Siamo diventati maggiorenni, ma siamo giovani e freschi più di prima. Perché il bilancio finale dell'edizione numero 18 di Identità Milano, la nostra tre giorni congressuale che ha chiuso i battenti poco meno di una settimana fa, è un concentrato di energia ed entusiasmo: numeri lusinghieri, sorrisi a 32 denti, iniezioni di adrenalina per proseguire sul percorso tracciato, che è quello giusto. «Non era semplice. E non era certo - spiega Paolo Marchi, curatore della kermesse e suo fondatore con Claudio Ceroni - Venivamo da due edizioni un po' in tono minore, per i noti motivi indipendenti della nostra volontà. E soprattutto - quasi nessuno se n'è reso conto, noi per primi - erano ormai quasi quattro anni da quel 23-25 marzo 2019 in cui eravamo riusciti a organizzare l'ultima Identità "normale", era la numero 15. Da allora il mondo non è cambiato, di più, tra pandemia, guerra e problemi di ogni tipo... Viviamo in un altro decennio, son differenti gli orizzonti, i sentimenti, il quadro economico e sociale è stato stravolto. Si stagliava dunque un grande punto interrogativo: la gente sarebbe stata sempre interessata ai nostri temi o, modificando approccio, avrebbe preferito qualcosa di più semplice, leggero, spensierato? Sarebbe stata attenta come un tempo ai contenuti concreti che noi proponiamo da sempre? La risposta è stata: sì».
«È merito tuo, Paolo», interviene Ceroni. Che spiega: «La diciottesima edizione di Identità Milano, oltre che rivoluzionaria già dal tema, è stata anche in qualche modo storica, perché ha segnato non solamente il ritorno dei grandi numeri - per quanto concerne quelli dei congressisti, dei relatori italiani e internazionali, delle aziende espositrici - ma anche di una straordinaria voglia di affrontare i temi legati al cambiamento del settore a livello mondiale. Il programma presentato da Paolo Marchi era una sfida, appariva davvero coraggioso, perché proponeva alla grande platea dell'Auditorium numerosi talk con personaggi prestigiosi chiamati a esprimersi su questioni interessantissime ma anche complesse, che richiedono attenzione per essere capite. Insomma: era un programma ambizioso e non scontato. Che ha incontrato pieno successo».

Claudio Ceroni e Paolo Marchi sul palco di Identità Milano 2023
Ceroni sottolinea poi un'altra strategia vincente, che potremmo riassumere così: far diventare
Identità Milano, oltre che l'appuntamento che tutti già conosciamo, anche una "casa" per ulteriori momenti, eventi nell'evento integrati nel programma generale. «È stata una nostra scelta precisa che manterremo anche in futuro: fare asse con altri, creare una sorta di sistema per il quale il congresso diventa il punto di riferimento di situazioni contigue». Gli esempi sono tanti: «Abbiamo ulteriormente sviluppato
Identità Cocktail, che sta diventando sempre più un cartellone a sé, con i nomi più importanti della mixology italiana e internazionale. Abbiamo ospitato la finale italiana della
S.Pellegrino Young Chef Academy, il che ha richiesto un enorme sforzo organizzativo ma ha consentito di concentrare ulteriormente l'attenzione su entrambe le kermesse. E poi penso a
Golosi di Identità, nel nuovo
Spazio Arena e con la collaborazione di
Fondazione Cotarella: ci ha consentito per la prima volta di porre la giusta attenzione su tematiche diverse, come quelle del benessere e dei disturbi alimentari». Osservazione, quest'ultima, condivisa da
Paolo Marchi: «Si è sempre detto - anche
Carlo Petrini già al tempo di
Arci Gola si batteva contro questo pregiudizio - che chi si occupa di enogastronomia è sostanzialmente un crapulone intento a stare a tavola per mangiare, bere e far tardi, invece di pensare ai problemi del mondo. Ecco: mi è piaciuto il perfetto inserimento di un momento differente a
Identità Milano, quello che nello
Spazio Arena ha portato all'attenzione della platea i problemi legati alle fragilità, ai disturbi alimentari. E l'
Arena in sé è stata un'ottima idea: uno spazio aperto al congresso, libero, per parlare di tante cose».
