Proprio quest’anno il congresso di Identità Milano giunge alla sua maggiore età. Così ci siamo guardati indietro accorgendoci che tra i tanti temi accolti e trattati come parti integranti della galassia “cibo di qualità e innovazione”, il gelato si è senz’altro aperto una strada a sé stante. Finalmente destagionalizzato, autonomo e trasversale, libero dalla schiavitù del dessert grazie al lavoro di gelatieri e cuochi visionari.
E poiché questa rivoluzione del cresceva costantemente sotto ai nostri occhi, tre anni fa a Senigallia nasceva Identità di Gelato, appuntamento dedicato all’universo del sottozero e alle sue contaminazioni con il mondo dell’alta cucina, del vino, della mixology… Ma il gelato si conferma un tema imprescindibile anche qui a Identità Milano, attraverso tre stili diversissimi di pensarlo e proporlo.
Paolo Brunelli: rivoluzione Slowcool
Arriva in silenzio
Paolo Brunelli, appoggiando un cono gelato al gusto lampone su un piccolo stand di metallo, oggetto che alla fine del suo racconto ci sembrerà preistoria. A spingere l’inquieto ed eclettico gelatiere marchigiano passioni che spesso vengono da altri mondi. Così, questa volta, il protagonista del suo intervento è un oggetto di food design.
Brunelli racconta: «Tempo fa riflettevo sul vino - altra sua fissazione - e sulla possibilità di degustarlo liberamente senza limiti di tempo, assaggiando un calice, poi un altro, poi un altro ancora per poi tornare indietro al primo. Questo non è possibile con il gelato».
Le mantecature infatti pongono varie difficoltà sulla alla temperatura di servizio (che è intorno ai -12 gradi), specialmente se si tratta di una degustazione articolata in più assaggi. «Per assaggiare tre gusti dobbiamo andare di fretta ed è un percorso a senso unico - spiega
Brunelli -, cominci dal primo assaggio ma quando sei arrivato all’ultimo il primo gusto si è sciolto». Detto fatto, da necessità nasce virtù.
Brunelli si è messo a studiare, insieme a
Riccardo Diotallevi, architetto e designer, già sua spalla in passate avventure di food design e insieme hanno lavorato alla progettazione dello
Slowcool, un tris di ciotoline per il gelato in un unico supporto che mantiene il tutto ad una temperatura ottimale costante.
Oggi ne vediamo il prototipo appena nato, che accoglie al suo interno un’altra sfida del gelatiere: tre sorbetti al lampone, frutto di un lavoro di ricerca - grazie alla tecnologia della macchina
Roboqbo - che ha come obiettivo la diminuzione progressiva degli zuccheri aggiunti nelle mantecature, la prima con 30%, la seconda con il 15% e la terza totalmente priva di zuccheri aggiunti. Accanto allo
Slowcool brunelliano, il gelato al lampone sullo stand di metallo è già una macchia liquida color rosa scuro sciolta sul bancone.
Stefano Guizzetti: le radici del gelato
Anche
Stefano Guizzetti ha portato la sua rivoluzione nel mondo del gelato, quando nel 2013, all’apertura del primo
Ciacco a Parma - a cui è seguito un altro punto vendita in città e uno a Milano - le sue mantecature erano frutto di un bilanciamento completamente nuovo e per le quali ha cominciato subito a esplorare a 360° il mondo della cucina, del vino e della natura in senso più ampio per la scelta dai suoi ingredienti. Con la stessa curiosità è nato “Le radici del gelato”, che attraverso le sue mantecature ama spingere l’interlocutore a pensare e ripensare al concetto di bontà di un gusto, spingendolo fuori dalle più rassicuranti zone di confort.

Stefano Guizzetti sul palco con Silvia Cittadini, che ha moderato Identità di Gelato
Questa volta lui guarda alla terra non solo come luogo che ospita frutta, ortaggi e piante del mondo vegetale, ma come componente a sé, terroir con le sue peculiarità caratterizzanti. Analizzando e distillando vari campioni di terra raccolti da più parti della Penisola - dall’Etna alla terra di
Josko Gravner -,
Guizzetti ha scoperto che ciò che determina delle ricadute gustative non era la terra in sé, quanto la presenza della parte organica, ovvero ciò che nasce e muore rimescolandosi ciclicamente alla terra sotto forma di foglie, rami e cortecce.
«Dalla terra viva e ricca di materia organica ho realizzato il distillato per questo gelato, che ho voluto accompagnare alla pera cotta alla brace con un whisky torbato (ancora un rimando alla terra con note di legno e fuoco, ndr) e ceci nella forma di un pan di spagna, da pasteggiare con un tè cinese rifermentato». Provocazione intelligente e non fine a se stessa, questo gelato è una porta aperta sulla memoria olfattiva oltre che gustativa, che porta il pubblico in una passeggiata nel sottobosco.
Paolo Griffa: gelata nell’orto di montagna
Paolo Griffa chiude questo appuntamento sul gelato portando con sé ancora un altro approccio, aprendo la strada ad un altro viaggio sensoriale. Classe 1991,
Paolo è uno chef tecnicamente preparatissimo e dalla carriera già navigata con incursioni in cucine importanti sia in italia che all’estero. Dopo i 5 anni da chef al
Grand Hotel Royal di Courmayeur, arriva nel 2022 una grande sfida: guidare il
Caffè Nazionale di Aosta, luogo pieno di storia e personalità recuperato dall’oblio con lavori importanti, per dar vita a un locale che è ristorante di alta cucina, pasticceria e caffetteria ai massimi livelli.
Lui si sente un po’ adottato dalla Vallée, ama sperimentare con i prodotti di queste montagne, dai vegetali alla selvaggina, impara dai ritmi della natura, pur dovendo constatare l’impatto dei cambiamenti climatici e il rialzo delle temperature, che non giova alle piante dell’orto. Proprio dall’orto invernale nasce
La gelata dell’orto di montagna, una tartare di cervo, barbabietola, cavoletti di Bruxelles, disgelo di cavolo rapa e salsa di cavolo viola e senape. «Tutti i prodotti dell’orto invernale - svela
Paolo - hanno bisogno delle gelate invernali, che agiscono rompendo le loro fibre rendendole tenere, e anche sulla dolcezza, eliminandone la parte amara. Le gelate rappresentano un elemento caratterizzante e fondamentale dell’orto invernale».

La gelata dell’orto di montagna
Per rappresentare quella gelata che scende sulle verdure invernali, sulla battuta di cervo
Paolo Griffa ha usato le sottili scaglie della kakigori, una granita che viene dal Giappone. «Ho conosciuto questa granita sottilissima, tagliata con una lama speciale che produce sfoglie che si sciolgono in bocca, in uno dei miei viaggi - racconta
Griffa - e ho portato con me questa macchina taglia ghiaccio al mio ritorno». In effetti, quelle che assaggeremo sono delle sfoglie sofficissime che ricordano i fiocchi di neve. «Al posto del ghiaccio però abbiamo affettato un cavolo rapa congelato, che sciogliendosi in bocca sprigiona tutta la dolcezza delle brassicacee dopo la gelata invernale».
Veloce, estivo e da passeggio? Acqua passata; il gelato si è già ribellato.