Quaranta piatti che in Italia hanno fatto la rivoluzione e la storia. E se quaranta vi sembrano tanti buon per voi. Noi della redazione di Identità Web abbiamo passato una settimana abbondante a proporre, scegliere, bocciare, sostituire, recuperare, scartare di nuovo, il tutto seguendo un’unica regola: uno chef, una ricetta. E nonostante questo, quaranta sono davvero pochi in un Paese buono e mentalmente brillante come il nostro, pur se in cucina trionfa più la tradizione della novità, centinaia di consuetudini locali, anche regionali, più difficilmente nazionali. Più si allarga il campo, più i dettagli sfumano.
E, visto il tema di Identità 2023,
Signore e signori, la Rivoluzione è servita, non abbiamo tenuto in considerazione i piatti della storia anche quando eseguite magistralmente. In tal senso ci è stato d’aiuto
Ferran Adrià che al debutto assoluto, 23/25 gennaio 2005, sul palco di Palazzo Mezzanotte, disse una cosa molto bella: «Grazie Paolo, perché siamo qui a parlare di futuro». Per la storia ci sono i musei.

La Margherita gastronomica di Simone Padoan
Abbiamo anche messo da parte i venti, trentenni di oggi. Non che non ve ne siano di esplosivi, penso a
Richard Abou Zaki e
Davide Guidara,
Gianluca Gorini e
Maicol Izzo, ma le loro proposte non hanno ancora conosciuto il passare del tempo. Le loro creazioni saranno popolari e “nuove” anche tra un paio di decenni? Oggi non possiamo saperlo. In questo servizio non abbiamo così inserito chi, giovane, è già sulla cresta dell’onda da alcuni anni, stella compresa. Bensì chi ha un robusto passato alle spalle, a chi viene applaudito da diversi lustri, genio, regolarità e costanza.

La Cassata siciliana di Corrado Assenza
Quaranta maestri, tre ricette dolci: i Bignè fritti e caramellati del Trigabolo di Argenta (Ferrara), chef
Igles Corelli, pasticciere
Mauro Gualandi; la Cassata siciliana secondo
Corrado Assenza e
Andrea Tortora, classe 1986, capace di ripensare colomba e pandoro in chiave futura creando il
Panduovo. E questo elenco non può iniziare se non con
Gualtiero Marchesi e il suo celeberrimo Raviolo aperto, fazzoletti quadrati di pasta ripiena di mare, una bontà assoluta che nel 2022 ha compiuto quarant’anni.

Piccione cotto in crosta, con fagioli cannellini all’uccelletto e salsa di fegatini, Annie Feolde e Riccardo Monco
Marchesi rappresenta un caso quasi unico, perché la sua rivoluzione, legata al locale in Bonvesin de la Riva a Milano, inizia all’età di 48 anni, fine anni Ottanta, lui nato nel 1930. E’ in pratica l’eccezione che conferma la regola che vuole i cuochi creativi esprimere in pieno il loro genio creativo tra i trenta e i trentacinque anni, qualche anno prima, qualche dopo. Rischiano, come in fondo è ovvio che sia, e dentro di loro già sanno che se avranno successo, sempre più successo, inizieranno a gestirlo rischiando sempre meno. Succede in tanti campi della vita. Da ventenni si è facilmente incoscienti, alla lunga sempre più calcolatori.

I Susci italiani di Moreno Cedroni
Ognuna delle tre giornate congressuali si è aperta in auditorium con le foto dei piatti scelti, preceduti da uno scatto che si porta indietro nel tempo fino alla seconda edizione, dal 30 gennaio al 1° febbraio 2006 a Palazzo Mozzanotte, edizione chiusa con una foto ricordo che lega sei giovani protagonisti di allora e di oggi:
Moreno Cedroni,
Davide Scabin,
Massimo Bottura,
Mauro Uliassi,
Carlo Cracco e
Pietro Leemann (foto in alto). Peccato che
Massimiliano Alajmo avesse già lasciato Milano.

Le Alici nel paese delle meraviglie di Philippe Léveillé
Quindi i quaranta
Capolavori italiani in cucina:
Raviolo aperto, Gualtiero Marchesi;
Spaghetti alla lampada, Angelo Paracucchi;
Uovo in raviolo, Nino Bergerse e Valentino Marcattilii;
Carpaccio alla Cipriani, Giuseppe e Arrigo Cipriani;
Spaghetti al cipollotto, Aimo e Nadia Moroni;
Colori, gusti e consistenze, Pietro Leemann;
Cipolla fondente, Salvatore Tassa;
Bignè fritti e caramellati con salsa di agrumi, Igles Corelli e Mauro Gualandi;
Nido dell’ape, Cristina Bowerman;
Margherita sbagliata, Franco Pepe;
Margherita gastronomica,

Il Cyber egg di Davide Scabin
Simone Padoan;
Passatina di ceci e gamberi, Fulvio Pierangelini;
Vesuvio di rigatoni, Alfonso ed Ernesto Iaccarino;
Piccione cotto in crosta, con fagioli cannellini all’uccelletto e salsa di fegatini, Annie Feolde e Riccardo Monco;
Insalata 21-31-41, Enrico Crippa;
Gnocchi di rapa rossa, ravanelli bianchi e rossi, terra di birra, Norbert Niederkofler;
Susci all’italiana, Moreno Cedroni;
Assoluto di cipolle, Parmigiano e zafferano tostato, Niko Romito;
Cipolla caramellata con caldo/freddo di Grana Padano, Davide Oldani;
Trippa fritta,

Cacio e pepe in vescica di Riccardo Camanini
Diego Rossi;
Doppia orecchia d’elefante, Vittorio, Chicco e Bobo Cerea;
Uovo di seppia, Pino Cuttaia;
Alici nel paese delle meraviglie, Philippe Léveillé;
Spaghetti d’uovo, aglio, olio e peperoncino, Carlo Cracco;
Cinque stagionature del Parmigiano Reggiano in diverse consistenze e temperature, Massimo Bottura;
Cyber Egg, Davide Scabin;
Cappuccino di seppia al nero, Massimiliano Alajmo;
Rigatoni cacio e pepe in vescica, Riccardo Camanini;
Insalata di alghe, erbe aromatiche e radici, Paolo Lopriore;
Cappelletti al

Spaghetti affumicati alle vongole con pomodorini pendolini grigliati di Mauro Uliassi
cinghiale in brodo di prugne, Antonia Klugmann; Volevo essere fritto, Ciccio Sultano; Spaghetti affumicati alle vongole con pomodorini pendolini grigliati, Mauro Uliassi; Minestra maritata, Gennaro Esposito; Risotto alle rape rosse e salsa di gorgonzola, Enrico Bartolini; Linguine di Gragnano, calamaretti spillo e salsa al pane di Fobello, Antonino Cannavacciuolo; Cacio e 7 pepi alla brace, Errico Recanati; Fagottelli di carbonara, Heinz Beck; Wafer al sesamo con tartare di branzino, caprino e liquirizia, Giancarlo Perbellini; Panduovo, Andrea Tortora; La mia cassata, Corrado Assenza.
Lo scatto conclusivo invece risale al 22 novembre scorso, quando al
Basque Culinary Center si celebrò
L’Italia a San Sebastián grazie a
Gianluca Gorini,
Luigi Dattilo,
Antonia Klugmann,
Joxe Mari Aizega,
Paulo Airaudo,
Andrea Tortora,
Richard Abou Zaki,
Fabio Pisani,
Pierpaolo Ferracuti e
Franco Pepe. Banale dirlo, ma è la verità:
Identità è tornata a viaggiare perché il viaggio è nel suo Dna.