28-02-2025

La pasta che viaggia per l'Italia e per il mondo, a Identità Milano 2025

Il pomeriggio di Identità di Pasta ha visto all'opera grandi innovatori, ma molto sensibili alla tradizione: Cristina Bowerman, Salvatore Bianco, il duo Karime Lopez e Takahiko Kondo, infine Davide Di Fabio

Non dire Cassate, il piatto iconico firmato da Kar

Non dire Cassate, il piatto iconico firmato da Karime Lopez e Takahiko Kondo. Tutte le foto sono di Brambilla/Serrani

Identità di Pasta 2025, nella sessione pomeridiana (qui il racconto dei relatori del mattino), è riuscita egregiamente a mantenere alta la curiosità dopo gli interessanti appuntamenti delle ore precedenti. In collaborazione con Monograno Felicetti e con il prezioso contributo di Eleonora Cozzella e Francesca Romana Barberini è proseguito il viaggio nell’evoluzione della pasta, con Cristina Bowerman, Salvatore Bianco, il duo Karime Lopez e Takahiko Kondo e in conclusione Davide Di Fabio.

 

CRISTINA BOWERMAN - Glass Hostaria, Roma

Cristina Bowerman mentre presenta le sue due versioni di Carbonara to go durante Identità di Pasta 2025

Cristina Bowerman mentre presenta le sue due versioni di Carbonara to go durante Identità di Pasta 2025

Cristina Bowerman sale ancora una volta sul palco del congresso e lo fa sempre con l’entusiasmo della prima volta. Nel 2022 la sua Carbonara to go a Identità di Pasta aveva fatto parlare, ispirata in quel caso, ci rivela, da un’altra versione della celebre ricetta, fatta da chef Scabin. Quest’anno ce la presenta in due versioni con spunti creativi e di riflessione. Partendo da una domanda fondamentale: come innovare ancora una volta la carbonara senza intaccare la sua solida tradizione? «I convegni come Identità Milano devono essere provocatori, si deve fare qualcosa che ancora non si fa. Ed è con questo principio che porto una Carbonara to go del 2025 e una per il 2035», così si presenta Cristina sul palco. Nel presente abbiamo un Sandwich di carbonara. «Noi sappiamo che l’incollamento della pasta può arrivare con il rilascio dell’amido, ma non volendola scuocere si aggiunge un amido esterno per raggiungere l’obbiettivo. Cuociamo la pasta la arrotoliamo e formiamo una sorta di disco di spaghetti. Dischi passati poi in padella per creare un effetto bruciato, che ricordi quasi uno spaghetto all’assassina. A questo punto tra un disco e l’altro aggiungiamo la nostra crema di carbonara». La bravura in questo caso della Bowerman si mostra nel suo gioco di consistenze divertenti, rimanendo molto identitaria nei sapori proposti, per non allontanarsi troppo dalla tradizione tanto cara a noi italiani. Per presentare la Carbonara del 2035 la chef di Glass Hostaria si è lasciata ispirare da ciò che, a suo avviso, è sempre più presente in molti scaffali della grande distribuzione. In particolar modo tra i giovani si cucina poco e male o si fa ricorso spesso alla cosiddetta cucina istantanea. Cristina si è voluta immaginare un suo kit di carbonara pronto in pochi minuti, per avere una delle ricette più classiche con ingredienti giusti e di estrema qualità. «Ho deciso di lavorare con i Pacòte di Monograno Felicetti perché mi hanno dato i risultati migliori per questo mio esperimento». Tutto passa attraverso il processo di disidratazione. La pasta, dunque, viene cotta in precedenza seguendo le istruzioni di cottura standard e in seguito viene disidratata in forno. Questo passaggio la porta poi, nel momento della cottura futura, ad essere pronta in pochissimi minuti. Seguendo più o meno lo stesso concetto, pecorino, guanciale, uova e pepe, sono scelti con attenzione maniacale e lavorati in modo che le qualità organolettiche rimangano intatte. Una Carbonara 2035 che è, si una provocazione per certi versi, ma qualcosa da valutare con attenzione. «Questa è la direzione che dobbiamo considerare, visto che a volte non si possono fermare certe tendenze. Non voglio pensare che il futuro sia solo dei kit pronti in cinque minuti, ma spero nel 2035 di avere un piatto di ingredienti buoni pronti in pochi minuti sapendo ciò che si sta mangiando», conclude Cristina Bowerman.

