Nel novero dei panificatori moderni, quel gruppo di rivoluzionari del lievito madre che stanno trasformando dall'interno un sistema che pareva inamovibile, un posto di primo piano lo merita Roberta Pezzella. Per quella sua caparbietà, il rigore estremo, la tecnica – ah che tecnica – la sensibilità nel modellare il pane secondo stagioni o ispirazioni.
Panificatrice di rango, esperienze alla Pergola di Roma dove Heinz Beck le aveva affidato il cestino del pane, e poi da Gabriele Bonci prima di continuare il suo pellegrinaggio nelle capitali della panificazione moderna: San Francisco, Copenhagen per approfondire quello modo nuovo eppure antichissimo di fare pane.
Pagnotte di grandi dimensioni, preferibilmente. C'è quella dedicata al maestro Franco Palermo – con farina di tipo 1 – quello con curcuma e semi di chia o un altro, più semplice, di semola di grano duro. E poi le varianti con erbe aromatiche e ortaggi. Su tutti c'è un richiamo forte e profondo con la terra, l'agricoltura, l'origine delle cose. Anche nei dolci, i biscotti, o ancora in quegli sfogliati tutto burro, eppure leggerissimi, o nel magnifico panettone, frutto degli studi con Piergiorgio Giorilli.
La coerenza è un punto fermo del suo approccio al pane e alla cucina che non ammette cedimenti: è omaggio alla natura, alla perizia e a un certo modo di fare le cose che restituisce armonia e bellezza.
articolo a cura degli autori di Identità Golose
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