Il cuore di ogni piemontese goloso batte forte per le piole, e noi non facciamo eccezione. La piola – per chi vivesse oltre i confini sabaudi e fosse magari convinto che Piola sia il cognome d’un calciatore o una fermata della metro milanese – è la tipica osteria regionale. E quando diciamo osteria, intendiamo osteria: una questione più di vino che di cibo, più di Barbera che di agnolotti. La piola tradizionale è pintoni e tavolacci, pensionati e uova sode (in funzione anti-sbronza, si sostiene senza un vero avvallo scientifico), briscole e osti. Poi, sul finir del Novecento, la piola s’è fatta trattoria, s’è ingentilita, magari pure s’è un po’ imborghesita ma lo stile è quello: cose semplici e promiscuità.
Amiamo talmente le piole che quando con Matteo Baronetto abbiamo deciso di organizzare una manifestazione gastronomica a Torino – Buonissima – ancor prima delle mega-cene con i mega-chef (c’erano i fratelli Adrià, per dire) abbiamo varato Piolissima, una serata in cui in quattordici piole torinesi si mangiavano acciughe al verde, si beveva Barbera e si faceva bisboccia (c’erano il coro degli Alpini e il torneo di bocce, lo scopone e le schitarrate).
Ma il nostro amore per le piole è antico: dal lontano 2010 con il sodale Alessandro Lamacchia ne raccontiamo 50 ogni anno nella guida pubblicata da EDT “I Cento di Torino” (che somma, appunto, 50 luoghi Top e 50 Pop). Con il suo aiuto – L’Acino, Antiche Sere e Parlapà sono le sue preferite - abbiamo così stilato quest’elenco di piole adorate. E ve le consegniamo con amore, da cuore a cuore. Da fegato a fegato.
Caffè Vini Emilio Ranzini
La piola perfetta, l’idealtipo della piola: centro storico, legno, bancone, pensionati, studenti, Barbera, uova sode, friciulin (le frittelle tipiche), acciughe al verde, panini, il cortiletto d’estate. Imperdibile.

Barbagusto, via Belfiore 36
Barbagusto
Non è antica, ma ha colto in pieno lo spirito della piola questo localino nella parte più sorniona del quartiere
bohème di San Salvario. Tovaglie a quadri, acciughe, russa, agnolotti alla salsiccia, casino, mezze porzioni, prezzi bassi, l’esuberanza del giovanissimo oste
Fabio, la stralunatezza del verace cuoco
Ernest.
Coco’s
È la più ruspante piola cittadina questo bar-trattoria affacciato sul mercato di piazza Madama Cristina. Legni, clienti a frotte, mercatari e architetti, vecchie foto ma soprattutto due piatti assoluti: la pasta e fagioli e la zuppa ceci e costine di maiale. Non ne troverete di migliori al mondo.
Antiche Sere
Antiche Sere, a Torino, è l’essenza incarnata dell’osteria. Le stufe, la
boiserie di legno, i tavoli, le sedie, i bicchieri, le insegne, l’accoglienza, la caraffa di barbera, il vitello tonnato, le lampade di vetro opalino, le acciughe al verde, il salame
d’la Duja, il
salampatata, i tomini, il porta abiti all’ingresso, il ragù di fegatini, i vini dietro al banco, la trippa, la panna cotta, i quadri, gli zuccherini nella grappa, il conto, i saluti, gli abbracci, i baci sulle guance: potrebbe essere tutto finto, una scenografia del voler essere Invece è vero.
L’Acino
Si chiama “restaurant” perché quando ha aperto, ormai più di dieci anni fa, non sapeva ancora quale sarebbe stato il suo destino, che le mani capaci di una cuoca autodidatta,
Patrizia, e l’innato spirito di accoglienza di
Angelo, in sala, hanno guidato verso i canoni classici del mangiare piemontese. E dopo qualche mese da quel giorno dell’apertura in cui ancora si immaginavano piatti da “restaurant”, non c’è giorno in cui l’Acino non abbia occupato tutti i coperti di famelici amanti di cipolle ripiene, sformati di Castelmagno e stinchi al forno. E di bevitori appassionati di una delle cantine più ricche della città.
