Custode di sapori e tradizioni, Pino Cuttaia è la Sicilia. La Sicilia del mare e della terra, del calore del clima e delle persone, delle produzioni locali, dei sapori intensi, dei profumi delicati, della brezza marina, dei panorami, della cultura, della storia, dell’arte. E non è un caso che proprio lui abbia dedicato ad Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025 un piatto che rende omaggio alla memoria e alla resilienza di questa terra da gustare nel suo La Madia, due stelle Michelin di Licata (Agrigento).
Il dessert in questione si ispira a una delle opere d’arte più imponenti del Novecento: il Cretto di Burri. Si tratta - nella versione edibile di Cuttaia - di una crema alla mandorla su pan di Spagna con liquore alla mandorla, sormontata da una riproduzione autentica in scala del Cretto, realizzata con pasta di mandorle bianca. Il dolce, che fa parte del menu Scala dei Turchi (quello a mano libera), trae espirazione dalla monumentale opera ambientale di 80 mila mq realizzata tra il 1984 e il 1989 e completata nel 2015 da Alberto Burri: il Cretto nasce sui resti di Gibellina Vecchia, distrutta dal terremoto che colpì la Valle del Belìce nel 1968. Una valle che si estende tra le province di Agrigento, Trapani e Palermo e che fu impattata drasticamente dal sisma.
«È un’opera bianca dal forte impatto emotivo – commenta
Cuttaia – che vuole raccontare l’essenza di vita: nel mio caso il bianco ha a che fare con la mandorla e con Agrigento, che è una eccellenza nel territorio del mandorlo. Il dessert è legato al concetto del risveglio in cui la storia non deve essere mai dimenticata e, tecnicamente, lo abbiamo pensato per essere accessibile a tutti quindi gluten free e senza lattosio o latte, la crema è a base acqua». Da sempre la cucina di
Cuttaia è ricordo e memoria, valorizzazione del passato, portatrice di messaggi importanti legati alla cultura del territorio a cui appartiene. «La cucina oggi è sempre meno legata alla casa – prosegue – Il ruolo domestico viene a mancare. Ecco perché alcune tradizioni del nostro patrimonio gastronomico vanno custodite, ed è per questo motivo che nei miei piatti c’è sempre un’alchimia di tradizione tra baratti, pescatori, contadini e pastori. Cerco di tirare fuori e dare del risveglio per far ricordare ai giovani qualcosa del passato: la mia missione è quella di custodire in maniera contemporanea quei sapori che sarebbero dimenticati e lo faccio anche nel rispetto di chi arriva in Sicilia e mangia un po’ del nostro paesaggio. Ho la fortuna di vivere in una realtà così ampia di territorio, microclima, stagionalità, prodotti: tutti elementi che mi danno la possibilità di seguire sempre le stagioni e di interpretare la tradizione con piatti esteticamente anche impattanti, ma il cui sapore evoca sempre un passato».

Il Cretto di Burri, a Gibellina (Trapani)
Estetica che nei piatti di
Cuttaia è sicuramente importante, ma il cui pensiero arriva sempre alla fine: la prima cosa è il gusto, il sapore che deve assomigliare a quel passato che diventa protagonista dell’essenza culinaria di questo chef da sempre capace di parlare all’anima delle persone. L'estetica ritorna e diventa quasi una firma della sua visione attraverso l’uso del colore bianco, in primis. Succede nel dessert dedicato al Cretto, accade in quella
Scala dei Turchi che diventa menu vocato alla libera interpretazione di terra e mare, ma che in primis è omaggio a un altro luogo iconico: la scogliera bianca tra Realmonte e Porto Empedocle, nell’Agrigentino, fatta di marna e argilla, avvolta da storie e leggende. Il piatto di
Cuttaia diventa, in questo caso, una visione marina: una sfoglia trasparente di calamaro ripiena di crema di ricci di mare, nascosta sotto una spuma all’acqua di mare. Alla vista, richiama una medusa eterea, ma al palato restituisce il gusto rassicurante del mare vicino alla terraferma.

La vera Scala dei Turchi, una falesia di marna bianca che spunta a picco sul mare lungo la costa di Realmonte, nell'Agrigentino
E poi c’è quella iconica
Nuvola di caprese che ormai da anni rappresenta uno dei simboli visivi e gustativi della sua cucina. «Il piatto è nato osservando la pellicina che si forma sul latte quando bolle. Lo stavo preparando per una bagna cauda – spiega
Cuttaia, che ha vissuto a Torino per anni ed è molto legato alla tradizione piemontese – La pelle che si è creata durante la sua cottura mi è sembrata così perfetta da contenere una mozzarella al suo interno. Mi è venuta alla mente in quel momento la mozzarella di bufala appena fatta, ancora calda e piuttosto compatta: ecco perché ho voluto creare questo piatto capace di realizzare un’illusione visiva mettendo sotto la pellicina qualcosa che fosse l’esatto contrario del mio ricordo». Spuma, pomodoro, essenza eterea, stupore.
«Il bianco è un colore che amo molto – dichiara lo chef de
La Madia – È anche per questo che uso piatti bianchi, capaci di esaltare quello che c’è dentro, come accade quando prendi una tela e con l’immaginazione devi colorarci sopra. Ho numerose portate con il bianco come colore predominante e per i miei piatti collaboro con
Veronica Vianini, un’artigiana di Trento, che mi realizza forme diverse ma sempre della stessa nuance. Il colore dei miei piatti è un concetto sempre definito, perché il colore dona il sapore: un verde troppo verde in primavera, per esempio, sa di spinacio e non di pisello o asparago; la cromaticità quindi sta a indicare proprio un sapore che può essere delicato o forte. La intendo come una preparazione visiva che si ha e che avvicina al gusto, ed è un elemento che da sempre mi contraddistingue perché, appunto, è sempre associato al gusto».

Gambero di nassa in salsa cocktail
Succede con il
Gambero di nassa in salsa cocktail, che
Cuttaia ha proposto anche allo
Ski Grill di Frabosa Sottana (Cuneo) durante
GustoMontagna, la kermesse gastronomica in alta quota, e presente nel menu
Il mare inaspettato de
La Madia: «Si tratta di un piatto iconico come poteva essere un cocktail Anni ’80. Il cuoco oggi conosce meglio la materia e sa come fare per non sprecare nulla, realizzando a tutti gli effetti una cucina circolare. In questo caso propongo testa in forma di una cialda che consente, nello stesso piatto, di donare consistenze e sapori diversi. Non uso ketchup per la salsa, ma estraggo il colore rosa dal carapace: ricerca e studio, anche in una portata così iconica e scontata, portano a creare qualcosa di interessante e contemporaneo».
E poi c’è quella
Giostra Mediterranea che evoca in maniera naturale il paesaggio della Sicilia, dal rosso, al bianco, al verde come in un carosello: «Come l’ape cerca il suo nettare – conclude
Cuttaia – anche noi abbiamo pensato di andare alla ricerca di alcuni ingredienti per una giostra di sapori capace di valorizzare dal pomodoro Siccagno alla lenticchia, o alle mandorle. Ed ecco che il raviolo, ripieno proprio di pomodoro, viene coperto da una besciamella di mandorla in purezza, olio al basilico, gambero di nassa su cui viene adagiato del miele di pomodoro (preparato con la sua acqua) e una cialda di lenticchie».