 

SALVATORE BIANCO - Eden, Roma

Salvatore Bianco e Francesca Romana Barberini

Salvatore BiancoFrancesca Romana Barberini

Salvatore Bianco, chef all’Hotel Eden di Roma, è uno di quelli che aggiunge sempre un pezzettino di cuore in ogni creazione, ma soprattutto una parte del suo amato territorio campano. E anche quest’anno non si è smentito. Nel primo piatto proposto ha pensato di partire dalla materia prima assoluta della pasta: il grano. Ci ha raccontato la sua idea di Pastina al pomodoro, in cui l’altro protagonista ovviamente, è il frutto rosso; più precisamente un datterino caramella che è andato ad utilizzare in tutte le sue forme, dal brodo ricavato, alla conserva. Un piatto che aveva come obbiettivo quello di farci arrivare un messaggio: «L’innovazione passa sia per l’intelligenza che per la tecnologia. La tecnica deve essere uno strumento per poter portare un sapore che ricordi la tradizione ma che faccia percepire l’evoluzione». Restando in tema, il secondo piatto, il Mangia Maccheroni, ci svela un’evoluzione del passato. Partiamo dell’innovazione dello spaghetto, una volta di mare quello presentato da Salvatore, oggi di terra. «Tra il ‘600 e il ‘700 Napoli subisce dei cambiamenti forti dal punto di vista gastronomico. Si passa dal mangia foglia al mangia maccheroni, con l’arrivo del grano e le sue prime lavorazioni. Ispirandosi proprio al mestiere del mangia maccheroni nasce l’idea», racconta lo chef. Un piatto che parla di territorio, di terra e di territorialità. «Siamo partiti da una serie di ingredienti che potevano rappresentare la Campania: orzo, caffè, ghiande e tabacco. Ghiande e orzo hanno sostituito il caffè dalle nostre parti per molti anni. Poi è tornato il caffè e ovviamente rappresenta molto la napoletanità. Il tabacco, anche esso prodotto in grandi quantità, va a completare la quaterna di elementi». Quattro ingredienti che insieme danno una forte sensazione di bosco. Spaghetto che viene cotto dunque, in un brodo assoluto di orzo, caffè e tabacco. Sulla base del piatto, per concludere, latte di bufala. Infuso in precedenza con erbe medicali e fieno che, in maniera naturale, regalano un’intensità azotata e solfurea a ricordare il tartufo. «Da qui un altro concetto molto napoletano del “c’è ma non c’è”, abbiamo creato uno spaghetto con forti sensori di tartufo senza che il tartufo ci sia veramente», conclude lo chef.

 

