Le emozioni, tante volte, non si leggono nelle parole. Ma negli occhi. E questa volta gli occhi non sono di Agostino Arioli, mastro birraio e uno dei fondatori del Birrificio Italiano, o del fratello Stefano, che lo ha accompagnato dall’inizio di questa avventura, 18 anni fa. Gli occhi, lucidi e commossi, sono di Teresa e Vittorio Arioli, i genitori, che dall’inizio hanno sempre creduto nel progetto birra artigianale, nonostante i figli potessero apparire come dei don Chisciotte all’attacco dei mulini a vento.

Il mastro birraio spilla una delle tante creazioni frutto del suo "sogno alchemico"
Il
Birrificio Italiano di Lurago Marinone, in provincia di Como, è diventato maggiorenne, così come tutto il movimento della birra artigianale in Italia. Erano partiti in pochi: oltre ai fratelli Arioli e ai loro soci c’erano il
Baladin di
Teo Musso a Piozzo in provincia di Cuneo, il
Birrificio di Lambrate,
Beba a Villar Perosa (che in realtà è nata nel 1995) e la
Centrale della Birra a Cremona, che poi ha chiuso i battenti. In 18 anni da soli 5 birrifici artigianali si è arrivati ai circa 650-700 attuali.
Il
Birrificio Italiano, il 3 aprile scorso, ha dunque potuto festeggiare un traguardo importante: “Ora possiamo prendere la patente e bere anche superalcolici” scherza il mastro birraio
Agostino Arioli, un signore che dal suo impiantino casalingo è riuscito ad arrivare a un’azienda, o meglio una
“Officina alchemica”, che quest’anno dovrebbe arrivare a una produzione di 5.300 ettolitri. E tutta di grande qualità, dalla
Tipopils che è stata definita una delle migliori birre chiare d’Italia, alla
Nigredo, piuttosto che alla
Bibock (un altro cavallo di battaglia) o alla
Extra Hop, alla
Amber Shock e alla
Cassissona. E ce ne sarebbero ancora molte altre.

Tra molti brindisi il 3 aprile scorso si sono celebrati 18 anni di lavoro e di impegno
Ma
Agostino Arioli, nel 1996, pensava davvero di arrivare a questi risultati? “Io sono un sognatore – spiega – e per questo mi immaginavo di arrivare fino a questo punto. Ho pensato in grande e ce l’ho fatta”. Il suo è un sogno costruito su birre di qualità, apprezzate e vendute in Italia, ma anche fuori: “In 18 anni ho avuto tante soddisfazioni: le birre piacciono, le sperimentazioni sono spesso andate a buon fine, le vendite sono in aumento, abbiamo realizzato il nuovo stabile di produzione a Limido Comasco. E abbiamo anche costruito tanti rapporti con altri birrai, pure all’estero”.
Le iniziali e prevedibili difficoltà sono state superate: “Adesso aprire un birrificio è diventato un po’ una moda, ma 18 anni fa è stata davvero un’impresa. Ora però dobbiamo imparare non solo a vendere la birra, ma a comunicarla, a informare le persone su quello che stanno bevendo. Conoscere, prima di bere”. E il prossimo sogno? “Andare avanti così. Crescendo passo dopo passo. Vogliamo rimanere artigiani, e mantenere la nostra umiltà”. Il sognatore aveva visto giusto 18 anni fa. Teresa e Vittorio, i suoi genitori, in cuor loro, lo sapevano.