Se nel calcio esiste la fatidica differenza tra allenatore e commissario tecnico, nella cucina ci sono gli chef e i selezionatori. Di ingredienti, di materie prime, di vini, di collaboratori. A questa seconda categoria appartiene certamente Michele Bontempi, che un quarto di secolo fa ha avviato con il padre Roberto questo locale gardesano e l'ha trasformato in un santuario del gusto. La cucina non è di avanguardia né vuole esserlo, lui direbbe "senza pippe mentali", come scrive nel menu: solo il meglio trattato con rispetto.
Tra gli antipasti, in condivisione, Cipolle di Tropea al josper, Sashimi di ricciola e porcini crudi, Alici di lampara marinate al momento. Poi crudi di mare, secondi cotti sulla brace di olivo del Garda, carni dry aged con tagli adatti a un single (Diaframma di cavallo) o per due (Costata di simmental baltica, Costata di angus lucano). Ci voleva tanto? Il fatto è che qui c'è una visione internazionale della cucina, che Bontempi alimenta con frequenti viaggi per ogni altrove. Ed essendo anche un profondo (e talvolta battagliero) conoscitore di vini, la sua cantina è più ricca e colta e intelligente della gran parte dei ristoranti stellati.
romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive
Tavoli all’aperto
romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive