Sara Nicolosi e Cinzia De Lauri, premiate, in compartecipazione, come le migliori chef dell’anno per la Guida di Identità Golose ai Ristoranti d’Autore 2025, hanno aperto il bistrot AlTatto nel 2019, a Milano, come esito di un percorso iniziato con la formazione, quindi con il catering, proseguito con esperienze in cucine nelle quali hanno appreso tecniche, metodi e le mille sfaccettature della cucina a base di ortaggi, verdure e frutti. Il loro intimo locale - solo pochi tavoli, aperto dal lunedì a venerdì, con doppio turno - è meta di clienti felici di poter entrare in un tempio della gastronomia vegetariana e vegana e di molti altri avventori attratti dalla curiosità, figlia di un’iniziale mancanza di conoscenza, di assaggiare piatti saporiti, gustosi e originali preparati con verdure, radici, bacche e senza, ovviamente, carne e pesce. Ed è questa esperienza, aggiornata costantemente negli anni di attività, ad essere stata srotolata nel racconto delle due chef sul palco di Identità Milano 2025.
Due considerazioni come elementi preliminari di riflessione.

Sara Nicolosi dialoga sul palco di Identità Milano con Carlo Passera, che ha moderato la lezione
La prima. «Fare a meno di qualcosa ti mette alla prova» ha detto
Sara Nicolosi durante un passaggio delle presentazione. Santa verità. La capacità di fare tanto con meno - non con poco – per riprendere un’altra nota affermazione,
less is more, trova nella cucina contemporanea la sua piena applicazione. Togliere e non aggiungere, come nella scrittura e nella narrazione, è un compito assai arduo. Sintetizzare. Riuscire a fare meno di alcune materie prime per concentrarsi solo un emisfero dell’universo gastronomico è una qualità che rende forti, brave, intramontabili. La cucina vegetariana di
AlTatto è frutto di questo schema – la filosofia lasciamola ad
Aristotele,
Erasmo da Rotterdam e
Kant– dove la selezione di alcune materie prime, i vegetali, e non di altre, le carni e il pesce, porta ad alimentare creatività, conoscenza, sperimentazione.

Sara Nicolosi e Cinzia De Lauri, questa volta dall'alto in basso
La seconda considerazione. Presentare questa cucina in una stretta e defilata via della periferia Nord di Milano, nel quartiere di Greco, implica l’impossibilità di disporre di un orto nel retrobottega, di una foresta dove fare foraging prima del servizio, di un microclima esempio da manuale di biodiversità. Dunque quella di
AlTatto è una cucina da agricoltura urbana, non prodotta a Km 0 ma costruita insieme a una rete di piccoli fornitori - contadini, allevatori e raccoglitori - «diventati amici» come spiega la
Nicolosi. Si innesca così un dialogo costante con territori, come la Valtellina (amatissima dalle chef), da rispettare ed esplorare e da cui attingere ingredienti che non sono scelti, perché ogni settimana «vediamo cosa c’è». Un mantra, quello della stagionalità, pressoché inevitabile in un ristorante come
AlTatto, da ripetere ogni giorno per concepire una proposta definibile come “ambientalista” con tratti di interattività divertente, dove la dimensione del gioco deriva dagli anni passati con
Pietro Leemann al
Joia.

Cinzia De Lauri al lavoro
Questi due pilastri sono solide fondamenta della tripletta di piatti presentata sul palcoscenico di
Identità Milano. Protagonisti: l’orzo di Valtellina, commistione intima con la terra dove cresce a 900 metri di altezza; poi l’uovo, simbolo primordiale dell’inizio del tutto; e infine il fungo, emblema della forza ancestrale della natura e della sua capacità di resistenza. L’orzo è proposto nel piatto
Tarè, mantecato con burro e Parmigiano, servito in una ciotola per condividerlo fra i commensali come tradizionalmente accade nelle case di montagna. In accompagnamento aglio cotto alla brace, polvere di salvia, riduzione di aceto di mele e foglie croccanti di cavoletti di Bruxelles.

Oof, o "uovo" dal dialetto valtellinese
Oof è un tributo a
Marco Soldati, allievo di
Gualtiero Marchesi e docente di
Sara e
Cinzia nel loro periodo di formazione all’
Alma. «Senza maestri non si fa innovazione», si postula dal palco. Ed ecco questo uovo (il famoso
"uovo di selva" dell’azienda agricola La Gramola di Morbegno,
lo raccontammo qui), cucinato a vapore all’interno di
Stone Egg, una cocotte in pietra ollare della designer
Maddalena Selvini, guarnito con caviale all’aceto di mela, fiori di alloro ed erba cipollina.
Si finisce con una preparazione ispirata alla comunità cinese di Milano. «Sono le contaminazioni delle tante etnie a determinare tecniche nuove e spunti per la ricerca» afferma Sara Nicolosi. In Pleurotus alla pechinese il fungo cardoncello è arrostito alla brace e ripassato in padella in doppia cottura, proprio come prevede la ricetta dell’anatra alla moda di Pechino, infine glassato e servito con crespelle di grano saraceno. Il pubblico del main stage di Identità apprezza, applaude e saluta le chef e tutto il loro team al termine delle performance. Appuntamento alla prossima cena da AlTatto.

Sara Nicolosi e Cinzia De Lauri con Carlo Passera (il presentatore, a sinistra) e Davide Guidara (a destra), ossia lo chef con il quale han condiviso un palco tutto veg