«Abbiamo trovato in un antico libro madrileño la ricetta della Salsa di pomodori alla spagnola» dice Paco Morales sul palco di Gastronomika 2024, e già questo fa drizzare le orecchie a noi italiani, c’assale il dubbio: non è che gli iberici ci stanno per scippare uno dei nostri pilastri culinari, un simbolo stesso del Belpaese? Tra l’altro, al fianco di Paco c’è Paola Gualandi, lecchese doc classe 1997, che è executive chef del geniale cocinero del Noor di Cordoba: la si potrà quindi accusare d’intelligenza col nemico? Abbiamo allevato tra le Prealpi lombarde una collaborazionista gastronomica dei cugini andalusi? L’allarme rientra dopo qualche secondo: come vedremo, la Salsa di pomodori alla spagnola non è poi molto diversa dalla nostra, che quindi rimane salda in sella perlomeno per la fama mondiale guadagnatale dall’anzianità di servizio. Ma intanto la nostra attenzione è desta, scopriamo ben presto che in questa salsa viene fatto marinare un petto di piccione che poi verrà servito così, crudo, «una specie di insalata di piccione al pomodoro. Noi proponiamo da anni un piatto principale a base di piccione, sempre caldo, questa volta abbiamo voluto pensarne una versione fria», contestualizza, preparatissima, la Gualandi. Insomma, questa storia merita d’essere raccontata.

Paco Morales e, dietro, Paola Gualandi
Sappiamo già che, al
Noor,
Paco Morales passa in rassegna, anno dopo anno, ricette e ricettari della storia gastronomica andalusa, prima araba e poi cristiana, risalendo nei secoli con l'aiuto della storica
Rosa Tovar. Ora è giunto il turno del XVIII secolo, e l’attenzione dello chef si è concentrata, tra l’altro, su un testo stampato a Madrid nell’anno 1747, l’autore è
Juan de la Mata, così presentato sul volume: “Pasticcere presso questa Corte (spagnola,
ndr), nativo del villaggio di Mátalavilla (nella provincia de León, quasi al confine con le Asturie,
ndr), nel Comune di Sil de Arriba, Montañas, e Regno di León, e Diocesi di Oviedo”. Titolo:
Arte de repostería, ossia “Arte pasticcera”. Lì si trova anche la ricetta della
Salsa de tomates á la Española (che già di per sé può apparire curioso, una salsa di pomodoro in un ricettario sui dessert. Ma, si sa, i confini tra dolce e salato sono convenzionali e son mutati nel tempo, è difficile negare come una salsa a base di un frutto, qual è il pomodoro, debba appartenere più alla pasta che al pasticcino).
Ed eccola, allora, questa ricetta di
Salsa di pomodori alla spagnola, secondo
Juan de la Mata. Lui ne fornisce due varianti, traduciamo:
- Dopo aver arrostito tre o quattro pomodori e averli privati della buccia, tritali finemente su un tagliere. Una volta posti nella salsiera, aggiungi un po' di prezzemolo, cipolla e aglio, anch'essi tritati, insieme a un po' di sale, pepe, olio e aceto. Mescola bene il tutto fino a incorporarlo, e la salsa sarà pronta da servire.
Un'altra versione:
- Dopo aver arrostito, pulito e tritato i pomodori come descritto, mescolali con un po' di aglio, cumino, origano, sale e pepe, anch'essi macinati. Sciogli il tutto con un po' di brodo di carne e aggiungi quattro gocce di aceto, quindi servilo caldo. Si possono eseguire diverse varianti di queste salse, a seconda del gusto personale, che, essendo molto comuni, vengono omesse.

La ricetta di Salsa de tomates á la Española in due varianti
La prima versione ci apparirà quasi banale, la seconda sorprende giusto per il cumino (ossia i semi di una pianta originaria del bacino del Mediterraneo, il cui utilizzo era molto diffuso nella latinità, per poi restringersi progressivamente appunto a Malta e Spagna).
Questa salsa iberica, ispirata dal ricettario del Settecento, viene utilizzata da Morales-Gualandi per una nuova preparazione che vede come protagonista il piccione.
Ci racconta la chef lecchese: «Il petto del piccione viene maturato nella salsa (la versione col cumino,
ndr) per 20-30 minuti, dipende dalla grandezza del volatile. Così finisce nel piatto, come si usa più spesso per il suo filetto crudo del quale condivide texture e umidità; attorno aggiungiamo un’altra salsa di pomodoro, più classica» (pomodoro “pera” fresco sbollentato, pelato, fatto a pezzetti, messo in pentola a fuoco lento a ridurre e ridurre ancora, si tolgono poi i semi con un colino, s’aggiunge sale), sotto al petto va lo stesso pomodoro svuotato, appena sbollentato e riempito con un po’ di
labneh – una ricotta ovina acida d’origine mediorientale, «una sorta di
requesón che si fa vicino a Cordova», dice la
Gualandi –, quindi delle fettine di bonito, la salsa usata per maturare il piccione viene colata e cosparsa sopra al petto, tocco finale con cipollotto e una miscela andalusa di acqua di melograno e gocce di aceto.
«La nostra è una cucina di territorio ed emozione, con una solida base di ricerca storica», concludono Paco e Paola, all’unisono.