Costola cittadina del progetto di Borgo Santo Pietro, il retreat a Chiusdino che Jeanette e Claus Thottrop hanno voluto trasformare nella reggia della biodiversità gastronomica, questo locale rende più fracilmente raggiungibile la cucina lussuosamente diretta di Ariel Hagen, che fa del rispetto la sua stella polare. Rispetto del prodotto, del cliente, dell'idea stessa del mettere nel piatto qui e ora ogni signolo ingrediente. La sua è una cucina rigorosa e iperrealistica, non sognata ma funzionale all'idea di non salvare ma almeno rendere più buono il mondo.
Concretezza dimostrata anche dall'idea di intitolare il menu La Stagione che non c'è, così intendendo la necessità di non fermarsi alla stagionalità intercettando davvero quello che la natura ha da dire e dare in ogni singolo giorno. Poi c'è la tradizione toscana, che resta un nume tutelare da omaggiare, come nelle Pappardelle al cibreo. Bello come la cucina dialoghi continuamente con la sala in un gioco all'olandese. Ma Hagen, a onta del nome, olandese non è, bensì un raro caso di fiorentino di nuovissima generazione, convinto che, fatti gli italiani, vada fatta la nuova cucina italiana.
romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive
romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive