Giancarlo Perbellini sale per la prima volta sul palco di Identità Golose da tristellato, nell’ultimo intervento domenicale del main stage. Sollecitato da Paolo Marchi, che guida il suo intervento, confessa che tra gioia o responsabilità prevale il frastornamento, “sto ancora cercando il bandolo della matassa”. Tutto è avvenuto molto rapidamente per lo chef veronese che è letteralmente rinato a sessant’anni, quando ha spostato la sua insegna, Casa Perbellini, in un ristorante iconico della sua città, I Dodici Apostoli. Sembra un secolo, è passato meno di un anno e mezzo. Una cosa che gli ha dato “tanta energia, quello era il mio ristorante, mio e di tutti i veronesi, dentro c’è una storia, gastronomica ma anche fatta di teste pensanti. Basti dire che è stato il primo ristorante italiano a prendere le due stelle Michelin nel 1969”. Perbellini ha l’aria di uno che ha trovato la sua casa dove era sempre stata ma dove lui non poteva sperare che fosse, un luogo classico e ricco di racconti, a partire dalla strana abitudine di conservare ed esporre le penne lasciate dai clienti più celebri, che siano delle pregiate stilografiche o delle normali biro. Un modo per scrivere la storia di un posto e in fondo dell’Italia contemporanea.
Reso omaggio ai suoi collaboratori, e in particolare “ai quattro ragazzi della vecchia brigata con cui ho fatto il trasloco ai Dodici Apostoli e con i quali si è creato questo rapporto, questo gruppo che assaggia, propone, mi aiuta” (tra essi naturalmente c’è Federico Sarzi Amadè, il sous chef), è il tempo di cucinare. Perbellini porta, con una scelta piuttosto sorprendente, due insalate, piatto questo che ha sostituito lo storico Wafer come primo atto della cena.
La prima è una Insalata di tonno che cita un piatto che si prepara d’estate in tutte le famiglie ma che viene trasportato in territori inconsueti. “Abbiamo fatto una lista di tutti i modi in cui viene fatta e abbiamo deciso di proporla in forma di zuppa”, dice lo chef veronese. Che spiega di aver utilizzato un’insalata romana e di aver preparato un fumetto con una riduzione di vino e scalogno e di aver fatto una salsa Bercy con un olio di vinaccioli al posto del burro. Nel piatto compaiono anche un’emulsione di olive taggiasche, una sorta di maionese ottenuta emulsionando la gelatina con l’olio di vinaccioli (è la base del piatto, viene stesa grazie a una sac-à-poche sul fondo del piatto su uno stampino che riproduce una sorta di nido d’ape), un brodo di manzo e pomodoro chiarificato, un caramello di acqua di pomodoro, del sedano. Già, e il tonno? E’ presente sotto forma di katsuobushi, filetti di tonno essiccati e affumicati. Il piatto è completato con dei fiori e del basilico. Applausi.
La seconda insalata compare già nel menu del ristorante veronese ed è un omaggio a Maria Callas, uno dei personaggi che era di casa nella precedente vita dei Dodici Apostoli, quando era condotto dall’indimenticato Giorgio Gioco e quando la soprano di origine greca lavorava all’Arena e abitava a duecento metri dal ristorante. Per ispirarsi alla Callas Perbellini è partito dalla sua personalità. “Era indubbiamente acida ma aveva grande personalità. E poi già da allora lei a tavola non amava gli sprechi”. Ecco quindi che Perbellini pare da uno zabaione preparato il giorno precedente, con brodo vegetale, tuorlo d’uovo e parmigiano, che viene poi a inserito al centro di un cespo di insalata romana baby svuotato al centro e poi ricoperto da carciofi lavorati in due modi differenti: marinati e conditi con una julienne di menta e fondenti perché stracotti in un brodo di pollo, ciò che dà vita a due differenti consistenze. Il piatto viene completato da una grattugiata di feta congelata, chiaro omaggio alle origini greche della cantante. Il piatto viene completato da guarnizioni di basilico e fiori eduli e completato davanti al cliente con una “sifonata” di zabaione.
Non vi è venuta improvvisamente voglia di un’insalata anche se non siete a dieta?