“Bastion of fine dining that has long set service standards”. Così la World’s 50 Best Restaurants descrive Les Amis, a cui due settimane fa ha riconosciuto il Gin Mare Art of Hospitality Award, riconoscimento assegnato ogni anno al ristorante che più si distingue per il livello del servizio in sala.
Il ristorante è un’istituzione storica - almeno per gli standard singaporiani. Quando ha aperto, nel 1994, è stato il primo ristorante di fine dining “indipendente” nella Lion City. Ventisei anni dopo, la metropoli asiatica è diventata una meta culinaria sempre più vivace e interessante - che nel 2019 ha anche ospitato la cerimonia dei 50 Best. E nel frattempo Les Amis si è sempre mantenuto in cima, con le sue tre stelle Michelin, il 33esimo posto nell’Asia World’s 50 Best, 5 stelle per il servizio nella Forbes Travel Guide e un Grand Award di Wine Spectator. E l’ospitalità è stato un pilastro fondamentale nella costruzione del suo successo. Dal 2012 lo chef è Sebastien Lepinoy. “Con più di 15 anni di esperienza lavorando in Asia, so che avere una conversazione con gli ospiti può spaventare il team,” ci racconta. “Spesso i nostri ospiti sono viaggiatori provetti e hanno mangiato ad alcuni dei migliori ristoranti del mondo. La maggior parte ha una conoscenza approfondita di ingredienti e preparazioni.”
La soluzione è arrivata dai Masters. “Di solito in un ristorante c’è un sommelier che è il Master of Wine. Sono sempre stato impressionato dalla sicurezza in sé, la convinzione e l’esperienza che i sommelier dimostrano quando parlano. La attribuisco al fatto che leggono molto, e hanno modo di passare molto tempo in diversi vigneti, assaggiando e imparando dai produttori. Quindi ho pensato, perché limitarci ad avere un Master of Wine? Non sarebbe incredibile se potessimo avere diversi masters che spiegano le complessità di alcuni ingredienti chiave, andando al di là di una semplice spiegazione di provenienza, profilo gustativo e tecniche di cottura?”.
Ogni anno una parte selezionata dello staff del ristorante passa qualche settimana in Francia, lavorando a fianco dei produttori: “È come quando corteggi qualcuno: vuoi imparare tutto di lui. Fanno ricerche, conoscono meglio le sfumature dei prodotti, e quando tornano sono in grado di raccontare storie personali su quell’ingrediente. Storie basate sull’esperienza personale - non qualcosa che hanno letto su Internet. È un processo sempre in corso”. Finora da Les Amis si sono formati un
Master of Cheese, un
Master of Caviar e un
Master of Truffles.
Tra i signature dello chef si annoverano Les cheveux d’ange, una pasta sottile servita fredda con alga kombu, caviale e tartufo nero, Scampi con zucchine ed emulsione di olio extravergine d’oliva, Patate Roseval e caviale. Una grandeur gastronomica di stampo francese in cui è fondamentale il ruolo dei carrelli: quelli usati per ogni servizio sono ben 4, quello del pane, quello del formaggio, quello del gelato e quello dello champagne. Anche gli ambienti, tra candelabri di cristallo e tappeti di velluto, argenteria scintillante e porcellane con il monogramma, ricalcano questo lusso atemporale. Gli aggettivi più utilizzati per descrivere il ristorante, sia dai critici che dalle guide, sembrano essere sempre gli stessi: senza tempo, immutabile, classico.
Ma quelli che utilizza lo chef sono molto diversi: “Da noi è fondamentale, prima di tutto, la sincerità. Crediamo in tutto quello che facciamo. E poi l’attenzione minuta al dettaglio e la costruzione personalizzata dell’esperienza, cucita sul cliente. Vogliamo capire chi sono i nostri clienti, quali sono le loro aspettative, perché sono venuti a trovarci. Il nostro lavoro è capire il più possibile di loro, leggendo i segnali non-verbali e interpretando quelli verbali, per offrire un’esperienza il più possibile simile a quella che si aspettano”.

Infatti
Les Amis ha saputo adattarsi ai tempi con le formule degustazione, che negli ultimi anni sono decisamente cambiate, per adeguarsi a budget medi e tipologie di turismo diversi. E così, se a cena le due proposte sono da 295 e 460 dollari, a pranzo è disponibile un menu più “svelto” e accessibile da 140 euro. La carta dei vini comprende oltre 2500 etichette, per l’85% francesi, soprattutto Borgogna e Bordeaux - per un valore stimato di 5 milioni di dollari.
Da notare che tutti gli ultimi Art Of Hospitality Award sono stati tutti assegnati a ristoranti di grandi città asiatiche: Otto e Mezzo di Umberto Bombana a Singapore, Ultraviolet di Paul Pairet a Shangai, Den a Tokyo. Lo chef Sebastien Lepinoy ha ricevuto il premio durante la cerimonia di premiazione trasmessa in streaming il 24 marzo 2020. In un mondo che cambia e un futuro della ristorazione sempre più incerto, è bello sapere che c’è ancora spazio per sognare, tra candelabri di cristallo e grattugiate di tartufo.