Senigallia, Madonna di Campiglio, Bologna. Sono le tappe del viaggio della famiglia Roccati nel mondo, prima della pasticceria a tutto tondo, per poi spostarsi in quello della cioccolateria. Non è facile, però, per chi non frequenta Bologna o Madonna di Campiglio, dove ci sono le due botteghe-laboratorio Roccati, conoscere quest’eccellenza della cioccolateria. «Non siamo molto bravi in questo, siamo artigiani e abbiamo sempre lavorato con le mani e con la testa sulle cose importanti», dice sorridendo Ilde, classe 1949, che con il marito Mario, pasticciere e cioccolatiere classe 1947, e i figli Irene e Andrea, classe 1972 la prima e classe 1976 il secondo, gestisce l’attività di famiglia occupandosi personalmente delle confezioni, «perché le nostre scatole sono fatte a mano e tutte diverse l’una dall’altra».
UNA STORIA «REALE». «Alla fine dell’Ottocento il nonno di mio marito, geometra, e i suoi tre fratelli
Pasquale, Teresa e
Luigi, pasticcieri dipendenti di Casa Savoia, seguirono i reali da Torino a Roma. Approfittando delle ferie estive lavoravano come stagionali a Senigallia dove, nel 1909, decisero di aprire la
Pasticceria torinese Roccati che fu ereditata dal nipote
Angelo, il papà di mio marito», racconta
Ilde. A portare nel 1968
Mario Roccati, studente di chimica a Bologna, dentro il laboratorio di Senigallia quando ancora era quello di una pasticceria classica, fu la scomparsa improvvisa di papà
Angelo. «Figlio unico, cresciuto in pasticceria,
Mario aveva imparato il mestiere aiutando il papà la domenica e durante le vacanze estive. Non ebbe esitazioni a lasciare gli studi per prendere le redini dell’attività», racconta
Ilde catapultata anche lei tra creme e pâte à choux.
DA SENIGALLIA A MADONNA DI CAMPIGLIO. Un giorno, però, la routine senigalliese della famiglia
Roccati, che aveva incrementato la lavorazione del cioccolato, cambiò. «Un nostro cliente che viveva tra Senigallia e Madonna di Campiglio ci lanciò l’idea di aprire un nostro laboratorio in montagna e, contemporaneamente, mio marito sviluppò un’allergia alla farina che secondo il medico si sarebbe attenuata in un altro clima. Così nel 1989 chiudemmo a Senigallia, dove ancora molte pasticcerie sono in mano a chi aveva lavorato da noi, e ci spostammo a Madonna di Campiglio», ricorda
Ilde. Sette anni dopo la famiglia
Roccati abbassò la saracinesca anche qui per tirarla su a Bologna esclusivamente come cioccolateria: «Nostra figlia
Irene studiava nel capoluogo emiliano e diceva che mancava una cioccolateria. Su sua insistenza vi aprimmo un locale dove, all’inizio, vendevamo la cioccolata prodotta a Campiglio. Quando il lavoro è cresciuto abbiamo scommesso, chiuso a Campiglio (dove abbiamo riaperto nel 2016 un negozio-laboratorio), e diventati definitivamente dei cioccolatieri artigianali. Nel nostro negozio (via Clavature 17A, Bologna. Tel. +39 051 261964,
roccaticioccolato.com) c’è un grande laboratorio a vista separato soltanto da una vetrata in modo che tutti possono vedere come lavoriamo».

Creazioni di pasticceria al cioccolato
IN LABORATORIO. Dietro la vetrata
Mario, «in virtù del suo passato da pasticciere», è lo specialista del gianduja, del nocciolato e delle decorazioni.
Andrea, invece, che ha seguito le orme del padre senza però abbandonare le sue tante passioni tra cui quella per il mondo dei motori, si dedica alla pralineria.
Ilde e
Irene, dietro al banco, impacchettano il cioccolato in scatole uniche. Chiarisce
Ilde: «La nostra scelta è quella della qualità. Il nostro cioccolato al latte è poco dolce, lavoriamo con molta nocciola e siamo tradizionali. Così come facevamo in pasticceria, partiamo da materie prime accuratamente scelte, in primis il cioccolato
Valrhona: masse, monorigini, cru e non di rado creiamo dei nostri blend con cui cerchiamo di soddisfare le tante richieste personalizzando la produzione. Proviamo molte nuove praline facendole assaggiare anche ai clienti. Non tutte passano l’esame».
L’ASSORTIMENTO. A passare l’esame, però, ci sono moltissime praline. L’assortimento di
Roccati ne contempera almeno una quarantina con creme al liquore, nocciola, zabaione, anice, menta, frutta secca e frutta disidratata «tutte lucidate per attrito, senza gomma arabica, e tutte senza aromi chimici perché utilizziamo soltanto oli essenziali». Non mancano le tavolette di cioccolato artigianale, «tagliate a mano», e il “tartughiotto”, «reinterpretazione del tartufo al gianduja che si presenta irregolare con la copertura fatta in diversi tempi con uno strato croccantino e quello classico di cacao amaro».
NO AI GIANDUJOTTI. A mancare sono soltanto i giandujotti. Anche se da Roccati le specialità al gianduja sono quelle più ricercate, in assortimento non c’è il classico cioccolatino. «Lavoriamo il gianduja, fatto da noi con cioccolato e nocciole Piemonte, in tante forme come le sfere fino a 20 chili che sono uno dei nostri cavalli di battaglia. Ma abbiamo scelto, almeno fino adesso, di non fare i giandujotti. Il motivo? Non ce n’è uno preciso, ma la forma ha una parte di responsabilità perché i nostri cioccolatini devono stare bene nelle nostre scatole. Però mai dire mai!».