La strada/si riempì di pomodori,/mezzogiorno,/estate,/la luce/si divide/in due/metà/di un pomodoro,/scorre/per le strade/il succo./In dicembre/senza pausa/il pomodoro,/invade/le cucine,/entra /per i pranzi,/si siede/riposato/nelle credenze,/tra i bicchieri,/le burriere/la saliere azzurre.
Ha forse utilizzato, Pablo Rivero, come script per la festa dedicata al re dell’estate, l’Ode al Pomodoro di Pablo Neruda? Nei giorni in cui il quartiere di Palermo Viejo, che ospita le due insegne di Rivero - Don Julio e El Preferido - a Buenos Aires, ha celebrato la Fiesta del Tomate (terza edizione quella di quest’anno) marciapiedi, davanzali, scaffali nonché le tavole, i menu e le cucine dei due ristoranti, che si guardano l’un l’altro a un paio di marciapiedi di distanza appena, sono stati invasi dai colori, dalle sfumature dalle innumerevoli taglie e forme dell’impressionante ricchezza e varietà dei pomodori raccolti negli orti agroecologici dei due ristoranti.

Ballerini si esibiscono sui marciapiedi e nelle strade del quartiere Palermo, a Buenos Aires, per la Fiesta del Tomate

Fiesta del Tomate davanti all'entrata di Don Julio
Tomate ananà,
tomate florón, tomate cuccio, tomate platense, tomate negro... La variopinta paletta di colori e forme che invade il quartiere è - oltre che esteticamente bellissima - squisita. Chi scrive ha vissuto anni in Sicilia e non ricorda di aver assaggiato pomodori così sugosi, dolci, saporiti, carnosi, succulenti. Com’è possibile?
Ma certo: il pomodoro in Sicilia ci è arrivato solo a un certo punto della sua storia. La carta di identità di questo frutto onnipresente nella cucina italiana, dice che nel Belpaese ci è giunto già bello navigato, dopo aver percorso centinaia di migliaia di km, attraversato frontiere, deserti, altipiani, un immenso oceano e diversi mari (con buona pace delle anime semplici del Ministero del Made in Italy): il pomodoro è nato proprio qui. Proprio in questa parte bassa delle Ande, in questo Sudamerica occidentale (più precisamente tra Perù, Cile ed Ecuador): in Messico - dove lo trovò, col nome di tomatl (frutto rigonfio), Hernán Cortés per poi portarselo in patria - si fa vedere solo in un secondo, o terzo, momento, dopo esser passato dalle mani dei Maya prima, e degli Atzechi più tardi. Da qui conquistadores e missionari spagnoli lo condurranno - assieme a patate, maìs, cioccolato, caffé… - in Spagna e dalla penisola iberica, grazie ai privilegiati rapporti tra le dinastie regnanti dell’epoca, sbarcherà in Sicilia - o meglio: nel Regno di Sicilia - e nel Sud Italia. La prima varietà ad arrivare nel nostro Paese è quella gialla che darà il nome a questi frutti: i pomi d’oro citati per la prima volta dal medico toscano Pietro Andrea Mattioli, che una decina di anni più tardi registrerà anche la varietà vermiglia: “In alcune piante rosse come sangue, in altre di color giallo d’oro”. "Rosso come il sangue" e "giallo oro", scriveva Mattioli, rimanendo molto indietro nella registrazione di tutte le decine di sfumature che può assumere questo frutto latinoamericano, celebrato in queste giornate lungo i marciapiedi del quartiere di Palermo, a Buenos Aires.

Tavola condivisa firmata da Mallmann

I fuochi allestiti da Mallmann nel patio interno di El Preferido

La sala del Don Julio per la Fiesta del Tomate
Fun facts. Pare, e qui se ne comprende il radicamento di successo, che Sicilia e Sardegna presentino le condizioni ideali per ottenere la miglior qualità di pomodoro in termini assoluti: indice di salinità dell’acqua, clima arido, indice di luminosità garantirebbero i perfetti gradi brix. Ce lo ha raccontato l'agronomo
Sergio Camilletti, di La Plata, che ha condotto personalmente uno studio in materia per conto di un'azienda argentina privata. Tuttavia pomodori cosi buoni e cosi belli, come quelli assaggiati nei ristoranti di
Rivero (o nella catena
Carne, di
Mauro Colagreco, per esempio, in prima linea nella lotta per combattere la perdita di biodiversità) chi scrive, nel Sud Italia, non ricorda di averne mai visti né assaggiati. Pomodori da impollinazione aperta, da semi liberi da brevetti, da orti liberi da agrochimici: in un continente invaso - e devastato - dalle grandi multinazionali dei semi brevettati e geneticamente modificati,
Pablo Rivero,
Guido Tassi (del cui amore per l’orto e i suoi frutti vi abbiamo già raccontato
qui) e
Colagreco stesso si fanno novelli
Che Guevara del seme libero, in difesa di questo enorme patrimonio di sfumature, colori, profumi, sapori, forme e dimensioni (dell’importanza della biodiversità nella dispensa a disposizione di uno chef, Il nuovo ambasciatore Unesco per la biodiversità ci aveva detto tutto, recentemente,
qui).

