C’è uno chef tutto rosso per il dopo-La Mantia del Majestic di Roma. Massimo Riccioli – patròn della Rosetta, istituzione tra i grandi ristoranti di pesce della capitale, e un timbro sul passaporto con il Corinthia di Londra - si insedia sulla terrazza con vista dolce-vita (il Majestic è in via Veneto) indossando una fiammeggiante divisa e puntando sui suoi punti di forza: la sua franchezza, la sua capacità di dialogo con la clientela e con le materie prime, la sua dimestichezza con un set in cui l’alta gastronomia non si vergogna a confondersi con la mondanità.

Massimo Riccioli, 59 anni
In un contesto del genere, del resto, inutile fingere understatement. “Aspettatevi il
Massimo”, promette spavaldo lo chef nelle pubblicità in cui la sua sineddoche sono i tipici occhiali old style. Non è un caso che la precedente gestione del suggestivo locale fine Ottocento, durata qualche anno, era affidata al più grandguignolesco esponente dello chef-system italico: quel
Filippo La Mantia che ora dispensa il suo fascino in tv.
Riccioli vuole fare un passo indietro e uno avanti. Vuole un posto speciale, un luogo in cui ritrovare la voglia di arrivare vestiti bene, di emozionarsi un po’, di parlare sottovoce, di accendere una candela sperandola che a spegnerla sia, semmai, il ponentino.
La linea di cucina andrà messa a fuoco ma sembra puntare chiaramente sul concetto della Rosetta (molto mare, molto crudo) in una veste semplificata dalla moltiplicazione dei coperti ma arricchita da una spolverata glamour. Il primo menu del
Massimo Riccioli Ristorante Bistrot ruota attorno al pesce, con opportuni link territoriali e qualche accorta divagazione terraiola. Si può fare la bocca al mare con le ostriche (
Marie Morganes,
Perle Blanche o
Fine de Claire Ronce magnificamente descritte nel menu), servite con pane nero e burro bretone.
Poi i crudi, nel cui carnevale il carro di
Massimo è sempre tra i più scintillanti: i pittorici piatti rettangolari ricolmi di pesce del Tirreno – che varia a seconda del mercato - sono una festa per gli occhi e per la bocca. E poi una strappapplausi
Tartare di tonno con cipolla caramellata e le insalate: la
Majestic con ovoli, capesante e uva bianca al mosto, quella di
Polpo grigliato al salmoriglio accompagnata dal taboulè. Primi all’insegna della semplicità:
Mezze maniche alla norma di cernia (anche
Riccioli ha origini siciliane), i romanissimi
Tagliolini alla lattuga di mare con cacio&pepe, i terragni
Gnocchi con ragù di agnello alla genovese.
Tra i secondi la
Tagliata di dentice al sale con verdure, il magnifico
Filetto di spigola al limone con scampo croccante, l’
Entrecote di manzo con purea di patate alla vaniglia. Dolci senza avventurismi: una
Crème brulée nocciola e pistacchio, uno scolastico T
iramisù. Carta dei vini sorprendente, piena di proposte naturali. Formula pranzo a 30 euro: antipasto più primo o secondo. Molta attenzione al bar, che vuole essere il salotto dell’albergo ma anche un luogo di sperimentazione, un laboratorio: la proposta è sulfurea e aperta a tutto, dai cicchetti allo champagne, dai sandwich alle cene-spettacolo. Perché se Roma è un palcoscenico, l’occhio di bue punta sempre su via Veneto. E se ti trovi là, tanto vale che ti esibisci al meglio e con il sorriso sulle labbra.