Il modello dell’economia circolare, oggetto di dibattito e regolamentazione da parte della Commissione Ambiente, pone al centro la sostenibilità del sistema, non ci sono prodotti di scarto, le materie prime vengono costantemente riutilizzate e si contrappone a quello definito “lineare”, che parte dalla materia e arriva al rifiuto. Questo modello riguarda anche quello dello spreco di cibo, anch’esso sempre più centrale, grazie anche a EXPO Milano 2015 che a differenza di altri aspetti riguarda molto da vicino tutti i soggetti della filiera del cibo, ristorazione compresa.
Ma quanto è sentito questo tema dai nostri chef? Dopo aver incontrato 360 cuochi in 6 mesi (grazie alla conduzione di The CooKing Show su RAI3) posso dire che quello della riduzione dello spreco alimentare è un tema più sentito di quanto non immaginassi anche se forse non ancora così diffuso. Gli chef che si proclamano attenti a sprecare il meno possibile sono diversi, ma quelli che hanno messo in atto una vera strategia antispreco, sistematicamente applicata e che non lascia spazio al caso non sono molti.

Gamberi di Santo Spirito - di Igles Corelli - la testa dei gamberi si trasforma in pochi secondi in un'ottima maionese
Si tratta di ristoranti dove c’è un attenta pianificazione degli approvvigionamenti, che lavorano prevalentemente su prenotazione, che vi permettono di scegliere tra porzione completa e ridotta, che hanno un numero limitato di portate in carta, che nei loro piatti valorizzano il 100% di ogni ingrediente, comprese quelle parti che di solito sono considerate scarto. Visto che qualcosa nell’alta cucina si sta muovendo e che sempre più cuochi si sensibilizzano e mettono in atto pratiche virtuose una questione interessante è anche come comunicarlo ai propri clienti. Tra quelli più attenti sicuramente mi hanno colpito
Nicola Portinari,
Davide Oldani,
Igles Corelli,
Gianfranco Pascucci,
Matteo Vigotti e
Franco Aliberti.
Quest’ultimo, chef di
Évviva – Dolci e cucina a scarto zero ha fatto della lotta allo spreco il manifesto del proprio ristorante, è un vero pioniere in Italia in questo senso. Gli chiedo come venga percepito dai suoi clienti questo impegno e come venga comunicato. Lo chef mi spiega di come, in virtù del nome del ristorante siano i clienti stessi i primi a chiedere maggiori informazioni. Nel menu non ci sono particolari spiegazioni, che sono invece affidate al personale di sala.
«Spiegare ad esempio ai propri clienti l’utilizzo di parti meno nobili, bucce, foglie e altri sottoprodotti – racconta
Aliberti – richiede una formazione ad hoc dei nostri collaboratori che devono essere in grado di raccontare e spiegare tutta la filosofia di
Évviva e di come questo si traduca nei piatti». Questo impegno risulta però premiante perché permette di far arrivare al cliente il concetto che il non spreco non è che un modo per dare il giusto valore al cibo, per valorizzarlo in tutte le sue parti e una forma di profondo rispetto verso i produttori.

Ugo Alciati, lo chef piemontese che propone numero ridotto di portate e prenotazione obbligatoria
In questo momento storico è quindi importante avere il coraggio di cambiare qualcosa nella propria cucina e trovare la formula migliore per comunicarlo e forse la cosa migliore è farlo alla vecchia maniera, con le parole, quelle di professionisti il cui lavoro è proprio l’anello di congiunzione tra la cucina e la tavola.
Un giorno non sarà più necessario dover spiegare ai propri clienti perché lo si fa ma piuttosto giustificarsi se non lo si fa, oggi dove la sensibilità delle persone è in crescita, ma non così diffusa è invece necessario un sforzo in più da parte dell’alta cucina per far sì che le persone abbiano la giusta percezione della questione: non riciclo di avanzi e scarti bensì un modo contemporaneo di cucinare, allineato con i principi dell’econonomia circolare, in poche parole la vera cucina del futuro.