Se sono stato recentemente a Bratislava, ospite di un congresso di cucina davvero interessante, Gastronomy Slovakia, e ho potuto così iniziare ad approcciarmi alla scena culinaria di un Paese che non conoscevo, devo dire grazie a Radoslav Nackin, curatore e ideatore del congresso stesso e di una guida gastronomica, Gurmána na Slovensku, che racconta 40 insegne in tutto il Paese.
Mi ha incontrato proprio a Identità Golose, dove viene ogni anno per capire come muoversi e far crescere il suo evento e di conseguenza il suo territorio. Tanto c’è da fare, in questo senso: soprattutto per andare oltre alle apparenze iniziali. Arrivi in Slovacchia e hai la sensazione di trovarti in un posto dimenticato dalla ex-Unione Sovietica, con palazzi alti e cupi di un colore grigio quasi fastidioso. Poi però entri nella capitale e vedi invece che l’influenza mitteleuropea è stata forte: la città pare una piccola Vienna e vanta hotel e ristoranti dallo stile internazionale, moderni o che si rifanno a una specie di grandeur post-asburgica.
La prima sera gli organizzatori di
Gastronomy Slovakia mi hanno portato in un ristorante che è considerato oggi il top sulla tradizione gastronomica locale: lo
Zylinder. Ero al tavolo con
Gert de Mangeleer, un amico oltre che un grande chef, tristellato al suo
Hertog Jan a Zedelgem, in Belgio. Come me, era relatore al simposio. Ci siamo quindi divertiti insieme a parlare della tradizione gastronomica slovacca, che in realtà è molto simile alla nostra del Trentino Alto Adige e della vicina Austria, quindi con nette influenze austroungariche. E’ una cucina fatta di prodotti poveri: patate, rape, zucche, salumi, ma ci sono anche selvaggina, oche selvatiche...
Al congresso, durato un giorno, hanno partecipato circa 500 persone, cui si sono aggiunti altri visitatori richiamati da sezioni apposite dedicate agli stand, con molti espositori, agli sponsor, oltre a un’area dedicata ai vignaioli con le immancabili master class sul vino, eccetera. Il tema del simposio, giunto alla sua quarta edizione, era la "Natura", i piatti dovevano essere quindi basati su elementi del bosco e del territorio.
Relatori, oltre al sottoscritto e al citato
Gert de Mangeleer, anche
Jacob Holmström del
Gastrologik di Stoccolma, una stella Michelin, e
Michal Konrád del
Fou Zoo di Bratislava, considerato il numero uno in Slovacchia. Il
Fou Zoo si definisce un “
pan asian restaurant”: la sua cucina prende infatti molti spunti dai viaggi e dalle esperienze
Konrád in giro per il mondo, soprattutto in Asia ma anche in Italia, specie in Toscana. Lui dimostra grande abilità tecnica.
Konrád vuole cambiare la scena dell’alta cucina a Bratislava e dare una identità alla cucina slovacca d’avanguardia, rinnovando anche l’idea di ospitalità. Nel suo locale sala e cucina lavorano in stretta sinergia, con la proposta di menu degustazione e di piatti di
fine dining che superino la tradizione locale, che vuole invece piatti unici abbondanti e poco altro.
Il quintetto di relatori era completato da Martin Záhumenský, a lungo a Londra con Gordon Ramsay e che ora sta per aprire in Slovacchia un e-shop di prodotti italiani (soprattutto toscani) che si chiamerà Pappa Mia, e da Peter Ďurčo del Top Restaurant di Žilina, città che si trova nell’area più rurale del Paese, quasi al confine con Repubblica Ceca e Polonia. Ci ha presentato uno stile certamente più rustico, d’origine contadina, ma che dimostra comunque grande voglia di mettersi al passo coi tempi, lavorando soprattutto sulla leggerezza e sull’eleganza.

Gilmozzi a Gastronomy Slowakia
La mia sensazione è che oggi in Slovacchia siano attratti più dalla tecnica che dalla ricerca dei prodotti (un errore, ma ci siamo passati tutti): peccato, perché nei loro mercati alimentari si vedono materie prime che da noi sono introvabili o addirittura vietate, penso al castoro o alla lontra, che fanno parte della tradizione locale.
Quelli di Gastronomy Slovakia mi hanno chiesto di portare al congresso la mia storia di imprenditore (iniziata quando avevo 25 anni!), oltre che di cuoco. Di fronte a radio e tv ho raccontato la mio percorso, il lavoro che portiamo avanti nei tre locali nelle vallate dolomitiche (il ristorante gastronomico El Molin, l'omonimo e attiguo wine bar, la vicina pizzeria Excelsior, l'abbiamo raccontata qui: La pizza rustica-gourmet di Gilmozzi, ndr)... Spero che il mio intervento possa fungere da stimolo ai giovani cuochi slovacchi e possa essere loro di supporto per aprire nuove realtà, vista la grande voglia di novità che si respira in quel Paese.
Sul palco ho portato tre piatti:
Tradizione di caccia (ossia cuore di cervo essiccato con crema di patate e acetosella con gelato all’aglio nero, lo abbiamo raccontato qui:
La ricetta 2017 di Alessandro Gilmozzi),
Riso al Gilbach gin e
Border line, il mio dessert a base di resine (tutte bontà che abbiamo gustato in una nostra recente cena a Cavalese, ne abbiamo parlato qui:
Gilmozzi: 25 anni, 23 piatti,
ndr). Sono proposte che raccontano l’Italia delle montagne e delle Dolomiti, ma ricche di sfumature che richiamano anche le tradizione ancestrali slovacche.
Io ho poi apprezzato molto il lavoro di Jacob Holmström, bellissima la sua performance: Tacos di mais, radici e fiori dell’orto; Scampo cotto con burro bruciato nelle braci, maionese di carapace e nasturzio; infine uno snack a base di squalo essiccato e rape fermentate. Mi ha fatto piacere notare che, al di là delle mode, si sta diffondendo una grande attenzione per il mondo della natura, per le tradizioni di conservazione, per il lavoro di tante aziende agricole di campagna, ma anche urbane.
Ed è stato altrettanto bello percepire la stima che a Bratislava (ma non solo!) tutti dimostrano nei confronti di noi italiani. Capiscono che abbiamo saputo cambiare la nostra cucina senza perdere però la necessaria continuità; abbiamo aggiunto sfumature contemporanee rimanendo però sempre saldi sulle nostre radici gastronomiche. Non si poteva dunque finire quest’emozionante esperienza, che bevendo tutti insieme un grande pinot nero italiano e gustando un bel piatto di spaghetti al pomodoro.