È da qualche tempo che il nome di Paulo Airaudo orbita felice tra le nostre sfere. Da un anno per l’esattezza, quando Paolo Marchi ci parlò per la prima volta di questo brillante cuoco italo-argentino, classe 1985, che aveva ottenuto dopo soli 8 mesi una stella Michelin con la sua insegna Amelia a San Sebastian, nei Paesi Baschi (e un paio di anni prima l’aveva guadagnata a Ginevra, nel fu La Bottega).
Solo 12 mesi dopo, occorre aggiornare ancora gli almanacchi perché Airaudo ha appena preso una seconda stella con il ristorante Da Terra di Londra, aperto solo 4 mesi fa nel cuore di Bethnal Green. Ed è previsto a breve un filotto di altri progetti che potrebbero rimpinguare il malloppo: a febbraio 2020 Amelia traslocherà, sempre a San Sebastian, all’interno del più ambizioso Hotel Londres y de Inglaterra, davanti alla scenografica spiaggia della Concha. La sede attuale in Prim Kalea verrà ribattezzata invece Da Filippo, un ristorante italiano di cucina più tradizionale, mentre sulla stessa arteria è prevista a brevissimo la terza apertura del cuoco a Donostia, Cantina Argentina, specialità carne asada.

A San Sebastian, Amelia ha preso la stella Michelin 8 mesi dopo l'apertura

Tanti i componenti italiani della squadra: da sinistra, il maitre e sommelier Marco Adreani, il barman Marco Ferreri e il pasticciere Andrea De Lillo
Non è finita qui perché siamo ai dettagli per la prima insegna su suolo asiatico: si chiamerà
Amelia Hong Kong e sarà pronta a dicembre 2019. Soprattutto, è già tutto okay per l'agognato debutto italiano: si chiamerà
Settecento di Paulo Airaudo e sarà il ristorante del boutique hotel
Paragon 700 di Ostuni a inizio 2020, nella parte alta del borgo brindisino.
Tutto questo non distoglie il nostro collezionista da un concetto che gli sta particolarmente a cuore: la sostenibilità. «Mi fa arrabbiare», ci spiega con piglio da
pasionario qual è, «che si parli sempre della sostenibilità di una carota e di un carciofo, quando invece quella di cui i ristoratori dovrebbero parlare più spesso è la sostenibilità di chi lavora con noi, delle persone. Per questi motivi ho deciso di non avere stagisti e di non pagare nessuno in nero. A San Sebastian e a Londra lavorano tutti per 9 ore, il giusto, e se decidessi di aprire anche a pranzo assolderei due squadre intere di cuochi e camerieri. Cucinare non può richiedere sforzi sovrumani, che superino il limite. I tempi stanno cambiando, ed è ora che tutti noi ne prendiamo atto».
Che queste accortezze si riflettano sulla serenità del personale è chiaro appena metti piede dentro
Amelia. Alla porta accorrono contemporaneamente tre camerieri, tutti col sorriso, e come prima cosa ti conducono in cucina: «Farvi capire quel che succede dietro le quinte: è il nostro benvenuto», spiega il maitre virgilio 32enne
Marco Adreani mentre presenta agli ospiti i ragazzi della brigata, illustra la camera di maturazione con le anatre appese e appena dopo scansa i fumi della griglia ciclopica che affumicherà diversi piatti.

Gamba blanca: gamberi piccoli, sashimi di sgombro, pomodoro in gel e confit, salsa con olio al finocchietto e creme fraiche

Astice con aria di mais, petali aciduli di begonia e un leggero piccante
Marco è italiano, come tante delle persone che lavorano al ristorante. E come la maggior parte delle etichette nella lista vini (molte delle quali offerte anche al calice, potere del
Coravin). A scanso di equivoci, è italiana anche la cucina «Perché io sono nato in Argentina», torna lo chef patron appena dopo con una frase illuminante delle sue, «ma la cucina argentina che cos’è se non una derivazione della tradizione italiana dei nostri avi?».
Per l’esattezza,
Amelia è un ristorante di prodotto, non ‘di esperienza’ come usa molto in questa fase storica: «L’ingrediente è più importante della manipolazione che ne fai. Se non ci fosse il prodotto, la gente non tornerebbe. Del resto, chi vestirebbe
Armani se i vestiti non fossero disegnati in modo impeccabile?». Non fa un grinza. E così i piatti del menu degustazione unico, servito ogni sera a Sen Sebastian per 139 euro, una girandola che ogni settimana riserva piccole sorprese, quelle che solo una rigida osservanza delle micro-stagionalità e delle cassette dei fornitori possono dare.
Gamba blanca,
bogavante, cervi, code di rospo: il lignaggio nobile delle materie prime è lampante. Ma anche la volontà di instillare inaudite piccantezze (
Astice con l’aria di mais), di servire il pane come portata principale (con accanto un midollo piastrato), di elevare la dignità di una melanzana ad attrice principale di un piatto, di non temere a intrecciare la Cina e al Piemonte (una magnifica Coda di rospo con salsa XO e salsa bagna cauda) o di servire un gelato alla fine (alla banana, ma con caviale,
trufa mielata e mole eh).

Cervo con purè di ortica e olio al prezzemolo

Flan di formaggio di capra con caramello di patata dolce: fantastico (foto Instagram/restaurantamelia)

Rape: coda di rospo, salsa XO e bagna cauda
Tutto questo mentre in sottofondo passa a discreto volume “Are you experienced?” di
Jimi Hendrix (sacrilegio!) e qua e là spuntano le maschere di
Darth Vader e altri motivi sdrammatizzanti. Più tavola contemporanea di così.
Amelia Restaurant
calle Prim, 34
Donostia-San Sebastian
Paesi Baschi, Spagna
+34943845647
Solo menu degustazione da 139 euro (più 73 o 118 per il wine pairing)
Chiuso domenica e lunedì. A pranzo aperto solo sabato