di Como.

Il canovaccio è noto: al centro del tavolo viene servita una pirofila colma di volta in volta di ingredienti di sostanza (filetti di lavarello, gnocchi di semolino, tranci di vitello cotto al forno...). Tutt’attorno al piatto di portata appaiono altri 4 o 5 contenitori, piatti e piattini di contenuti e consistenze diversissime (salse di pepe nero, estratti di semi di carota, albicocche sottaceto, mosto cotto, kefir di capra…). Il cliente è invitato a comporsi il piatto nella misura e disposizione che ritiene più opportuna. È un’alleanza tra cuoco e cliente che genera intriganti soluzioni di eleganza e bontà, accelerate da un clima caloroso, che non pesa mai su chi mangia per un principio molto semplice: se il piatto te lo finisci tu, non puoi essere in soggezione.

Sono i primi bagliori di una rivoluzionaria restaurazione che potrebbe generare importanti emulazioni. Colpi di spugna a certi riti post-Escoffier e alla replica di schemi inautentici sulle tavole italiane di oggi. Sovvertimenti che in realtà attualizzano con intelligenza dinamiche tipicissime nostre. Abbiamo cercato di ricapitolarle attraverso due chiavi di lettura: i vantaggi che questa formula dà al cliente e i benefici che porta allo stesso cuoco/ristoratore.

Paolo Lopriore arriva al tavolo armato di vaporiera: versa un composto di burro e gin che arricchirà un'impepata di cozze sui generis

Paolo Lopriore arriva al tavolo armato di vaporiera: versa un composto di burro e gin che arricchirà un'impepata di cozze sui generis

I vantaggi per il cliente
- L'autoservizio creativo. Al Portico il cliente non “si serve” semplicemente trasferendo badilate di cibo da una pirofila unica al piatto ma “compone” in modo ricreativo la pietanza, a seconda del gusto e dell’umore del momento, attingendo a diverse possibilità. «Il nostro palato non è mai lo stesso», ci spiega il cuoco, «a fine serata le mie papille sono così stanche che magari ho bisogno di 3 cucchiaini di salsa d’alloro per sentire quello che tu senti con mezzo cucchiaino. Chi sono io per assegnare le stesse distribuzioni di ingredienti a tutti?». Nessuna composizione finale del cliente somiglierà infatti a quella di chi siede accanto.

- La centralità del sapore. E' vero che è lasciata libertà al cliente nella composizione del piatto. Ma la scelta degli addendi da sommare è frutto del mestiere quasi trentennale del cuoco (Prima parannanza indossata, nel 1988 alle Riviere di Appiano, ristorante ora chiuso: «A fine della stagione, la paga fu una valigetta di coltelli Montana»). Parliamo di assaggi quasi sempre gustosissimi ed eleganti, qualsiasi sia la loro distribuzione. Sapori sul crinale tra tradizione pura alleggerita e nuove sfide (e non solo le proverbiali esplorazioni di toni acidi e amari di Lopriore).

- La dimensione giocosa. La formula del convivio innesca più facilmente un'atmosfera di piacevolezza. Tra i dialoghi ascoltati ai tavoli accanto: «Siamo in 3 e i tranci di pesce sono 9 in tutto, t’ho visto che tu ne hai presi 4…». «Ne è rimasto ancora un poco di kefir di capra per il mio gnocco? Troppo tardi, mi spiace, non saresti dovuto andare in bagno».

- La rifinitura del cuoco al tavolo. Spesso è lo stesso Lopriore a intervenire nel servizio. Un processo nel quale giocano grande importanza gli oggetti che onorano la mensa (sorta di moderni centrotavola), concepiti dall’amico designer toscano Andrea Salvetti, vedi la Vaporiera o la pentola Mistery. «Andrea è la parte artistica», precisa il cuoco a scanso di equivoci, «io sono invece quello che deve capire quando le cozze sono cotte». 

- Il menu italiano. Per com'è strutturato ora, al Portico ti gusti un vero pasto completo all’italiana. Cioè le quattro portate della nostra tavola: antipasto, primo, secondo, dolce (nel percorso della sera; a pranzo c'è un piatto unico). A proposito di primi, Lopriore sta lavorando anche sul servizio della pasta conviviale, «Ma è complicato perché la gente non sa bene che fare quando si trova una teglia di spaghetti con la salsa accanto». Per rendere tutto più chiaro al cliente, il cuoco auspica di poter presto disporre di un valido professionista di sala (ricerca non facile, si sa).

