Avremmo voluto sequestrare il cuoco per un giorno intero, come ha fatto Lisa Abend per il Time. Per esempio per chiedergli se oggi riscriverebbe qualcuno dei principi del manifesto della New Nordic Cuisine, la rivoluzione gastronomica più copernicana degli ultimi anni. O qual è l'eredità che gli ha lasciato suo padre, musulmano di passaporto macedone.
Avremmo voluto sapere come fa a gestire le pressioni dei media del mondo e, nel contempo, a mettere in riga - per 5 giorni a settimana, 16 ore al dì - una squadra di 80 persone che arrivano da ovunque. Domandargli in quale etichetta si specchia meglio: locavore hero, l’uomo che cucina foreste e fondali marini o mister foraging? Ma dopo un pranzo di quasi 4 ore, non rimane obiettivamente il tempo.

Il cuoco Renè Redzepi, 35 anni fra due mesi, impugna un fungo: «Un regno incredibile, di cui sappiamo ancora pochissimo». Nella fotogallery sotto, trovate tutti i dettagli
A vederlo tranquillo al primo piano sopra nella
staff room del
Noma,
Renè Redzepi sembra non curarsi troppo del can can che arriva fino al ristorante di sotto, con la gente che snocciola sequele di «oh my god» anche di fronte al bagno e scatta foto all’ingresso manco fosse al 10 di Downing street. Di sicuro difficilmente rivedremo il ragazzo cucinare a Londra come
nei giorni olimpici perché, ci spiega «Se prima avevo la curiosità di lavorare fuori o di capire se accettare delle consulenze, dopo l'esperienza al
Claridge's mi è passata».
Lui sta bene solo nel suo Noma. Alle pareti del suo “ufficio” non luccica nessun gallone, nessuna cornice di giornale e lui non indossa nessun occhiale scuro da divo. Piuttosto, ogni gesto del cuoco - lo incontriamo mentre affetta un fungo enorme mai visto - e ogni sua parola tradiscono una sola evidente pulsione: estendere gli oggetti del regno commestibile - piante, alghe, pesci, animali di terra, insetti - nello sforzo di disegnare un pianeta migliore.
Certo, nel proporre la crema di formiche o la pasta di grilli, i più superficiali leggono del sensazionalismo forzato o della stravaganza per nutrire i media. Ma non c’è nessun capriccio nel provare a trasferire alle latitudini nordiche o europee pratiche edibili che per tanti amazzonici o asiatici sono la stessa cosa che da noi è addentare una coscia di pollo.

Foglie di acetosella ripiene di pasta di grilli (sì, proprio gli insetti) e granita di nasturzio, l’ultimo dei 14 appetizer del menu degustazione
Nessuno dimentichi poi che, per ogni piatto che entra in carta, almeno 30 finiscono nel cestino (la prova è nel
profilo twitter del cuoco: ogni giorno posta foto di esperimenti che mai troveremo in tavola). E che docenti e ricercatori delle università di Copenaghen e Yale lavorano incessantemente nel
Nordic Food Lab proprio di fronte al
Noma, per capire fino a dove possiamo spingerci con aromi e digeribilità degli alimenti. «Quello che sperimentiamo», specificò a
Identità Milano nel febbraio scorso, «è ignoto anche a noi, non abbiamo alcun punto di riferimento, quindi è importante saper progredire ma anche saper fare un passo indietro».
E il nostro pranzo al Noma? Grandioso. Illustriamo tutti i dettagli del menu degustazione e delle chiacchiere col cuoco nella fotogallery da 100 foto qui sotto. Un omaggio dovuto. Intanto, due considerazioni: 1. il menu degustazione è idealmente diviso in due: appetizer e portate principali. Noi abbiamo trovato straordinaria soprattutto la prima parte, a dimostrazione delle ampie praterie che si parano davanti alla micro-cucina, una verità che in Italia non abbiamo ancora assimilato 2. Il ristorante di Redzepi incarna una delle massime espressioni di civiltà, in una città che di suo è tra le più civili e sostenibili al mondo. Sia allora santificato il suo Noma.