Parlapà
Non è proprio una piola nel senso classico del termine. Non lo è per il prezzo, non lo è per l’ambiente che è, invece, quello di una raffinata enoteca, ricca di vini scelti con tanta personalità e poca ideologia. Ma l’aria che si respira in questo locale, quella sì, è da piola di paese traslocata in città: tutto ruota su questo, accoglienza e prodotto, prodotto e accoglienza. I peperoni alla fiamma con la
bagna caoda, i
tajarin e la carne. Costata o albese, la carne soprattutto. E i whisky, per gli amanti del genere.
Ramine
Nello storico borgo di San Paolo, le
Ramine hanno il sapore di dopo lavoro operaio, anche se il quartiere non è più operaio da un pezzo, trasformate da decenni le sue fabbriche in supermercati e in alveari di condomini. Ma ugualmente i pranzi sono affollati da lavoratori in pausa e le cene da amanti di certi cibi d’osteria: le acciughe, lo sformato di cardi con la toma, gli agnolotti di verza, il brasato e la torta di nocciola. Il vassoio dei formaggi starebbe bene in un ristorante stellato. Anzi no, sta meglio qui.
Da Celso
C’è confusione in osteria. Le due sorelle si muovono rapide con le pentole in mano. Appoggiano sui tavoli le padelle con i
tajarin al sugo di pomodoro, che ogni bambino torinese ricorda avere mangiato dalla nonna, o il tagliere con i pezzi del bollito. Mentre servono un piatto da una parte, scherzano in piemontese con gli avventori dall’altra. Mescono dolcetto o barbera della casa. Il padre,
Celso, abbondantemente oltre all’età della pensione, corteggia le belle signore.
Stefano Cavallito e Luca Iaccarino
Pastis
Questa non è una
piola, non nell’accezione che tradizionalmente la definisce. Ma se per piola si intende un posto dove si spende poco, si mangia cucina casalinga, si beve il giusto, si incontrano gli avventori di sempre e si fanno amicizie tra i tavoli, allora sì. Alla sera lo vedreste con occhi diversi, ma a pranzo un menu da trattoria siciliana porta in tavola prodotti eccellenti come la
ficazza o la buzzonaglia di tonno, le
busiate trapanesi, la
tuma persa al forno. Oh, veramente pittoresco! direbbe una madamina piemontese.
Gallina
Neppure questa pescheria con cucina è una piola, che gli unici pesci autoctoni del mar di Piemonte sono il merluzzo e le acciughe che si pescano già condite con la salsa verde. Ma il mercato di Porta Palazzo, l’ombelico gastronomico di Torino, è un luogo in cui la territorialità è sospesa, dove i cibi arrivano da tutta l’Italia e dal resto del mondo. Ed è proprio un pescivendolo del mercato,
Beppe Gallina, che ha costruito questo luogo senza dogmi gastronomici, se non due: che il pesce sia fresco, che il prezzo sia poco.
Le Putrelle
Nata più di vent’anni fa come vineria, in un quartiere, San Salvario, e in un tempo in cui andavano di moda le vinerie,
Le Putrelle ha imboccato con orgoglio la sua strada d’osteria piemontese. Un catalogo di porzioni
cit e gros, “piccole e grosse”, di insalata russa, vitello tonnato, tomini, lingua al
bagnet russ, in cui si innervano come contaminazioni naturali alcuni ingredienti del sud, stracciatella, cime di rapa, taralli perché la piola contiene varietà.
Luca Iaccarino
Torino, classe 1972, è critico e giornalista gastronomico, collabora con Il Corriere della Sera e D - La Repubblica. È il food editor della casa editrice Edt, per la quale cura inoltre la sezione pop delle guide ai ristoranti I Cento (si definisce “cintura nera di trattorie”). Autore di diversi libri, ultimo "Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi di Torino" (Edt, 2024). Nel 2023 ha affiancato Lulù Gargari nella trasmissione di Food Network "Lulù, Artusi e l’arte di mangiar bene"