«Non ha senso parlare della condizione rurale come di un problema: è un privilegio e una risorsa». Ha esordito così il nostro Giuseppe Iannotti (protagonista al Kresios di Telese Terme, Benevento, e al 177 Toledo a Napoli) durante le tre giornate di Terrae, il congresso dedicato alla gastronomia rurale, tenutosi giorni fa a Gran Canaria. «Non ha neanche senso dire che non esista un movimento rurale - ha rincarato Iannotti - Eccoci tutti qui alla terza edizione di Terrae”». È infatti il terzo anno consecutivo per questa manifestazione che, nell’edizione 2025, ha riunito nell’isola spagnola più di 50 chef provenienti da Spagna, Portogallo, Italia e Colombia, chiamati a raccolta per celebrare e promuovere le tradizioni gastronomiche delle zone rurali e per confrontarsi su punti di forza e difficoltà di chi scegli di operare lontano dalle metropoli.

Il nostro Giuseppe Iannotti a Terrae: «La condizione rurale non è un problema ma un privilegio e una risorsa»
Questioni da sistemare e da correggere, infatti, non mancano.
Iannotti per esempio, è furioso per la diversità di trattamento legislativo che hanno agriturismi e ristoranti rurali - perché loro possono invasare i loro pomodori e vendere o utilizzare la conserva maison mentre un ristorante non può usare una salsa fatta dalla propria cucina? Che senso ha non poter usare il pesce di paranza solo perché la barchetta dei pescatori non ha la tracciabilità? Che senso ha ancora parlare di
km zero? Meglio parlare di
km buono: ossia dello spazio che intercorre tra te a l’ingrediente migliore senza doversi accontentare sulla qualità.

José Gordon ha portato un intero menu al congresso come estratto del suo lavoro a Bodega El Caopricho, n.2 nel World's 101 Best Steakhouse. Qui con dei favolosi lomos di rubia gallega frollati per oltre 100 giorni
José Gordon di
Bodega el Capricho, secondo nella lista 2024 del
The World’s 101 Best Steakhouse (la n.1 è
Don Julio, di cui vi abbiamo raccontato
qui e
qui e
qui) ha parlato di sostenibilità (che significa anche sapersi mostrare attraenti agli occhi delle nuove generazioni, perché rimangano nel territorio), dell’importanza della comunicazione quando si lavora in un progetto rurale, e dello sforzo costante di immaginazione per saper cogliere tutte le opportunità che il territorio offre.
Gordon ha marcato le differenze tra l’universo del consumismo – declinato da un’offerta facile, comoda ed economica – e l’universo rurale – declinato da un lavoro artigianale, ecologico, caratterizzato dallo sforzo e dalla dedizione.

Ignacio Echapresto di Venta Moncalvillo. Oltre ai due macarons, si è potuto appuntare anche la stella verde, riconoscimento al gran lavoro che si fa quotidianamente nei 3000 mq di orto che circondano il ristorante
È partito da una contrapposizione simile anche il bell’intervento di
Ignacio Echapresto che ci lascia con molta voglia di andare a conoscere la proposta che ha sviluppato assieme al fratello
Carlos nei dintorni di Daroca de Rioja (La Rioja). «Come può essere che il pesce più consumato in Spagna sia il salmone norvegese?» ha tuonato lo chef. Il mondo rurale, dunque, anche come bastione contro la globalizzazione e la perdita di biodiversità. Una realtà più che singolare quella degli
Echapresto, ossia
Venta Moncalvillo, che ha ottenuto la sua seconda stella nel 2023, e il cui centro abitato più vicino, una manciata di case, conta 52 persone censite e 24 reali abitanti. Oltre ai due macarons,
Moncalvillo si è potuto appuntare sul grembiule anche la stella verde, riconoscimento al gran lavoro quotidiano nei 3000 metri quadrati di orto, che circonda e nutre il ristorante, per appena 28 coperti. Ventotto coperti per un unico servizio: impossibile pianificare il doppio turno, «i nostri ospiti magari arrivano verso l’una e succede che alle 7 di sera siano ancora a ristorante: non abbiamo e non vogliamo avere fretta, quella che offriamo è un’esperienza. Ho iniziato come cuoco e sono diventato anfitrione». La condizione rurale non solo non è un problema, ha sottolineato lo chef spagnolo, ma è una grande opportunità.

