Hanno una forma tonda, a ciambella. E tradizione vuole che le mogli dei pescatori dell’isola di Burano li preparassero per le lunghe uscite in barca dei mariti. «I buranelli, detti anche bussolà, sono un po’ come noi. Veneziani doc, nati in mezzo all’acqua. E vantano una frolla ricca di uova. Per prepararli usiamo la farina Petra 6320. Li proponiamo in quattro taglie: piccoli, a foggia di biscotti. Ma anche più grandi, da 400 e 700 grammi, persino da un chilo. E le due pezzature maggiori, a Pasqua, le decoriamo. Così come decoriamo la nostra colomba. Prima, con un fondant di zucchero. Poi, con la ghiaccia reale. Creando roselline, fiorellini, fiocchetti», racconta Antonio Rosa Salva. Descrivendo una raffinata versione dell’iconica delizia pasquale. «Dentro ci sono scorze d’arancia che candiamo noi. Per poi tritarle e aggiungerle a un impasto messo a punto con Petra 6384. L’amore per le arance viene da lontano. Una zia di mio padre sposò infatti un siciliano e da allora abbiamo un contatto diretto con l’isola», continua Antonio. Sesta generazione di un’istituzione: la pasticceria Rosa Salva. In una Venezia che celebra i 1.600 anni ab urbe condita, con un calendario ricco di iniziative (vedi 1600.venezia.it).

I buranelli, detti anche bussolà
«Del capostipite
Andrea non sappiamo molto. Ma è certo che facesse il cuoco. E un cuoco a domicilio
ante litteram fu
Antonio, suo figlio. Fu lui ad avviare una vera attività di banqueting nel 1879. Cucinava a casa delle famiglie nobili veneziane, ma veniva anche chiamato nelle ville lungo il Brenta. Anzi, molte domestiche erano mandate da lui per seguire corsi di cucina. Divenne persino il cuoco dei
Savoia, quando si spostavano in Laguna. Infatti per logo abbiamo proprio lo stemma stilizzato della real casa», rammenta
Antonio. Che mutua il nome dal visionario trisavolo. Detto “
Salva”. «Pare avesse salvato una persona in un canale. Storia vuole che suo figlio
Giovanni lo abbia voluto ratificare all’anagrafe. Così quel
Salva ce lo portiamo ancora addosso con orgoglio».

Due menu storici firmati Rosa Salva, il primo del 1900 e il secondo del 1914
E fu il fratello di
Giovanni,
Ermenegildo, ad aprire nel 1925 la pasticceria in calle Fiubera, a due passi da piazza San Marco. Sede storica, cattedrale e quartier generale di una realtà che oggi può anche contare un punto vendita in Campo SS. Giovanni e Paolo (nel sestiere Castello) e un altro a Mestre (in via Cappuccina). «Lo aprirono mio nonno e mio padre nel 1974. La domenica, quando il nonno raggiungeva il negozio per un controllo diceva: vado in campagna. È attrezzato con un laboratorio. L’altra boutique veneziana è invece più piccina, ma vantiamo un bel plateatico. Lì facciamo anche i gelati», prosegue lui. Che non dimentica l’hotel. «Certo, sopra la pasticceria abbiamo sia gli uffici che l’
albergo Rosa Salva, con 22 camere. È nostro da moltissimo tempo, ma nel 2017 lo abbiamo ristrutturato completamente. Il bello è che ci si sveglia con la vista su tetti e calli e con il profumo che sale dal laboratorio della pasticceria. Il cui responsabile è
Daniele Mascia, affiancato da tutto il team di pasticceri. Sì, perché io dentro la pasticceria ci sono nato e a tempo perso faccio qualcosina, ma è lui a mettere testa e mani in pasta».

L'albergo Rosa Salva, sopra la sede storica (e principale) della pasticceria
E
Daniele - millesimo 1984 e radici tuffate nel Lago d’Orta - le mani le mette pure negli impasti della focaccia veneziana (da 500 grammi, 750 grammi e un chilo), dei biscotti, dei plumcake, delle crostate. In vendita anche sul dinamico
shop.rosasalva.it. «Adoro l’informatica e otto-nove anni lanciai un e-commerce. Ricordo che spedii 300 confezioni in Olanda. Poi lo lasciai perdere. Ma lo scorso anno l’ho rilanciato. È la nostra vetrina fuori da Venezia. E all’estero. Riceviamo ordini dalla Svizzera, dalla Germania, dalla Francia», dichiara il patron.

Mousse al cioccolato bianco, gelée di lamponi, cremoso alla vaniglia e bisquit al cioccolato fondente

Plum cake ai pistacchi, uvetta e canditi

Colomba decorata (con un fondant di zucchero e con la ghiaccia reale) prodotta dalla storica pasticceria veneziana Rosa Salva. È stata un must di queste ultime settimane
Intanto
Mascia dà voce a monoporzioni e torte moderne. Plasmando mousse al cioccolato biondo
Dulcey di
Valrhona, panna cotta, gelée di fragole, croccante alla mandorla e bisquit al cacao. Giocando con mousse al cioccolato bianco, gelée di lamponi, cremoso alla vaniglia e bisquit al cioccolato fondente. E dando vita al
Sogno al pistacchio, summa di streusel al cacao (realizzato con
Petra 6379), bisquit al cioccolato, cremoso ai lamponi e pralinato al pistacchio salato. Il tutto avvolto da una verde mousse al pistacchio. Senza dimenticare il tiramisù, proposto anche in vaschetta e in declinazione pastina. «Le pastine si posizionano fra i mignon e le mono, e pesano circa 70-80 grammi», puntualizza
Antonio. «Abbiamo i bignè, i cannoncini. Ma una nostra specialità è il
Budinetto, una sorta di flan, con tanto di pandolce inzuppato e uvetta. Lo presentiamo addirittura in vasocottura».
Il tutto non tradendo la colazione. Quando sfila la collection di croissant. «Li proponiamo vuoti, oppure ripieni di confettura, cioccolato o crema pasticcera. Amiamo unire
Petra 6388 e
Petra 0101 HP, con grano tenero parzialmente germogliato. La cosa più difficile è proprio questa: combinare la tradizione con le esigenze contemporanee. Non perdere la tipicità, ma neppure essere statici, sperimentando e regalando quel guizzo in più. Per questo mi trovo bene con
Daniele. E per questo ci vengono in aiuto farine di nuova generazione, che aggiungono al gusto connotati sensoriali e funzionali».
Ma Rosa Salva è anche catering e banqueting. Per non perdere la memoria e le radici. «Torneremo a dedicarci a questo settore appena tutto ripartirà. Del resto, qui in pasticceria, abbiamo le cucine. E contiamo 25 posti a sedere. Daniele, che nasce come cuoco, è bravo ai fornelli. E con i nostri chef e gastronomi prepara i pranzi, anche da asporto. Dalla coda di rospo in guazzetto al trancio di salmone ai ferri con verdure, dalle mezze penne con asparagi e pancetta affumicata al petto di faraona con sugo d’arrosto». Perpetuando così quell’amore per la cuisine dell’avo Andrea.