In un viaggio recente in Canada a un certo punto abbiamo rivolto una domanda a un Torontonian: «Perdoni l’ignoranza, qual è il vostro piatto cittadino o nazionale?». Risposta: «I dumpling. Poi la pasta e la pizza». È un statement che spiega due cose importanti: la prima è che Toronto è un nucleo giovanissimo, abitato con una certa costanza da nemmeno due secoli, un tempo insufficiente per eleggere una o più specialità locali. La seconda è che, dei 3 milioni di abitanti di abitanti che la popolano, una bella percentuale è cinese e italiana: i nostri connazionali sono almeno 500mila ma i figli di Mao hanno messo da qualche anno la freccia. Di qui la popolarità dei dumpling e della pasta.
Se il pronto soccorso telefonico cittadino è attrezzato a rispondere in 150 lingue diverse, dove mai s'anniderà l’identità gastronomica del paese? «Scovarla è un compito assai difficile», ci spiega lontano dai fumi della cucina Patrick Kriss, uno degli chef più importanti in città, «il fine dining si è affacciato da pochissimo a Toronto e, in generale, la gente non mostra ancora grande curiosità per le questioni del cibo, le sue provenienze, la tecnica...».

Toronto, capitale dell'Ontario, poco più di 3 milioni di abitanti ed etnie da tutto il mondo

Cristopher Sealy (head sommelier) e John Bunner (direttore delle operazioni del gruppo Alo)
Questo non ha scoraggiato questo 39enne timido e silenzioso a colonizzare in poco meno di 4 primavere la
food scene cittadina: l’
Alo Group di cui oggi è patron annovera l’ammiraglia
Alo, ristorante di cucina contemporanea con cocktail bar annesso; il più casual
Aloette al pian terreno dello stesso stabile;
Alo Yorkville, un altro cocktail bar nel quartiere popolare per lo shopping cittadino, e
Salon, un quarto spazio devoto al private dining. Sono progetti che hanno alzato l’asticella della creatività cittadina. Un piccolo regno che impegna già un centinaio di persone e che è pronto anche a estendersi fuori dai confini.
Le nostre antenne si rizzano istintivamente per
Alo, l’insegna più ambiziosa: al numero 90 dell’ultima
World’s 50Best, è l’unico ristorante canadese nella popolare classifica e avrebbe pure una o due stelle Michelin se gli ispettori della Rossa si decidessero a passare le cascate del Niagara dallo Stato di New York e cominciassero a giudicare le insegne del paese meno considerato del Nord-America. «Ma succederà presto», scommettono i
Canadians.

Astice del Maine in salsa tailandese tom yam, Alo

Aloette, stesso indirizzo di Alo, due piani più sotto, 163 Spadina avenue
Il menu degustazione di
Alo ha una spina dorsale francese:
Kriss ha speso due anni e mezzo accanto a
Daniel Bouloud, mammasantissima dell’
haute cuisine nella Grande Mela e questo è chiaro nell’utilizzo dei fondi, nell'estetica d’impiatto che piacerebbe ai lionesi, nello schieramento di materie prime di nobile lignaggio e chilometro mille - dai ricci di mare e capesante di Hokkaido alla carne Wagyu, dal tonno bluefin atlantico al glorioso astice del Maine. La carne di manzo arriva dall’Ontario, la regione di cui è capitale Toronto, ed è uno dei pochi accenni alla retorica del territorio, un serbatoio che alla voce “verdure” dà poche soddisfazioni per via della stagione ridottissima: «I pomodori li troviamo solo tra agosto e settembre», sospira
Kriss.
«Quando aprimmo nel luglio del 2015», rievoca il cuoco, «
gufavano tutti: Un ristorante al terzo piano? Non avete speranza. Avete solo un menu degustazione? Non verrà mai nessuno. Ma noi non ci siamo scoraggiati e i fatti ci hanno dato ragione». Ogni sera l’insegna registra il
fully booked, nella
dining room (dove il degustazione viene 145 dollari canadesi, circa 100 euro) o al
kitchen counter con vista cuochi (rispettivamente 165 e 113) e nel bar dell’anticamera, un luogo che serve cibo più easy, nella tecnica e nel prezzo, in atmosfera più
groovy.

Pllo fritto con miele allo yuzu, Aloette
Il successo si deve di certo all’incredibile servizio del personale di sala: sorridono tutti qualsiasi sia la mansione che occupano, una cordialità che fa impallidire un bel numero di insegne di casa nostra. E vedere all’opera il sommelier
Christopher Sealy è uno spettacolo, per la conoscenza profonda che esprime sui vini italiani (e non solo, naturalmente) e per il palato felice con cui disegna i
pairing ai piatti del suo patron.
E’ piacevole infine scoprire che il graziosissimo
Aloette, qualche vetrina in strada due piani più sotto, non è solo un vezzeggiativo o il
b-side della casa madre: è il posto per addentare in
sharing un perfetto Pollo fritto con miele allo yuzu o un Cavolfiore al green curry e kaffir lime. Prenotare quello, prima ancora del volo (a proposito, c'è un comodo volo diretto
Air Italy, solo 7 ore e 45 minuti, da Milano e Roma).