Leonor Espinosa riceve il premio Terrae 2025. Con lei sono la figlia Laura Hernández Espinosa e Benjamín Lana, presidente di Vocento Gastronomía
«Orgoglio verso il paesaggio che ci circonda»: è questo il cammino che va seguito secondo la chef colombiana
Leonor Espinosa del ristorante
Leo a Bogotà, 43esimo nel 50 Best Mondiale (che nel 2022 ha premiato
Leonor anche come miglior chef donna). Era una sorta di invitata d'onore, la
Espinosa, perché raccontasse la sua azione di tutela e difesa del patrimonio di tradizioni gastronomiche delle comunità del suo Paese e ricevesse il premio
Terrae 2025, riconoscimento per il suo impegno nella salvaguardia e valorizzazione delle tradizioni e dei saperi gastronomici ancestrali delle comunità indigene e afro colombiane. «Quando decisi di fare il mio primo viaggio per visitare una comunità afro sulla costa del Pacifico, la gente del posto mi ricevette offrendomi come piatto principale un pesce cotto in fogli di alluminio (ancora la globalizzazione che torna come principale antagonista dell’identità del mondo rurale,
ndr). Quello è stato il primo passo verso la presa di coscienza che fosse necessario fare qualcosa per salvare un patrimonio di grande valore». Nel 2007
Leonor crea l’associazione
Funleo con lo scopo dichiarato di catalogare, proteggere e valorizzare il patrimonio immateriale delle comunità colombiane, accompagnandole, condividendo saperi, tecniche e usanze, per poter mettere in salvo le loro tradizioni gastronomiche. Non solo di tutela della biodiversità è necessario parlare, secondo
Leonor, ma di salvaguardia della
biocultura: concetto che include la biodiversità e la sua tutela ma che comprende anche la memoria e le storie degli uomini e delle donne che vivono in quegli ecosistemi da preservare. «In che modo l’uomo ha abitato questi ecosistemi? Ha creato una memoria, degli usi, delle usanze e una
cosmovisione», bisogna andare all’
anima degli ecosistemi per riuscire a preservarli, per generare ulteriore cultura e rinnovata identità. Ricerca, quella di
Leonor Espinosa, che include anche e soprattutto un focus sui prodotti; cosa si produce, dove, in quale stagione, per mano di chi... Per poi raccontare tutto questo nei suoi piatti: una celebrazione del prodotto, del linguaggio («La cucina deve raccontare storie») e del passato.

Benjamín Lana, presidente di Vocento Gastronomía che organizza i maggiori congressi gastronomici spagnoli e anche Terrae, arrivata alla sua terza edizione

Manuel Navarro, proprietario delle Salinas Tenefé in cui si estrae sale vergine secondo tecniche artigianali invariate da oltre due secoli
Di prodotto, e soprattutto di produttori, si è parlato in diverse occasioni. Non ricordiamo più di chi è stata la proposta: alla prossima edizione ogni chef dovrebbe portare un produttore con sé. Sono i produttori – che rimangono sul territorio, che scelgono di prendersi cura del patrimonio paesaggistico e culturale in cui operano, che scelgono un lavoro senza sabati né domeniche, un lavoro artigianale, ecologico e che presuppone un gran impegno fisico e morale – le vere star della gastronomia rurale. Alla visita di produttori che operano a Gran Canaria sono state dedicate le giornate del congresso: alla
Queseria La Gloria dove si alleva il gregge di capre più numeroso dell’isola (oltre 2000 capre di razza indigena canaria); all’allevamento di branzini
Aquanaria al largo delle coste atlantiche dell’isola; alle
Salinas de Tenefé in Santa Lucía, dove si produce sale secondo antiche tecniche artigianali di estrazione, rimaste invariate da secoli. Mentre le cene hanno visto alternarsi un intero menu degustazione di
Bodega el Capricho culminato nel servizio di superlativi
lomos di rubia gallega maturati per oltre 100 giorni; e poi una cena a otto mani firmata da quattro giovani talentosi chef spagnoli
Iris Jordán (ristorante
Ansils ad Anciles, Aragona),
Juan Carlos García (
Vandelvira a Baeza, Andalusia),
Xune Andrade (
Monte a Lena, Asturie),
Alejandro Hernández (
Versátil a Cáceres, Estremadura).

Formaggio di capra di Queseria La Gloria
Risultato concreto della manifestazione è stata la redazione corale di una sorta di manifesto, la
Declaración de Agüimes para el futuro de la cocina rural ("Dichiarazione di Agüimes per il futuro della cucina rurale").
Corale perché redatta a più mani, con l’apporto degli chef, dei produttori, degli operatori e dei comunicatori del settore presenti al congresso, dopo due sessioni di laboratori in cui si sono condivise idee, punti di vista, emergenze, priorità e punti di forza.
“La gastronomia è una espressione viva della cultura delle popolazioni, un linguaggio fatto di sapori, memoria, territorio. Attraverso i quaderni di ricette locali e i saperi trasmessi di generazione in generazione, si genera una connessione tra l’ambiente naturale e forme di vita radicate nel territorio, sostenibili e profondamente umane” si legge nella Declaración, che propone alcuni punti da affrontare come passi concreti per dare forza e efficacia al movimento. I principali: l’auspicio che la gastronomia rurale possa venire riconosciuta come un’espressione culturale, un bene immateriale meritorio di tutela e appoggio istituzionale; la promozione di salari adeguati e condizioni lavorative attraenti, ambienti lavorativi partecipativi e ugualitari per combattere l’abbandono delle zone rurali; lo sviluppo di un rapporto e un dialogo con le comunità in cui si opera spendendo tempo ed energia perché si diffonda comprensione, orgoglio e sinergia; l’attenzione verso i talenti e i produttori locali; il coinvolgimento delle istituzioni per implementare una normativa specifica e adatta a cogliere e a valorizzare le peculiarità e il valore culturale del settore; l’importanza della promozione delle diverse identità; lo sviluppo di una sorta di bollino Terrae per dare visibilità a ristoranti e produttori che operino in difesa di una cucina radicata nel territorio rurale e nella difesa della cucina tradizionale e del patrimonio culturale racchiuso in gesti, prodotti, ricette, usanze.