Ma di
Identità Milano "classica", le lezioni di chef e gastronomi per capirci, cosa è piaciuto di più?
Ceroni: «Troppi momenti per poterne isolare solo alcuni. Rispondo allora: l'aver incontrato di nuovo un entusiasmo eccezionale, sia da parte di chi è salito sui palcoscenici - mi vengono in mente ospiti come
Alex Atala,
Albert Adrià,
Leonor Espinosa,
Brian McGinn di
Chef's Table, per citare solo alcuni stranieri - sia tra il pubblico, nei corridoi, tra gli stand».
Marchi assente: «Mi è molto piaciuto vedere quante cose hanno portato i vari espositori. Mi spiego: noi affidiamo loro uno spazio, sta poi all'iniziativa dei singoli decidere come "sfruttarlo", come arricchirlo. Ebbene: hanno organizzato momenti bellissimi e di grande pregio. È un'altra dimostrazione della voglia che c'era e che noi abbiamo saputo captare e canalizzare. Penso ad esempio al successo e alla crescita degli spazi dedicati al vino, che si sono davvero fatti notare».

Andoni Luis Aduriz a Identità Milano 2023
Ma come lezioni vere e proprie?
Marchi: «Mi è piaciuto molto il ritorno di
Andoni Luis Aduriz, che era tra i magnifici 18 della prima edizione, nel 2005, a Palazzo Mezzanotte. È stato esemplare, di grandissima profondità. Ha scherzato: "Da allora sono passati 18 anni e 18 chili". Ma ha dimostrato di avere una testa sempre lucidissima (
leggi qui). Spesso siamo avvezzi a considerare molto l'exploit del momento, la perla imprevista sulla quale si puntano tutti i riflettori. Ma i fuoriclasse sono quelli che, oltre alla fiammata, riescono a mantenere qualità e creatività nel tempo...
Alberto Tomba, per dire, riuscì a vincere almeno una gara di Coppa del Mondo per dieci anni consecutivi, neanche
Ingemar Stenmark arrivò a tanto: questo significa essere un grandissimo campione. Ecco:
Aduriz lo è. E ci ha fatto onore l'averlo annoverato tra i nostri relatori, al pari di
Harold McGee, un intellettuale, un luminare che ci s'immagina tutto concentrato sui suoi studi. Invece s'è goduto la tre giorni congressuale, ha seguito le lezioni, è venuto soddisfatto alle cene che abbiamo organizzato a
Identità Golose Milano, è persino andato a trovare gli
Alajmo a
Le Calandre...». Energia, energia, energia. «E, a proposito di energia: che dire di quella che ha sprigionato
Faith Willinger?! Che dire della vivacità dello stand della Regione Calabria? O di un
Franco Pepe che s'è inventato
Dolce Sbaglio», variante sweet di una pizza ormai entrata nelle antologie, la
Margherita Sbagliata? «Mi ha impressionato (
leggi qui,
ndr). E voglio ricordare anche
Antonio Chiodi Latini: è la dimostrazione che, anche se hai la barba bianca, puoi saper essere nuovo, nuovissimo, puoi aver una freschezza d'idee che tanti giovani possono solo invidiare».
Riflessione finale: «La rivoluzione siamo noi, è dentro di noi. È non accontentarsi, è non voltarsi dall'altra parte. Abbiamo notato anche una grande risposta dei mass media, della stampa, che ha finalmente superato certe divisioni e gelosie tipiche di noi italiani. Ritengo che il nostro entusiasmo sia stato contagioso. La prova? In tanti già mi chiedono di partecipare alla prossima edizione, da sabato 9 a lunedì 11 marzo 2024 (no, il tema non l'ho ancora deciso). Ecco, mi vien da osservare: quando finisce un evento, se è andato male ci si dice addio, se è andato bene ci si dice arrivederci. Ebbene, abbiamo ricevuto solo tanti tanti arrivederci».