Lunga, stretta e dedita al campanilismo. È l’Italia dove, gastronomicamente parlando, è piuttosto facile accendere fuochi irredentisti e far ardere dibattiti infiniti su qualunque ricetta e tradizione. Esiste, però, un’eccezione: il panettone. Sarà perché, tradizionalmente (e colpevolmente, quanto meno per la nostra economia) arriva in periodo natalizio quando tutti siamo più inclini alla bontà, sarà perché nel tempo ha saputo riunire intorno a sé l’idea della famiglia, sul panettone non soffiano i venti del settarismo.
Nonostante i suoi natali, riconosciuti e mai messi in discussione, siano milanesi, il panettone non è rimasto a rimirar la Madonnina. Ha attraversato la linea del Po, si è radicato dalle Alpi agli Appennini, ha raggiunto le Isole e pure solcato gli Oceani con il Brasile che, paradossalmente, grazie a tal Carlo Bauducco che ha cominciato una produzione in quel Paese negli anni Cinquanta, è il primo produttore di panettoni – industriali, beninteso – al mondo. Il Rinascimento italiano del panettone, però, è merito degli artigiani che, da Nord a Sud, l’hanno reinterpretato e fatto tornare prepotentemente su tutte le tavole dello Stivale.

Bottoni di brodo liquido con canocchie e finocchietto
LA SFIDA della
Di Stefano Dolciaria - azienda nata nel 1986 a Raffadali, in quell’agrigentino tanto caro al compianto
Andrea Camilleri, da un piccolo laboratorio di pasticceria artigianale a conduzione familiare - quest’anno però è stata molto più ambiziosa. E non soltanto per l’ottima reinterpretazione della classica ricetta lombarda con materie prime isolane di ottima qualità che, ormai, non fa notizia perché anche in Sicilia tanti artigiani realizzano panettoni di eccelsa qualità. La “Di Stefano Christmas Experience” del Natale 2019, infatti, ha trasformato il panettone nell’ingrediente principale di tutti i piatti del road tour “A cena con il panettone” passato per Torino, Milano, Roma e Firenze.

Fior di broccolo con crema di latte affumicato e guanciale
Ad animare, contagiosamente, l’inusuale esperienza è stata la chef siciliana, e ambassador della
Di Stefano Dolciaria,
Bianca Celano. «Ho accettato la sfida perché era stimolante e perché mi è stato insegnato che, in cucina, il confine tra dolce e salato è una sottilissima linea facilmente valicabile», ha ammesso la chef che nel 2018 ha chiuso la sua esperienza con
Qqucinaqui e, da allora, si dedica alla consulenza.

Pancia di maiale, enogarum e salsa di panettone maturato
A decontestualizzare l’utilizzo del panettone
Bianca ha coinvolto
Marcello Trentini di
Magorabin a Torino,
Arcangelo Dandini de
L’Arcangelo a Roma, il fiorentino
Maurizio Zanolla e a Milano, dove abbiamo assaggiato i piatti,
Marco Ambrosino del
28 posti. «Non ho avuto dubbi su quali colleghi coinvolgere in questo road-tour», ha continuato la cuoca etnea, «mi sono fatta ispirare dalla loro professionalità, ma soprattutto dal loro estro e dalla loro versatilità».
AL 28 POSTI. Il Croccante di panettone e olive è stato sposato alle alici, alla confettura di pomodoro e al gelato all’olio extravergine di oliva nell’amuse bouche firmato da Bianca Celano. La Cenere di panettone ha insaporito il pesce in bianco con orzo fermentato nell’antipasto proposto da Marco Ambrosino.

Panettone dello scorso anno
Entrambi nati dalla mano della chef etnea i due primi: nei
Bottoni di brodo liquido con canocchie e finocchietto il panettone era presente in polvere con le acciughe, mentre per il
Fior di broccolo con crema di latte affumicato e guanciale il panettone, tradizionale, era in cubi. Ancora
Marco Ambrosino per il secondo, sapido come tutta la sua cucina improntata alla fermentazioni e alla mediterraneità dei sapori:
Pancia di maiale, enogarum e salsa di panettone maturato. Più “tradizionale”, ma non nella stretta accezione del termine, la chiusura della cena con il
Panettone dello scorso anno.