Milano, via Amilcare Ponchielli 3, intersezione di corso Buenos Aires, tra Lima e Loreto. Citofoni “Fusto”, passi due portoni con fotocellula e attraversi un piccolo cortile. Sulla destra, c'è un porticato protetto da 5 piante di limone. È un prologo spoglio che non lascia presagire la sostanza dietro a quell'ultima porta.
Con il battente si apre un atrio oscuro, che esalta la luminescenza calda di Colonna, una vetrina che mette in fila ordinata una serie di torte dal diametro pressoché uguale. Non fossero commestibili i contenuti, penseresti all’espositore di un’oreficeria. I monili hanno nomi come Summertime, una sottile crostata di frutta estiva - fresca, candita, secca – su una crema floreale alla vaniglia e fave tonka. Ultr4chioc è un disco di 4 creme al cioccolato con ghirigori perfettamente tangenziali tra fondenti, ganache, vellutate e gelatine. Gioiosa, un multistrato di mousse al gianduia al latte, cioccolato fondente, acqua di nocciola trilobata piemontese, crema al caramello con schegge di caramello salato... (citiamo solo le torte che abbiamo provato, tre in tre giorni, un’ingordigia proporzionata all’attesa).
Sedati gli istinti cleptomani, volgiamo lo sguardo oltre la parete divisoria trasparente e troviamo il cuore del laboratorio. Sono 160 metri quadrati che pare di stare in un piccolo Cern della pasticceria. Finestroni, led e luci bianche illuminano due estese isole a L, poste al centro. Sono di marmo grigio carnico, tagliato e poggiato su corposi banchi in acciaio. L’altro capo della stanza mette in fila imponenti macchinari: Moretti Forni, sistemi di processamento universale Roboqbo, mantecatori per il gelato Carpigiani, temperatrici per cioccolato Selmi, lava-oggetti Winterhalter, elettrodomestici Kitchen Aid, macchine sottovuoto Orved. Nel terzo lato, svettano 4 frigoriferi Irinox che Gianluca Fusto apre e chiude come in trance agonistica.

Gianluca Fusto e Linda Massignan, compagni nel lavoro e nella vita

Le isole di marmo al centro del laboratorio

Una parte della tecnologia di Fusto Milano
Non si contano le circostanze in cui abbiamo invocato una casa stabile per questo straordinario pasticciere nomade milanese. Almeno 14, comunque, il numero di edizioni in cui è stato relatore al congresso di Identità Golose (su 15 complessive), lezioni che si chiudevano sempre con la stessa domanda: «Quando aprirai la tua pasticceria?». L’ha trovata, finalmente, grazie anche allo sprone di
Linda Massignan, moglie e tessitrice delle trame di marketing e comunicazione che sostengono i voli pindarici del 45enne che visse 3 volte.
Nella prima esistenza
Fusto impara il mestiere e la disciplina di cuoco all’alberghiero Carlo Porta di Milano, poi
all’Harry’s Bar di Londra con
Alberigo Penati, a Parigi con
Alain Ducasse, di nuovo a Milano al
Bistrot di
Gualtiero Marchesi e a
La Scaletta di
Aldo Bellini. Ma è alla corte di
Aimo Moroni che apprende una lezione che oggi replica ogni dì: «Semplice non vuol dire facile. Ma prima di questo, è la conoscenza e il rispetto del prodotto a marcare la differenza. Senza, non c’è tecnica che tenga». La reologia, arte di cui è Gianluca tra i massimi interpreti, non è nulla se non c'è una materia prima perfetta.
La seconda vita inizia nel 2001, l’anno in cui fa ingresso all’
École du Grand Chocolat Valrhona di Tain-l’Hermitage, nella valle del Rodano. Lavora gomito a gomito con chimici, fisici, ingegneri alimentari e diventa il primo pasticciere straniero del corpo docente. La terza si apre 8 anni dopo, col varo di
Gianluca Fusto Consulting, società di consulenza, analisi e alta formazione che lo spedisce a trottare per 300 giorni all’anno tra Medioriente, Cina, Stati Uniti, Giappone. Sono stagioni in cui allarga lo spettro degli ingredienti che possono cadere sotto ai suoi colpi, via via sempre più chirurgici in un’invisibile complessità, di riflessi minimalisti e pulizia geometrica, a volte imbrattata dalle virgole anarchiche dell’artigiano.
«Li vedi questi limoni?», racconta
Fusto, indeciso a quale delle mille possibilità del suo laboratorio dare ora sfogo, «a seconda di come li tratti possono diventare una marmellata di albedi oppure una torta così buona che ti sembrerà di stare in Sicilia». È la condanna del pasticciere universale, che sa disegnare con la stessa disinvoltura torte, cioccolatini e praline, gelati, torte salate, marmellate e confetture, creme spalmabili al cioccolato (illegali). Che è la sintesi dell’offerta iniziale del Laboratorio, composta secondo una variabile che complica ulteriormente il quadro all'autore: la stagionalità degli addendi. «Non voglio una pasticceria destagionalizzata», ci spiega, «fondata su ingredienti disponibili sempre. Ogni tempo ha le sue primizie, mi ha insegnato
Aimo. Quando finirà la stagione delle pesche, sospenderò la produzione della torta
Luisa, la più venduta in questi giorni. Col cambio delle temperature e dei picchi organolettici della natura, ridisegneremo anche la dispensa del laboratorio». Che cambierà con il paesaggio fuori.

Le torte Lea e Lucente. Le torte sono pensate per 4/6 persone e costano 50 euro (foto Brambilla/Serrani)
Una regola che vale anche per il cioccolato: «Per me non ne esistono solo 3 o 4 tipi ma 23 origini. ‘Cacao’ è come dire ‘frutta’: c’è il peruviano Tulakalum, che ha senso in inverno, e quello del Madagascar, più fresco e acidulo, per quando fa più caldo». Un’operazione culturale, che deve dar vita a «una pasticceria del senso, e non del senza», aggiunge
Linda, «perché tutto è studiato per avere un senso, dal nome alla struttura che ci ospita. E senza fondamentalismi o regole rigide: se occorre, la giusta quantità di zucchero ci sarà sempre».
Sono i princìpi di un “trading center” (prima nel laboratorio c’era una palestra anni Trenta) che, a memoria, non ha eguali tra tutti quelli visti. E con tanti orizzonti ancora inesplorati. «Avremmo dovuto aprire per gradi», spiega
Fusto, «ma poi l’emergenza ha deciso per noi». Si parte con la vendita – asporto o consegna su Milano, per ora, con
Cosaporto.it - poi si passerà ai piani più complessi di organizzazione eventi, formazione, corsi e incontri con autori di rilievo.