Pur non sfoggiando un’installazione concepita da archistar, il padiglione dell’Argentina si staglia con una sua forte presenza, a metà del decumano. La forma è inequivocabile: sono dei grandi silos allineati, un complesso architettonico che non lascia a bocca aperta come quello di tanti vicini. Ma è un simbolo indovinato perché non è il momento storico per esibire fuochi artificiali ma sostanza. E, crisi o non crisi, l’Argentina ha pur sempre 40 milioni di abitanti e produce cibo per 400 milioni di persone.
Frumento, soia e mais da un lato - le principali risorse agricole del paese - e frutta, verdura e carne dall’altro sfamano dunque una discreta porzione di mondo ben oltre le Ande e la Pampa e questo occorre dirlo. Ecco perché i silos sono scalabili dall’interno attraverso una rampa circolare aperta che conduce a un progetto multimediale in vetta, il cuore della struttura. Sulle mura è proiettato un documentario che gira a loop per 12 minuti. Riproduce modalità e oggetti di approvvigionamento del paese dagli anni della grande immigrazione a oggi, con ampie parentesi sulla trasformazione degli alimenti perché, è vero che il paese raccoglie parecchio, ma soprattutto lavora e raffina quel che solleva.

Al piano terra, spettacoli e percussioni...
“Nutrire i propri cittadini” - non sempre, purtroppo, abbiamo visto dopo la grave crisi del 2001 -, “nutrire il mondo” e “nutrire la conoscenza” sono dunque i 3 livelli concettuali sviluppati dal padiglione, un invito a riflettere sui concetti di sovranità alimentare e distribuzione equilibrata delle risorse, dal basso però. È questo il significato delle divise blu da operai metalmeccanici che indossano tutti, dal personale di servizio ai cuochi, dai camerieri che servono ai tavoli fino ai percussionisti che al piano terra bombardano di quando in quando gli avventori con ritmate percussioni condotte su tubi e bidoni industriali (modello
Stomp).
Poco prima, avevamo esplorato il menu del vivace bancone bar con tavolini e piani cottura a vista, subito dopo l’ingresso del padiglione. Sulle lavagne è scritto Cocina argentina e anche qui ci si affida all’aspetto più tradizionale e popolare della stessa, anche perché il boom dell’alta cucina che sta investendo l’America Latina (Brasile, Perù, Venezuela…) non sembra esser tracimato a Buenos Aires e dintorni.

...e un bistrot di specialità tradizionali
Nel menu si può scegliere tra
Empanadas di carne (manzo, uova, olive e spezie),
de queso (formaggio e cipolla) e di verdura (spinaci, besciamella e formaggio). Sandwich come il
Choripan con aderezo chimichurri y salsa criolla (Panino con salsiccia, salsa chimichurri e salsa creola) o il
Sandwich matambre con mayonesa y lechuga (Panino con rolata di manzo fredda, maionese e lattuga), che uccide la fame per davvero.
I più affamati scommettono però sui Platos principales di carne e di pesce come il Lomo a la parrilla con papas al horno o asada. Mentre i golosi vanno a testa bassa sui tanti dessert, che sono il trionfo del dulce de leche: Pancake ripieno di dulce de leche, Budino di pane, Flan della casa con dulce de leche e crema e gli Alfajores, biscotti morbidi ripieni ancora di dulce de leche. Tutti ottimi antidoti alle fatiche del paese, alleviate pure da un buon bicchiere di malbec o sangria.