Sciatt valtellinesi, alghe ghiacciate, salsa di alloro, verze fermentate, prezzemolo e insalata di sedano. Allo studio di Lopriore, anche la composizione di un menu di piatti storici, assistito dallo storico della cucina Luca Govoni, docente di Alma

Sciatt valtellinesi, alghe ghiacciate, salsa di alloro, verze fermentate, prezzemolo e insalata di sedano. Allo studio di Lopriore, anche la composizione di un menu di piatti storici, assistito dallo storico della cucina Luca Govoni, docente di Alma

- Lo spirito dissacrante. Chi siede al tavolo è più rilassato perché spogliato da ogni obbligo formale, imposto dalla tradizione alta francese. «L’importante è mangiare, a contare è il cibo. Tutto il resto non serve. Siamo o non siamo quelli della tovaglia a quadretti e del bicchiere infrangibile davanti al piatto?»

- La versatilità dell'offerta. La formula accontenta chi ha intolleranze, allergie o idiosincrasie alimentari: è sufficiente non scegliere l’ingrediente inviso.

- Le stratificazioni del piatto sporco. Il piatto da cui si mangia non viene mai cambiato per tutta la sequenza del menu. Si stratificano così i sapori portata dopo portata. «Chi mangia», ha spiegato bene Carlo Passera, «sceglie se e come mischiare sughi e aromi, dando vita a nuove sfumature di gusto sotto la regia di uno chef che è in grado di valutare la compatibilità di fondo delle possibili mille interazioni, ma poi lascia al commensale la decisione definitiva».

- Il riutilizzo della forchetta. Quando hai finito di mangiare, riappoggi le posate sul tavolo e non le posi rigirate sul piatto perché te le cambino: «E' un gesto che è nella storia italiana e che non dobbiamo dimenticare».

- Il conto veritiero. Il cliente paga un conto competitivo: 50 e 60 euro per un percorso di 4 piatti a cena; da 14 a 18 euro per il piatto unico a pranzo (acqua e pane inclusi). Mangiare bene, stare bene, pagare quello che si deve.

I benefici per il cuoco
- Sparisce l'ansia del pass. Scompare l’ansia del cuoco al sigillo finale del pass: all’impiatto penserà il cliente. «Perché», chiarisce il cuoco con un’efficace metafora, «se compri un quadro da me, io non posso dirti pure dove appenderlo a casa tua».

- La centralità del sapore (bis). Lo chef si concentra per quasi tutto il tempo sul gusto di una preparazione e molto poco sulla retorica di un piatto o su tutti gli altri orpelli extra-gustativi. «L’unico bello che mi interessa oggi», sottolinea, «è quello del sapore. Sono un allenatore/atleta che spadella con la testa e il fisico ma poi sono i giocatori, cioè i clienti, a scendere in campo».

Fichi con pere, mandorle glassate, gelato di fiordilatte e mosto cotto, il sipario di un menu ai Portici

Fichi con pere, mandorle glassate, gelato di fiordilatte e mosto cotto, il sipario di un menu ai Portici

- Il personale ridotto. Non occorre una forza lavoro numericamente esagerata, anzi. «In questo momento siamo 5 in tutto, 3 in cucina e 2 in sala. In cucina abbiamo solo due partite, quella delle cotture calde e quella delle preparazioni fredde. E il personale non cambierà anche se dovessimo aumentare il numero dei coperti». Un bel risparmio. «Al massimo potrei chiamare anche un garde manger, alla maniera di Troisgros: un cuoco uno che entra molto presto in cucina, prepara i tagli e se ne va dopo pranzo, a linea finita».

- La rotazione del menu. Diventa possibile cambiare molto di frequente il menu, senza particolari traumi nella transizione da uno e all'altro. «Con questa formula posso assecondare il pescato imprevedibile del pescatore di Ossuccio o Laura Peri che mi dice che ha pronte subito 8 anatre».

- La responsabilizzazione del fornitore. Si assegna grande responsabilità agli artigiani, indebolendo l’onnipotenza del cuoco dei nostri tempi: «Il macellaio fa lui i tagli e il pescatore mi manda il pesce già sfilettato. Così era un tempo e così dovrebbe essere».

- Niente pause. La scansione temporale del servizio delle portate è più facile da gestire: non esistono più pause indesiderate tra una pietanza e quella successiva (un altro vantaggio per il cliente, oltretutto).

- La subordinazione del vino. La gestione molto snella e attenta dei vini. Al nostro passaggio in carta c’erano solo 9 etichette: 3 bollicine, 3 bianchi e 3 rossi, tutti particolari e piuttosto "semplici" da bere. «So bene che l’economia di un ristorante si fonda spesso più sui vini più che sul cibo. Ma nella mia idea di convivialità il vino dev’essere un complemento territoriale, un accompagnamento originale; non una presenza ingombrante che arriva al tavolo dopo un cerimoniale che appesantisce l’atmosfera».

Il Portico
piazza della Libertà
Appiano Gentile (Como)
+39.031.930338
Menu degustazione: 50 e 60 euro alla sera; 14/16 euro piatto unico a pranzo.
Chiuso sabato a pranzo, martedì sera e l’intero mercoledì.

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Zanattamente buono

Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo

Gabriele Zanatta

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Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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