Inaspettato. Meritatissimo. «Non avevo preparato nessun discorso, non so che dire» ha dichiarato con sincerità ed emozione rinnovata Gaggan Anand dal palco del Wynn Palace di Macao. D’altra parte come aspettarsi per la quarta volta di fila la vittoria agli Asia’s 50 Best Restaurants? Eppure lui ce l’ha fatta, ancora una volta ha saputo raccogliere i consensi dell’Academy e con un ristorante, Gaggan, che chiuderà in due anni, nel 2020, come lui stesso ha più volte annunciato.
Certo, la sua carica creativa è intatta e più dinamica che mai e gli altri progetti non mancano (leggi
Gaggan: il fattore umano è il cibo stesso) ma quest’anno ci si aspettava una “fisiologica” discesa dalla posizione più alta, pur rimanendo sul podio. E invece la rivoluzione c’è stata, sì, ma nelle altre posizioni della top ten, mentre lui è rimasto saldamente in cima.
Una grande famiglia - «Ho iniziato a cucinare 22 anni fa. I sogni si avverano ma sono diventati così grandi e importanti da non crederci» ha aggiunto ancora dal palco
Gaggan. E poi, nel corso della conferenza stampa: «Per la prima volta oggi non sentivo la tensione, ho pensato che non sono solo un vincitore orgoglioso ma parte di una grande famiglia, che questo premio ha consentito. Siamo una grande famiglia». Pochi minuti prima della proclamazione, aveva abbracciato nel pubblico il numero due
Zaiyu Hasegawa che con il suo
Den è salito in alto dalla posizione n. 11 e ha ricevuto anche il premio come
Best in Japan. Che questo ironico e super creativo chef giapponese salisse era nell’aria, ed è interessante che il podio sia a questo punto in maggioranza giapponese. Lui al secondo, e al terzo posto
Florilege, altro stile, più compassato, e altra cucina, quella francese, nel cuore di Tokyo. Si prepara dunque un’ondata giapponese, con 11 ristoranti in lista (più di Hong Kong e Thailandia entrambi con 9), visto che resta saldo al sesto posto della lista chef
Narisawa con il suo ristorante, che ha ricevuto anche il premio
Chefs’ Choice Award.

La felicità di Luca Fantin

Fantin col suo pastry chef Fabrizio Fiorani, sulla sinistra
Bene gli italiani - Successo per il nostro
Luca Fantin del
ristorante del Bulgari Hotel a Tokyo, che è entrato nella lista e con un importante piazzamento, al numero 28. Un notevole riconoscimento del suo lavoro attento a ingredienti e materie prime locali abbinati alla cucina italiana, che ne sta facendo un raffinato interprete del rapporto profondo, e lontano allo stesso tempo, tra Giappone e Italia. Scende ma resta comunque nei top 20, al numero 13,
Otto e Mezzo di
Umberto Bombana. Il suo indirizzo nel cuore di Hong Kong emoziona da molti anni ed è una vera casa per l’autentico made in Italy in Asia.

Umberto Bombana e Marino Braccu, 8½ Otto e Mezzo Bombana
La top ten - Al quarto posto sono ormai una certezza i gemelli
Suhring con il ristorante omonimo di Bangkok, che lo scorso anno erano tredicesimi. Al n.5 c’è
Odette, scelto come
Best in Singapore dalla nona posizione del 2017. Segno che sarà
Julien Royer l’erede in città di
André Chiang e del suo
André che ha chiuso a febbraio. Lo chef di Taiwan è infatti tornato a Taipei a dedicarsi a nuove aperture e al suo
Raw, che in lista è salito al n.15 (dal 24) ed è anche stato proclamato miglior ristorante a Taiwan. Di solito piuttosto riservato, si è invece emozionato sul palco quando ha ricevuto il
Diners Club Lifetime Achievement Award. «Siate umili, creativi e credete nella vostra unicità», ha detto a conclusione del suo discorso. È sceso al settimo posto (dal terzo)
Amber di
Richard Ekkebus, che ha avuto il premio come
Best in China. È evidente che l’
Academy aspetta il suo nuovo
Amber, che sarà rinnovato a luglio, negli interni e nel menu (leggi
La quieta rivoluzione di Amber). All’ottavo posto è rimasto
Paul Pairet che con il suo
Ultraviolet a Shanghai ha vinto il premio
Art of Hospitality. Poteva essere il suo anno, si vedrà nel 2019.
Nihonryori RyuGin, ancora Giappone, è al n.9. A chiudere la top ten il
Nahm di Bangkok che ha difeso la sua storia e resta ancora tra i primi dieci Asia.

Due ospiti a Macao: Mauro Colagreco e Clement Vachon di S.Pellegrino

Marchi italiani all'Asia's 50Best: S.Pellegrino...
Chi sale e chi scende - Il nuovo ingresso in posizione più alta è stato per
La Cime di Osaka. Mentre il premio per chi è salito più in alto (
Highest Climber) va a ben due locali, il
Mume di Taipei e il
Chairman di Hong Kong. La scena di Taiwan è molto presente in lista, segno che la destinazione sta crescendo e certamente riserverà delle sorprese nei prossimi tempi (entro fine anno arriverà la Michelin). Restano alti anche
Burnt Ends di Singapore al n.12 (altra impresa di
André Chiang) e
Mingles, al n.11, il coreano ha mantenuto il premio come
Best Restaurant in Korea. Mentre il promettente
Jungsik è solo al n.26. Il titolo di
Asia’s Best Pastry Chef è andato a
Nicolas Lambert di
Caprice, il ristorante francese all’interno del
Four Seasons di Hong Kong che è in lista al n.46. Bravissimo
Le Du, il giovane chef
Ton di Bangkok che sale alla posizione n.14 (dalla 37). Per la prima volta quest’anno è stato dato il premio al
Miglior Ristorante Sostenibile in Asia, andato all’
Effervescence di Tokyo (n.20). Che la scena
fine dining di Bangkok sia ormai esplosa lo si capisce anche dal riconoscimento dato a
Bee Satongun del
Paste, di Bangkok appunto, che ha avuto il premio come
Asia’s Best Female Chef. Infine il già annunciato
Miele One to Watch è andato al
Toyo Eatery di Manila e allo chef proprietario
Jordy Navarra per il suo lavoro su ingredienti e materie prime locali. Le Filippine, con la loro straordinaria biodiversità, stanno emergendo come nuova meta
foodie.