08-07-2024

Come difendiamo i nostri mari? Report dal congresso con Pascucci e Cuttaia

Encuentro de los mares, a Tenerife, è stato ancora una volta l'incontro internazionale di cucina che si è posto il problema della (in)sostenibilità del modello attuale. Nostra sintesi, con gli interventi dei due chef italiani

Pino Cuttaia e Gianfranco Pascucci, ovviamente su

Pino Cuttaia e Gianfranco Pascucci, ovviamente su una barca, a Encuentro de los mares

Ci sono concetti di cui è facile abusare. Quello di sostenibilità nel mondo dell’enogastronomia è tra questi. Non perché, come qualcuno adombra, la sostenibilità sia un inutile orpello, ma perché viene rivendicata – a torto o a ragione - da chicchessia. A contribuire ad alimentare un serio dibattito in materia, dal 2018 è Encuentro de los mares, congresso internazionale che unisce gastronomia, scienza, pesca e nutrizione in nome della salvaguardia degli oceani e del consumo consapevole del pescato. Nell’ultima edizione, la sesta, organizzata dal 16 al 19 giugno a Tenerife, la più grande e popolosa isola dell’arcipelago delle Canarie, la tre giorni di incontri, dibattiti e show cooking è stata dedicata all’interazione tra gli oceani e la salute umana. Sul tema, battezzato Blue Health, oltre trenta relatori tra scienziati, chef, pescatori e nutrizionisti riuniti sull’isola vulcanica da Vocento Gastronomìa sono intervenuti mettendo in evidenza alcuni punti salienti a partire dall’interazione tra i cambiamenti climatici e l’equilibrio della vita negli oceani.

 

PER UN’ACQUACOLTURA DI QUALITÀ

L'intervento di Carlos Duarte a Encuentro de los mares

L'intervento di Carlos Duarte a Encuentro de los mares

È stata sottolineata, per esempio, la necessità di un’acquacoltura che tenga conto dell’impatto generale perché, come ha sottolineato Carlos Duarte, professore di Scienze marine alla King Abdullah University of Science and Technology Kaust dell’Arabia Saudita, «non si può pescare in prevalenza per allevare». Ossia: «Bisogna realizzare un'acquacoltura sostenibile con la produzione di alghe e altri alimenti per alimentare i pesci d’allevamento. In questo modo sarebbe possibile restituire agli oceani i 20 milioni di tonnellate di pescato che prima era consumato nei Paesi in via di sviluppo».

 

OMEGA 3 ED EVOLUZIONE. Si è dibattuto sulla necessità di incrementare il consumo di pescato che, per il suo ricco contenuto di Omega 3, un acido grasso essenziale, aiuta a prevenire depressione, diabete, cancro, artrite, malattia di Alzheimer, demenza senile, e ha effetti benefici sull’apparato cardiocircolatorio. Omega 3 che, ha rivelato il ricercatore canadese di Sea Around Us, Daniel Pauly (insignito in questa edizione di Encuetro de los mares del Premio Sartún per il suo impegno nella tutela dell’ecosistema marino), ha dato un importante contribuito allo sviluppo dell’intelligenza umana passando dalla madre al feto grazie alla mistura di ocra e porpora, ottenuta dalle secrezioni di alcuni molluschi, con cui le popolazioni ancestrali si dipingevano il corpo.

 

IL RUOLO DEGLI CHEF PER LA SOSTENIBILITÀ DEGLI OCEANI. «Il consumo settimanale dovrebbe essere di 400 grammi a persona a settimana», ha chiarito Duarte. Se si seguissero queste linee guida, però, la domanda sarebbe di gran lunga superiore alla produzione attuale di pescato. E qui entra in gioco la necessità di riequilibrare il rapporto tra l’uomo e lo stock ittico. Come? Affidandosi a una pesca sostenibile, a un consumo sostenibile e all’abilità di quegli chef che hanno una visione consapevole del mare. Tra questi ultimi si annoverano tutti quelli che hanno partecipato alla sesta edizione di Encuentro de los mares, a partire dai “nostri” Pino Cuttaia e Gianfranco Pascucci, due chef con il mare nelle vene.

 

LA MEMORIA DEL MARE DI PINO CUTTAIA

Pino Cuttaia al congresso di Tenerife

Pino Cuttaia al congresso di Tenerife

Tonno e conserva

Tonno e conserva

Il cuoco siciliano de La Madia di Licata, già organizzatore del simposio ‘Nnumari (summa di cultura e di sostenibilità del Mar Mediterraneo sul quale si affacciano popolazioni diverse), ha parlato del mare «come un orto di cui i pescatori sono contadini». In questa cornice, dice, al cuoco è demandato il compito di non far «impoverire il patrimonio di conoscenze del passato mantendone l’eredità». L’eredità di Cuttaia è quella del «gesto domestico» che ripercorre preparando la Minestra col finto pesce che, come altri piatti poveri, ricrea sapori di ingredienti che scarseggiavano nelle dispense. Qui l’aglio tagliato a falde e dorato in abbondante olio d’oliva, con l’aggiunta di pomodoro rigorosamente pelato («non in salsa»), di gambo di prezzemolo tritato, e di poca acqua nella quale, a bollore raggiunto, vengono cotti i capelli d’angelo, riporta il sapore della zuppa di pesce. A dare, infine, consistenza e texture è l’albumina dell’uovo sbattuto e la mandorla pelata a pezzettini che simula la presenza del pesce. Fanno parte dell’eredità della cucina siciliana le conserve, di mare e di terra, che Cuttaia ha unito (come fa nel suo ristorante bistellato) in Tonno e conserva in cui il tonno fa da base a carciofo sott’olio, cipolla in agrodolce, acciuga salata, pomodoro secco, foglia di cappero e una spolverata di bottarga. È infine un piatto amato, diventato un grande classico, quello con il tonno alalunga cotto a bagnomaria con olio, sale e prezzemolo e servito con succo di limone e un seme dello stesso limone al centro, una Memoria visiva (questo il nome scelto dallo chef che lo prepara da anni) di una cucina di pesce senza fronzoli che recupera il passato.

