C'è sempre quello che la sa più lunga e che «mio cugino conosce un piccolissimo allevatore in Estremadura, produce un prosciutto pazzesco», certo. Joselito è una cosa un poco più seria: con circa 40 milioni di euro di fatturato 2017 e una crescita costante a due cifre negli ultimi anni, il marchio nato nel 1868 a Guijuelo, neanche 6mila abitanti nella provincia di Salamanca, Castilla y León, oggi è sinonimo di jamón eccezionale in tutto il mondo - o perlomeno in quella parte dell'umanità che apprezza i salumi, Joselito è presente in 56 Paesi diversi.

Foto di gruppo dei Gómez durante la festa per i 150 anni di Joselito
Abbiamo prima citato una data: 1868. Sono insomma 150 anni esatti dalla fondazione di un'azienda che è tra i fiori all'occhiello dell'eccellenza gastronomica iberica. Un secolo e mezzo a nome
Joselito ma che avrebbe potuto tranquillamente portare la targa "
Gómez", mutuandola insomma dalla famiglia che ne ha scandito la storia:
Vicente il fondatore di quella che era all'inizio una semplice azienda di salsicce, quindi il figlio
Eugenio (che iniziò a portare maiali e maiali a Guijuelo dall'Estremadura e dall'Andalusia), quindi via via
José (detto
Joselito, vi suggerisce nulla?),
Juan José, adesso i fratelli
Juan Luis e
José jr (classe 1956, oggi ad di
Cárnicas Joselito), fino all'attualmente 25enne
Juan, sesta generazione, che ci riceve a Madrid nel bel mezzo dei giorni dedicati alla celebrazione
Joselito 150.

La festa al Teatro Real di Madrid per i 150 anni di Joselito

Juan e José Gómez, sesta e quinta generazione
Ci spiega: «Siamo un'azienda piccola, produciamo solo la massima qualità. Puntiamo a quest'ultima, piuttosto che sulla quantità», che varia di anno in anno, come accade nel mondo del vino per le bottiglie migliori. Piccola? Dipende dai punti di vista: tra terreni di proprietà e in affitto, può contare perlopiù in Estremadura su circa 170mila ettari - dieci volte Milano, per intenderci - di
dehesa, a metà tra una foresta mediterranea e una prateria, ecosistema boschivo ricco di querceti che combina l'attività economica agricola con la silvicoltura e l’allevamento, difendendo la biodiversità.
È un ambiente prezioso,
Joselito si impegna a salvaguardarlo piantando ogni anno quasi 80mila querce con l'obiettivo di raggiungere quota 2,4 milioni in tre decenni; ed è il luogo ideale per far crescere i suini iberici in piena libertà. Loro lì si nutrono in abbondanza di quanto prediligono: ghiande innanzi tutto, circa 8-10 chili al giorno, e poi erba fresca, 3 chili, fino a passare da un peso di 23 ai 180-190 ragguardevoli chili finali, nell'arco di due
montaneras, il periodo d'ingrasso autunnale, quando cadono le ghiande.
Poiché non vi è integrazione con alimenti che provengano dall'esterno, ma tutto ciò che mangia il maiale è quanto trova in natura, si è esposti agli umori del tempo atmosferico: annate con un perfetto (alto) grado di piovosità saranno fertili per la produzione di ghiande ed erba, così da poter più facilmente nutrire i suini al pascolo. «Ogni esemplare ha, in media, a disposizione tre ettari di terreno tutti per sé, per trovarsi cibo e acqua - racconta
Juan Gómez - Però le cose cambiano di anno in anno: in questi giorni gliene bastano due, perché c'è abbondanza, mentre nel 2017 abbiamo dovuto lasciargliene sei a testa, perché c'era scarsità». Così anche i dati sul numero di maiali diventano ballerini: diciamo che si arriva a una punta di 80mila capi, la metà dei quali destinata a diventare prosciutto - e
paletas, chorizo, lomo o
salchichón - tra gennaio e marzo, il periodo del
sacrificio.

