«Abbiamo disobbedito ai canoni degli anni ’70 che volevano la Val di Fiemme un luogo strettamente turistico e i nostri genitori si sono rifiutati di abbattere il vecchio pastificio di famiglia per far costruire residence e case vacanze». Riccardo Felicetti, amministratore delegato dell’omonimo pastificio, dal palco della Sala blu racconta così il suo rapporto con il tema di Identità Milano 2024: «Ci siamo impegnati noi cugini della quarta generazione a fare un lavoro più difficile e più innovativo cercando grani italiani quando ancora nemmeno chi li produceva ne conosceva il valore. Lavorando in biologico siamo entrati in collaborazione con gli agricoltori e abbiamo messo la tecnologia al servizio di una materia prima che deve necessariamente essere la base di tutto». È il racconto della disobbedienza che apre la giornata dedicata al prodotto italiano più famoso nel mondo: Identità di pasta, quindicesima edizione, introdotta da Niccolò Vecchia e condotta da Eleonora Cozzella.

Riccardo Felicetti, Davide Di Fabio e Niccolò Vecchia

Le Virtù Teramane di Davide Di Fabio
Davide Di Fabio
«
Le virtù è una ricetta storica di recupero che si prepara nel teramano il primo di maggio». La disobbedienza di
Davide Di Fabio, chef e titolare del ristorante
Dalla Gioconda di Gabicce Monte, parte dalla memoria. «La tradizione di terra vuole che vengano utilizzati sette tipi di pasta, sette tipi di legumi freschi, sette tipi di carne. Mentre sul mare il piatto di recupero per antonomasia è il brodetto fatto con tutti i pesci che non erano stati venduti». Di Fabio cuoce la pasta prima in acqua e sale poi in un brodetto filtrato e ridotto fatto con piccoli pesci (piccoli scorfani, tracine, mazzole, piccole razze) e un crostaceo. «Andiamo a mantecare quindi con una crema di legumi, olio d’oliva e bucce di limone». Alla base del piatto lo chef sistema 7 tipi di pesce crudo, in questo caso cefalo, gambero rosa, gobbetto, ricciola, scampo, seppie, mazzancolle, che daranno sensazioni diverse alla masticazione e al cambio di temperatura e aggiunge una serie di salse che richiamano gli ingredienti del brodetto: aglio dolce, prezzemolo, pomodoro: «Infine completo con un mix di colori che sono una cozza, una vongola, una canocchia, il nero di seppia». Altri virtuosismi tecnici, variazioni sul tema pasta, eseguiti da Davide Di Fabio sul palco sono stati
Paccheri alla suzette,
Spaghettone scotto con panna acida, macis, limone e parmigiano,
Cappelletti di olive amare con burro all’arancia e ricci di mare,
Tagliolini al caviale, porcini e pino mugo e
Ravioli di crema pasticciera con sale, cannella e rosolio.

Vladimiro Poma e Cesare Battisti

Insalata di pasta di Battisti/Poma
Cesare Battisti
«La disobbedienza in cucina c’è sempre stata, altrimenti oggi mangeremmo cose che si mangiavano cento anni fa».
Cesare Battisti, chef e titolare del ristorante
Ratanà e di
Silvano – Vini e cibi al banco a Milano, sul palco con il suo braccio destro
Vladimiro Poma, non si scompone davanti al tema ribelle, anzi rilancia: «La pasta mista si fa sempre in brodo, invece noi vogliamo dare all’ospite il divertimento di mangiarla come una pasta asciutta». Si cuoce in un centrifugato di barbabietole, alla base del piatto una purea di cannellini cotti con uno spicchio d’aglio, una foglia di alloro e cuore di sedano; a completare, uova di luccio affumicate e rafano cren.
Il secondo piatto presentato dal duo Battisti-Poma è un’altra rivoluzione. Poma spiega: «La pasta fredda si mangia in tutti i posti del mondo, specialmente in Asia, e abbiamo capito che il fil rouge di queste ricette era l’acido, il sapido, il dolce e lo speziato. Così abbiamo voluto creare un piatto con questa logica ma con ingredienti mediterranei». Un’insalata di pasta fresca: tagliatelle cotte normalmente in acqua poi raffreddate in acqua e ghiaccio, condite con una melassa di acqua di pomodoro ridotta con miele e poco succo di limone e un ultimo ingrediente: «Una sorta di
ajoblanco di cui ci interessava solo la parte grassa, speziata, profumata per rendere il patto armonico». Il piatto si compone così di una crema di mandorle e aglio, tagliatelle fredde condite con melassa di pomodoro e un battuto di zenzero, cipollotto e peperoncino.

Alessandro Gilmozzi ed Eleonora Cozzella, presentatrice di Identità di Pasta dalla prima edizione

La pasta mista di Alessandro Gilmozzi
Alessandro Gilmozzi
Presidente dell’associazione
Ambasciatori del Gusto,
Alessandro Gilmozzi è chef e titolare del ristorante
El Molin di Cavalese. Dal palco con il suo sous-chef
Antonino Margagliotta, presenta una doppia disobbedienza: un
Mochi che inganna due tradizioni, italiana e giapponese, poiché fatto di pasta e non di riso glutinoso. «Abbiamo lavorato sugli amidi – spiega il cuoco classe 1965 – stracuocendo la pasta e frullandola. Una volta raffreddata, l’abbiamo riportata a 100°C per farla diventare quasi come un collagene». Si procede poi ad aromatizzare la pasta con un composto frullato di acqua e pinoli di cirmolo e si aggiunge una parte di marzapane. L’impasto viene messo in stampi con confettura di albicocche e viene ricoperto da altro impasto. Dopo aver abbattuto per pochi minuti, la sfera viene modellata con le mani e servita. La seconda proposta dello chef
Gilmozzi è la
Pasta mista con un assoluto di funghi, olivello spinoso, verbena di montagna e trombette dei morti fritte: «Utilizzeremo una pasta mista di sei formati diversi di grano
Matt, tenace e molto profumato, proveniente dalla Puglia, che cuoceremo in un brodo di funghi e abbineremo ai prodotti di montagna». I funghi sono morchelle, finferli, trombette dei morti, porcini; il brodo viene concentrato in una pentola
ocoo per quattro ore in estrazione poi filtrato. L’olivello spinoso, passato in azoto, spremuto in estrattore, e mescolato con olio e xantana, diventa un caviale e darà una nota acidula. Il piatto si completa con trombette dei morti reidratate e fritte.

Assaggi sempre apprezzatissimi nelle sale blu