Il pensiero gastronomico di Salvatore Tassa diventa quasi ascetico, arrivando a spogliarsi di ogni orpello. Fingendo di semplificare la visione, lo chef la fa diventare sempre più affilata e complessa. La sua ricerca culinaria è indirizzata alla radice del sapore, per arrivare a comprendere il suo spirito più puro. Attraverso tecniche come il percolamento e le crioestrazioni, giunge a creare il menu Gocce in cui pone agli stessi ingredienti la domanda centrale: essere o non essere? Continuare a esistere nella forma tradizionale o assurgere a nuova sostanza?
Sintesi di questo menu/manifesto è il brodo rosa ai fiori di mandorlo, fatti macerare e poi estratti a freddo, con pepe africano, in cui viene immerso un tortello di pasta finissima alle mandorle, ripieno di ricotta di pecora che viene cotto a vapore, quasi accarezzato perché l’acqua non lo corrompa. Quasi come il profumiere Grenouille, descritto da Suskind, la sua ricerca è scarnificazione della materia, per ottenere profumi estratti dalla matrice: l’ospite non addenta ma assaggia, si fa permeare da sensazioni olfattive e gustative che portano all’essenza stessa del prodotto rappresentato, ormai quasi sempre vegetale.
Giornalista, da oltre 20 anni si occupa di comunicazione enogastronomica, alberghiera, travel e di eventi. Ha scritto per L'Espresso ed è docente per scuole di specializzazione post lauream.
Giornalista, da oltre 20 anni si occupa di comunicazione enogastronomica, alberghiera, travel e di eventi. Ha scritto per L'Espresso ed è docente per scuole di specializzazione post lauream.