Riconosciamo una volta per tutte a Cesare Battisti di essere stato l'inventore di una figura che oggi va per la maggiore, quella degli osti contemporanei, che portano eco agresti in città e riflettono continuamente sulla sostenibilità dell'atto gastronomico. Quello che ora fanno tutti, in modo più o meno fake, lui lo faceva già 15 anni fa in questa palazzina liberty che sembra ancora più piccola al cospetto dei vicini grattacieli di Porta Nuova. Un luogo di resistenza anche edilizia nel quale Battisti propugna da anni un'idea di libertà della tradizione che è anche tradizione della libertà.
Il menu, ispirato al codice culinario lombardo e illuminato dai prodotti di decine di artigiani ben citati nei titoli di coda, cambia mensilmente ma con alcuni evergreen che Battisti non potrebbe sbianchettare nemmeno se volesse: come la sublime Costoletta (da prenotare in anticipo), il Risotto alla Vecchia Milano, il Cotechino cremonese con purè di patate di montagna. Il resto della carta è una faccenda di stagioni ed estri. Ogni imbarazzo è dribblato scegliendo il menu degustazione (5 portate, 70 euro). A pranzo un menu schiscèta che milanesizza il business lunch.
romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive
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Tavoli all’aperto
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