Il Park Hyatt è sempre allo stesso posto, a ridosso della Galleria meneghina, un via vai continuo come è giusto che sia per un hotel 5 stelle lusso che ha sempre dedicato un’attenzione notevole alla cucina di qualità. L’esplosione della pandemia ha sparigliato le carte: tutto nuovo, anche il nome del ristorante per evidenziare che non c’era continuità tra vecchio e nuovo chef. Se a suo tempo, Andrea Aprea era già una certezza nella sua Napoli, così per la sua successione, invece di puntare su qualcuno già affermato, la scelta è ricaduta su una novità assoluta, un autodidatta milanese, Guido Paternollo, 32 anni, fino a una decina di anni fa impegnato alla Ducati. Cucinava a casa, poi la svolta. Si accorse di amare la ristorazione e si mise in cerca di fiducia. Ecco Bartolini a Milano, Ducasse a Parigi, ecco il contatto con il Park Hyatt quando nella capitale francese lo stavano per promuovere.
Guido vuole essere profeta in patria, è cresciuto in corso Italia, e i primi passi sono di straordinario spessore e sicurezza in un Pellico 3 aperto solo la sera. Scordatevi la banalità che di solito permea i ristoranti d’albergo. Lui è stato chiamato per liberare tutta la forza della sua personalità. Se devo cercare un difetto, ma contingente, è la scelta di alcuni ingredienti che potrebbero essere più marcati, come gli champignon di Parigi che a noi dicono e non dicono. Ma che forza il Risotto all’anguilla affumicata, le Eliche all’estrazione di pollo alla cacciatora, il Branzino con cuore di lattuga al Bbq e tutte le verdure inserite nelle varie voci.
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
Twitter @oloapmarchi
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Ristorante con camere
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