Nella Parigi gastronomica, mai come in questo periodo gli italiani fanno parlare di sé e, dall’apertura di Dilia, di Michele Farnesi, gli ultimi mesi sono stati scanditi dalle aperture, tra acclamati ritorni e novità interessanti. Diversi i loro modi di essere italiani, diverse le voglie, diversi i mezzi scelti per esprimersi. Qui in Francia, c’è chi sente più forte il desiderio di raccontare l’Italia e chi si sente più libero di percorrere strade nuove, chi guarda alle proprie origini e chi all’importanza delle contaminazioni.
Il 17 marzo Gennaro Nasti ha cambiato indirizzo, inaugurando Popine, pizzeria gourmet in cui propone pizze napoletane tradizionali e creazioni originali, con una grande attenzione all’impasto e agli ingredienti, di altissima qualità. La voglia di nobilitare la pizza e di osare.
Il 15 maggio, a due anni dalla chiusura di
Rino, è stato accolto con grande entusiasmo il ritorno di
Giovanni Passerini, con il suo nuovo
omonimo ristorante. Un significativo cambiamento di direzione rispetto a
Rino, che in uno spazio minimo vide esplodere la creatività di
Giovanni e nascere piatti diventati storici come la “
Treppia”, tra le pulsioni romane, la raffinata delicatezza e la profonda padronanza delle cotture dello chef. Da
Passerini, gli spazi si ampliano, i piatti si semplificano, bando al menu degustazione. In un ambiente moderno di design, un menu da trattoria, con supplì, trippa, e grandi piatti da dividersi, dalla faraona al rombo. La voglia di
back to the basics, ma con stile
parisien.
Stessa data, altra inaugurazione: sulle alture del 18esimo arrondissement,
Nicola Balestra ha aperto, insieme a
Marcella de Vita,
I Raffinati, una gastronomia innovativa dove, oltre alla vendita e alla degustazione
sur place, affinano salumi e formaggi italiani e francesi . Entrambi con un passato da cuochi, osano affinamenti insoliti, come il Camambert affinato al gin e tè bianco o il taleggio con profumi mediterranei. La voglia di cancellare il confine con (r)affinati esperimenti franco-italiani.
A pochi metri da
Passerini, un altro atteso ritorno è stato quello di
Simone Tondo, il giovane chef sardo molto amato dai parigini. Dopo
Roseval (ora
Dilia),
Simone, associatosi a
Marcelo Joulia, architetto e noto imprenditore della ristorazione, alza la posta in gioco con
Tondo, che prende il poste de
La Gazzetta, locale che fu di
Petter Nilsson. Aperto sabato 11 giugno, continua con la sua cucina che non vuole essere italiana, e continua con il menu unico, a cui è molto legato, con una formula serale in sei servizi a sessanta euro, mentre a pranzo propone tre
amouse-bouche e un piatto a venticinque. La voglia di mettersi alla prova.
A pochi giorni e pochi passi di distanza, il 15 giugno riapre il
Caffè dei Cioppi, di
Fabrizio Ferrara, un approdo sicuro per chi ama la cucina tradizionale italiana. Cambia l’indirizzo, resta il nome, evolvono la cucina e la sala: se prima gli spazi ridotti (una minuscola cucina aperta sulla sala di quattordici coperti) limitavano le possibilità, ora lo chef è libero di esplorare le ricette della tradizione in tutta la loro ricchezza. La voglia di proporre l’Italia d’antan con moderna eleganza.
Stesso quartiere, stessa data, altro stile per
Pietro Russano, che dopo il suo ristorante italiano
Retrobottega, apre un’enoteca con cucina, lo
Squatt Wine Shop, che non vuole bandiere. Non ci sono tavoli, solo un bancone e un grande scaffale, vini biologici, biodinamici e naturali, salumi e formaggi artigianali dalla Francia, dall’Italia, dalla Spagna e dal mondo, piccoli piatti in stile tapas che mescolano sapori di diverse nazioni. La voglia di divertirsi senza bandiere.