 

IL SAPORE DELLE DUNE DI GIANFRANCO PASCUCCI

Gianfranco Pascucci al congresso di Tenerife

Gianfranco Pascucci al congresso di Tenerife

Mare di plastica

Mare di plastica

Che sapore ha una duna e il territorio circostante? Se lo è chiesto spesso Gianfranco Pascucci, che al suo Pascucci al Porticciolo di Fiumicino ha recentemente affiancato Mare Bistrot. Alla domanda, già da tempo ha trovato la sua risposta: «La duna marina sa di cakile maritima, con il suo gusto intenso che ricorda il wasabi. Sa di finocchio marino, con la sua sapidità intrisa di ioidio. Oltre, c’è la macchia mediterranea profumata di rosmarino, timo, lentisco, mirto e alloro». Sono questi i sapori che Pascucci mette nella sua cucina di mare, «una cucina che – spiega – unisce tutti i suoi interpreti, che sono diversi da quelli tradizionali». Interpreti che dal mare attingono e che quel mare vogliono tutelare, «come faccio io che da anni sono collaboratore del Wwf». Motivo per cui, alla platea di Encuentro de los mares, Pascucci ha proposto il suo Mare di plastica, piatto oggi non più in carta ma dall’altro valore simbolico. «L’idea del piatto è nata guardando un bambino che aveva fatto un castello di sabbia su cui si era depositata della plastica», ha raccontato preparando i fusilli al nero di seppia, «un piatto da appassionato del mare che ho interpretato a modo mio secondo il principio di non avere scarti di prodotto». Della seppia, Pascucci utilizza tutto: il corpo marinato con sale e zucchero per 5 ore in frigo davanti una ventola viene trattato come un torrone, adagiato sul piatto con nocciole, crema di mandorle, miele, arance candite, gruè di cacao; con la pelle e gli altri scarti lungamente lavorati si prepara un brodo scuro, dal sapore umami, in cui cuocere i fusilli. Gli scarti del filtraggio del brodo frullati danno vita a una sorta di burro con cui la pasta viene mantecata insieme a estratto di basilico e limone. L’impatto della finta plastica dell’impiattamento, cui si aggiunge origano, finocchio marino e cakile maritima («che adesso è tutelata»), è garantito dalla finta plastica, di fatto pezzetti di obulato, fogli commestibili derivati dalla lavorazione della fecola di patate.

 

IL MARE DI ANGEL LEON E DEGLI ALTRI CHEF

L'intervento di Ángel León

L'intervento di Ángel León

L’interpretazione del mare è passata anche attraverso Ángel León, tristellato attualmente impegnato nel tentativo di salvataggio della palude di San José nell’estuario di Cadice e nell’utilizzo dell’acqua marina in forme diverse. Lui, attraverso la pastry chef di Aponiente, Idoia Lacambra, ha stupito con un dolce preparato con la pelle e le scaglie di una murena. Ma c'era anche Alvaro Garrido, chef di Bilbao che interpreta la sostenibilità cucinando nel suo Mina solo ciò che offre il mare durante le varie stagioni. C'era lo spagnolo Chele Gonzalez, di stanza a Manila nelle Filippine, dove alla Gallery by Chele trasforma all’istante il pescato senza usare refrigerazione, secondo una tecnica ancestrale, il kinilaw che si avvale dell'uso dell’aceto e del tabon, una noce autoctona che ha la proprietà di uccidere i batteri nei pesci. E ancora c'era Ola Klepp del ristorante K2 di Stavanger, in Norvegia, che seleziona i fornitori in base a regole precise: il prodotto deve essere strettamente locale; se arriva da un’altra provincia del Paese deve esserci un motivo preciso perché entri nel menu; quel poco che non è norvegese deve essere biologico.

 

IL CAMBIAMENTO VISTO DALLE ISOLE SVALBARD

Alberto Lozano

Alberto Lozano

Nelle Isole Svalbard, dove cucina da due anni a Huset, Alberto Lozano tocca con mano ogni giorno la consapevolezza che l’ambiente marino sta cambiando a causa di inquinamento e cambiamenti climatici: i depositi di ritardanti di fiamma bromurati (Bfr) stanno facendo diminuire la popolazione delle foche (i “maiali del mare”) e la migrazione del fitoplancton che fa sì che gli uccelli che se ne nutrono fertilizzino la terra circostante cambiando la caratteristiche anche di alghe e funghi. L’adattamento a questo cambiamento passa per il plancton, diventato il condimento di molti dei piatti dello chef, dolci compresi come testimonia la pralina ripiena con una mousse con il 75% di plancton e il 25% di lavanda.

Infine, come da buon padrone di casa, lo chef Diego Schattenhofer del 1973 a Tenerife, che con lo scienziato Jesús Arrieta conosciuto nella scorsa edizione del convegno, si sta impegnando nel processo di stagionatura del pesce per allungarne il consumo. 


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Mariella Caruso

a cura di

Mariella Caruso

Giornalista catanese a Milano, classe 1966. «Vado in giro, incontro gente e racconto storie su Volevofareilgiornalista» e per una quantità di altre testate. Inscalfibile

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