Pablo Rivero e Guido Tassi, rispettivamente proprietario e chef di Don Julio, davanti alla parilla del locale
«Prima della Seconda Guerra Mondiale, si registrava il 75% in più di biodiversità» ci ha sottolineato
Tassi, che ci ha raccontato anche la storia della famiglia
Carcione, emigrata dall’Italia con semi di pomodoro in saccoccia. Semi piantati a La Plata, in provincia di Buenos Aires, che oggi permettono di godere dei pomodori “reliquia” come li chiamano da queste parti, riferendosi a pomodori antichi, riscattati, con una storia in cui non entra mai la manipolazione genetica né le multinazionali dei semi.
Ritornando alla Festa del Pomodoro: sette tonnellate di multiformi e multicolori frutti della terra si sono riversati in queste due giornate, nella seconda metà di dicembre, per le strade del quartiere, sui davanzali, sui tavoli, nelle cucine e nei menu dei due ristoranti di Rivero. Celebrare e condividere la sovraproduzione del picco della raccolta con la gente del quartiere era lo spirito della festa: fuori dai due ristoranti, i pomodori raccolti fanno bella mostra di sé - La strada/si riempì di pomodori - i camerieri offrono in sacchetti di carta riciclata ai passanti questi frutti della terra, nell’aria musica dal vivo, ballerini che danzano sui marciapiedi, nelle sale dei ristoranti i pomodori straripano ovunque - /il pomodoro,/invade/le cucine,/entra /per i pranzi,/si siede/riposato/nelle credenze,/tra i bicchieri.

Virgilio Martínez e Pia León con Sang Jeong preparando il servizio a Don Julio

Francis Mallmann, a sinistra, assieme a Pablo Rivero
In città per rendere omaggio al “re dell’estate”
Rivero ha chiamato, per questa terza edizione,
Francis Mallmann,
Virgilio Martínez e
Pia León. Due pranzi d’autore - A
El Preferido e a
Don Julio - per, secondo le parole di
Mallmann, «dare al pomodoro il luogo di
invitato speciale e non di accompagnatore come avviene di solito».
[…]è ora!/andiamo!/e sopra/il tavolo, nel mezzo/dell'estate,/il pomodoro,/astro della terra,/stella/ricorrente/e feconda,/ci mostra/le sue circonvoluzioni,/i suoi canali,/l'insigne pienezza/e l'abbondanza/senza ossa,/senza corazza,/senza squame né spine,/ci offre/il dono/del suo colore focoso/e la totalità della sua freschezza.

Il pomodoro al centro della tavola, non più come accompagnamento ma da protagonista
Interpretazioni diametralmente opposte quelle di
Mallman e della coppia
Martínez-León: coltello, fuoco e mani nude, il primo («Man mano che cresciamo, la tecnica si va semplificando ogni volta di più, gli togliamo il travestimento»); la complessità di sapori e accostamenti del miglior ristorante del continente, i secondi: l’incontro tra il re della festa e gli ingredienti dell’Amazzonia e di quel territorio incredibile che è il Perù, in cui affonda le radici questo stesso frutto «questo pomodoro che è così profondamente nostro - ha ricordato
Virgilio - anche se a volte ce ne scordiamo. Ma che, nonostante abbia viaggiato per il mondo intero, ci appartiene, è di qui».

Pomodoro pelato, glassato intero in olio d'oliva, peperoncino, pepe del Madagascar e sumac, di Francis Mallmann

Ratatouille di pomodori, timo e aglio, di Francis Mallmann

Carne secca, pomodoro, patata dai 4000 metri di Mil e tuorlo, di Virgilio Martínez e Pia León

Pomodoro, cacao Chuncho de Selva Alta, di Virgilio Martínez e Pia León

Alga blu carnosa, yuyo, pomodoro e sargazo, di Virgilio Martínez e Pia León

Gamberetto, pomodoro, zucca Loche e basilico, di Virgilio Martínez e Pia León
Un baccanale di due giorni, durante i quali si è celebrato il pomodoro, l’estate australe, la biodiversità, la sovranità alimentare, l’amicizia, il cibo, il vino e il piacere della condivisione.