KARIME LOPEZ e TAKAHIKO KONDO - Gucci Osteria da Massimo Bottura, Firenze

Karime Lopez e Takahiko Kondo mentre preparano la loro Non dire Cassate

Karime Lopez e Takahiko Kondo mentre preparano la loro Non dire Cassate

Per Karime Lopez e Takahiko Kondo la pasta può essere esempio di profonda unione di più culture. «Noi sappiamo che il paese di riferimento per la pasta è l’Italia, ma io da messicana e Taka da giapponese, possiamo affermare con certezza che sia in Messico che in Giappone si mangia normalmente. Ovviamente in modi diversi, ma è un piatto di casa anche per noi», questo l’inizio del racconto di Karime Lopez per introdurre i due piatti proposti a Identità di Pasta 2025. Come non iniziare da Non dire cassate, il piatto, già diventato iconico, di Gucci Osteria, sempre disponibile in carta a Firenze. Karime sottolinea come la tradizione italiana per loro, ogni anno che passa, diventi sempre più tradizione personale, rispetto ad un italiano però, riescono a guardarla con più divertimento. Anche da questo nacque alcuni anni fa questo spaghetto iconico. Servito tiepido con pistacchio, crema di mandorle e gamberi rossi. Un riferimento come si può intuire alla cassata siciliana. Takahiko ci racconta quanto ami la Sicilia ma quanto poco ami il dolce rispetto al salato, da qui la volontà di ricreare qualcosa che ricordasse la Sicilia ma che si avvicinasse più ai suoi gusti. Il secondo piatto ci porta invece totalmente nella tradizione giapponese della pasta, grazie al ramen. Kamo 3 è il nome del ramen di anatra di Karime e Taka. Allo chef Kondo, da buon giapponese mancano tanto i brodi caldi tipici della sua terra, dal canto suo invece Karime sente la mancanza dell’anatra, un prodotto, in determinati periodi in Messico, molto comune. «La pasta fresca fatta con la semola tostata che utilizziamo ci ricorda un po’ il cornicione della pizza, un po’ la crosta del pane. Io da straniera quando ritorno in Italia sento proprio tanto l'odore di pane appena sfornato e con questo ramen volevamo creare un ponte culturale», conclude la chef messicana.

 

DAVIDE DI FABIO - Dalla Gioconda, Gabicce Monte - Pesaro-Urbino

Davide Di Fabio sul palco di Identità di Pasta 2025

Davide Di Fabio sul palco di Identità di Pasta 2025

È Davide Di Fabio a chiudere i lavori di Identità di Pasta 2025; un vero veterano del congresso, uno che le venti edizioni se l’è fatte proprio tutte. Il primo piatto che ha deciso di portare è un’evoluzione di una sua stessa evoluzione: le Virtù Teramane. Un piatto storico della città di Teramo, da tradizione preparato il 1° maggio con tutto ciò che restava di legumi e di verdure della stagione precedente. Una sorta di zuppa di buon auspicio per ciò che stava arrivando dopo l’inverno. Davide già in passato aveva reso omaggio a questa ricetta, aggiungendo la pasta al piatto tradizionale. Nella versione 2025 i tipi di pasta diventano 7, grazie all’ausilio della pasta mista, prodotta da Monograno Felicietti proprio dall’anno scorso; insieme ad essa, a concludere la zuppa in preparazione, si prevede l’uso di 7 pesci e 7 salse. Anche in questo caso il numero che si ripete non è casuale ma legato fortemente alla tradizione. «Nel mio ristorante ci tengo che questo piatto venga portato al tavolo sempre in una zuppiera, per un ritorno al godere il cibo come nelle case delle virtù teramane», racconta chef Di Fabio. Nella seconda proposta andiamo verso qualcosa che va in antitesi con la tradizione espressa nel primo piatto. Lo chef di Dalla Gioconda ha infatti ideato una Rotella di spaghetti alla liquirizia. Un piatto che conclude il menu degustazione nel suo ristorante. Spaghettini che vengono cotti per otto minuti, poi messi a freddare grazie anche all’aiuto del ghiaccio, in un passaggio fondamentale per ricreare la sensazione di gommosità di una rotella vera e propria. In bocca la sensazione è netta, la consistenza quella originale e il rilascio è quello di un piacevole sapore di liquirizia. Ci pensa la chiosa finale di Davide Di Fabio a riassumere bene gli interventi di tutta la giornata dedicata alla pasta: «Il futuro è oggi ma per parlare del futuro si deve conoscere il passato. È sempre più difficile trovare strade nuove perché sembra che tutto sia stato detto e sia stato fatto».


IG2025: Identità Future

Identità Future, 20 anni di nuove idee in cucina.

Norma Judith Pagiotti

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Norma Judith Pagiotti

Giornalista pubblicista a cui piace raccontare cibo e viaggi come parte fondamentale della vita. Collabora con diverse testate nel mondo enogastronomico e culturale e lavora nella comunicazione digitale di aziende del settore. Laureata in Lettere moderne e immersa nei racconti e nei libri da sempre. Un'apprendista sommelier italo-messicana con la voglia di imparare sempre qualcosa di nuovo

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