José Gómez controlla la stagionatura
La stagionatura avviene a Guijuelo, in essiccatoi naturali e cantine, umidità quasi permanente tra il 60% e l'80% e temperatura media tra 14 e 18 gradi; la cittadina è famosa per il vento che soffia a raffiche, un’aria fredda e secca che proviene dalle tre sierre che la circondano (Gredos, Béjar e Francia) e che dà origine a condizioni ottimali per l'invecchiamento; non a caso si trova a mille metri sul livello del mare, esattamente come un’altra delle zone più famose per la produzione di insaccati, Jabugo (Huelva).
Tutte queste variabili esaltano un concetto di artigianalità
Joselito, pur applicata a numeri davvero importanti e a una selezione genetica dei capi migliori destinati alla riproduzione, che dura da decenni e decenni, tanto da determinare una vera e propria "razza Joselito",
el cerdo feliz, il maiale felice. Tutto questo è alla base di un concetto di "annata", in parallelo ancora una volta con il mondo del vino: «Noi classifichiamo tutti i prosciutti in base all'anno e al luogo dove il maiale è stato allevato - evidenzia
Juan Gómez davanti al nostro taccuino - Perché c'è
dehesa e
dehesa, una situata più a Nord può favorire un certo tipo di alimentazione, una più a Sud un'altra, e così via».
Il miglior
Joselito degli ultimi decenni, ci narra, è stato il 2005, «un anno d'oro, c'erano tante ghiande e tanta erba, che è un antiossidante naturale importante, fondamentale per una stagionatura prolungata». Non cercatelo in giro, questo
Joselito 2005: l'ultima coscia - dunque maturata 13 anni, un record. In media siamo sui 3-4 anni. Comunque mai sotto i 36 mesi - è stata consumata a casa
Gómez tre mesi fa: «Era semplicemente incredibile». Quella 2015, se può essere consolante, viene descritta così: «
Montanera con temperature miti e umide. Grasso che si scioglie in bocca, setoso e piacevole. Consistenza liscia, muscolo fermo, infiltrazione che si fonde perfettamente. Aroma rilassante, fondo vegetale con mela verde, molto sottile, penetra nei cinque sensi».
Una delizia che oggi viene apprezzata ovunque. Il 70% della produzione rimane in Spagna, per precisa scelta aziendale, «siamo spagnoli, il prodotto è spagnolo, i miei concittadini devono poterlo gustare». Il resto dei 55 Paesi in cui il marchio
Joselito è presente si dividono quote di export praticamente uguali. L'una e l'altra annotazione dà la misura di come l'offerta rimanga su numeri inferiori rispetto alla richiesta, e vada sempre esaurita. Il boom internazionale è però tutto sommato recente. Spiegava l'ad
José Gómez qualche tempo fa di come ai tempi di suo nonno
Joselito, terza generazione, tutti barattassero assai volentieri tre chili di prosciutto con uno di pancetta, «con quel chilo e un sacco di patate, una famiglia mangiava per un mese».
Il successo è giunto poco a poco, figlio del lavoro. Ad esempio sono passati 35 anni da quando il primo
jamón Joselito attraversasse il confine, «il nostro esordio all'estero fu da
Harrods». Una scelta non casuale, quello del prestigioso grande magazzino londinese: lo sforzo della quinta generazione
Gómez è stato proprio quello di rendere
Joselito un marchio globale d'eccellenza: «Sin da quando ero piccolo, il mio sogno era di essere presente coi miei prosciutti negli indirizzi prestigiosi. Così la strategia è sempre consistita nel raggiungere i migliori negozi gourmet, oltre che i ristoranti più rinomati, in grado di valutare la qualità dei nostri prodotti».
José c'è riuscito con un'opera meticolosa, costante e instancabile. Tanto marketing, idee brillanti (come le
collezioni Joselito, pezzi limitatissimi vestiti di lusso, anche da grandi artisti. Ed è sua l'intuizione, che abbiamo già visto, di segmentare i prodotti per annate, come il vino, per proporre prosciutti
vintage e riserve. Alcune di queste annate esclusive hanno raggiunto prezzi da infarto: anche 40mila euro, in un'asta). E ancora un processo quasi di evangelizzazione: «Esportare è uno sforzo titanico. Non solo dobbiamo spiegare il prodotto, grande compito pedagogico, portarlo fisicamente sul posto e farlo assaggiare, ma poi far sì che i confini siano aperti, firmare mille protocolli e così via».
Racconta, il patron, un aneddoto gustoso. «All'inizio ero pervaso da un forte complesso di inferiorità: non subito, ma quando ho visto come i produttori di altri Paesi presentavano i loro prosciutti. Notavo come i prosciuttifici francesi o quelli italiani curavano l'immagine... Ci davano
sopas con honda (letteralmente "
zuppe con una fionda". È un espressione spagnola che significa "si dimostravano nettamente superiori a noi",
ndr). Io pigiavo i miei prosciutti in sacchi di sei o sette pezzi, poi arrivava l'italiano che tirava fuori il suo San Daniele, perfettamente incartato e presentato in un bel box di cartone». Aggiunge: «Gli italiani sono quelli che hanno più e meglio commercializzato il loro prosciutto in tutto il mondo».

Ferran Adrià e José Gómez
Per sfondare, quelli di
Joselito hanno pensato di agganciarsi all'alta cucina. E in particolare, alla scuola che ha dominato gli anni a cavallo del millennio: spagnola, appunto. Il tramite più recente è stato
Joselito Lab, laboratorio d'idee, progetto di ricerca pioneristico, creato non a caso con
Ferran Adrià, che l'ha tenuto a battesimo nel 2013, e dice così, non c'è bisogno di traduzione: «
Joselito es un jamón único, perfecto. Una inspiración constante para todos los que amamos la gastronomía».

José Gómez con Quique Dacosta e Joan Roca (e signore) per i 150 anni di Joselito

Con Albert Adrià e signora
Oggi il
Lab è anche un compendio di ricette in formato web-app dedicato alla creazione e alla ricerca culinaria dei prodotti iberici di Joselito, sviluppato a partire dall’ispirazione dei migliori chef internazionali con 3 stelle Michelin: nel 2014 ha visto come protagonista il nostro
Massimiliano Alajmo, poi via via l'olandese
Jonnie Boer, il giapponese
Seiji Yamamoto, il tedesco
Joachim Wissler, quest'anno è la volta di
Yannick Alleno, Francia.

Momenti dello spettacolo e della successiva festa al Teatro Real
E, a proposito di
Alajmo: era tra i presenti alla grande festa per i 150 anni di
Joselito, lo scorso 2 ottobre. Con lui e il fratello
Raf, altri bei nomi dell'alta cucina italiana:
Matteo Baronetto,
Giancarlo Morelli,
Moreno Cedroni,
Pino Cuttaia,
Enrico Buonocore patron di
Langosteria,
Massimo Minutelli de
La Griglia di Varrone... Più che a loro - non ce ne vogliano - l'attenzione è stata per i protagonisti assoluti della serata, i prosciutti
Joselito, come il magnifico
Vintage 2011 (oltre 84 mesi di stagionatura naturale), affidati alle mani sapienti di diciotto
maestros cortadores.