Il comune di Nicolosi, sul versante sud dell’Etna, è un territorio che fino a metà dello scorso secolo contava più di cento palmenti. Una zona fortemente vocata alla viticoltura, dunque, o almeno tale finché il boom economico e la prossimità alla città di Catania, che in linea d’aria si trova a 12 km, non ne hanno deviato gli abitanti dal lavoro agricolo al settore terziario, cambiando volto anche fisicamente al territorio attraverso una cementificazione massiva che quasi nulla ha lasciato del paesaggio agrario. Qui l’azienda Serafica, alla sua quarta generazione, non ha mai smesso di coltivare vigneti e uliveti da quando, negli anni Cinquanta, Andrea Serafica, rientrato dal Massachusetts dove lavorava come conciatore, decise di dedicarsi alla coltivazione della vite. Una visione condivisa da suo figlio Nino che, proseguendo l’attività di famiglia, acquistò il primo palmento meccanicizzato, realizzò il frantoio e introdusse nel territorio etneo la prima pigiadiraspatrice.
Andrea e Nino erano rispettivamente il bisnonno e il nonno di Giuseppe e Maria Ausilia Borzì che, insieme al cugino Nino Serafica, sono l'attuale generazione a capo dell’azienda. Sono loro che, dopo la nuova piantumazione di vigneti e uliveti, nel 2000, a opera di Andrea Serafica, padre di Nino e zio dei Borzì, hanno deciso di coronare questo lavoro acquistando il nuovo frantoio ma, soprattutto, creando il brand col nome di famiglia, Serafica appunto, per la commercializzazione dei prodotti aziendali, frutto di filiere rigorosamente chiuse e biologiche, che oggi contano non solo vino e olio, ma anche segale “irmana”, un’antica cultivar del territorio, di cui sono coltivatori unici in Sicilia.

Andrea Serafica in un campo di segale irmana
«Nonostante la cerealicoltura non appartenesse alla nostra realtà familiare – racconta
Giuseppe - nel 2010 la produzione è stata ripresa dallo zio
Andrea che aveva recuperato mezzo chilo di semente da un vecchio contadino decidendo di reimpiantarla eroicamente per amore della sua terra. Dico "eroicamente" perché la segale è un cereale molto delicato, che va piantato a mano e allo stesso modo raccolto, attraverso antichi gesti e rituali. Per realizzare il progetto di salvaguardia di questo prodotto del territorio, abbiamo dapprima coinvolto il Comune di Nicolosi, poi il Parco dell’Etna e infine anche l’Università di Catania e così siamo partiti. Oggi coltiviamo 5 ettari di
immanu, come si chiama da queste parti, e siamo iscritti al registro nazionale di varietà da conservazione di specie agrarie come responsabili della specie».

Giuseppe Borzì, Maria Ausilia Borzì e Nino Serafica, ossia la nuova generazione alla guida di Serafica a Nicolosi (Catania)
Molto simile al frumento, la segale irmana, anche nota in altre regioni del Sud Italia come segale “iermana”, è un cereale ormai considerato autoctono: furono i monaci benedettini nel XII secolo a portarlo in questa zona della Sicilia dalla Germania, ecco spiegato il nome "irmana" o "iermana". Prese a essere usata abitualmente dai contadini etnei, ad esempio per la produzione del pane e della pasta fresca ma anche per la preparazione di dolci, così da soddisfare il proprio fabbisogno in barba ai dazi doganali.
Rispetto al frumento, la segale irmana è meno ricca di proteine e amido, ma presenta un maggiore contenuto di fibra. Il suo indice glicemico è generalmente più basso di quello del frumento ed è una fonte importante di proteine, soprattutto fosforo e potassio. Col tempo, come si è detto, la tradizione agricola della zona si è dispersa e quindi, così come era avvenuto per meli e mandorli che erano gli alberi da frutto più diffusi, si è abbandonata anche la sua coltivazione. «È una delle varietà antiche che non ha subito modifiche Ogm – continua Giuseppe Borzì– Resiste ottimamente al freddo e riesce a mantenersi bene. Probabilmente anche per tali motivi, è stato il cereale più utilizzato in cucina in questa zona. Pur essendo presente il glutine, la tipologia di quest’ultimo, come per molti grani cosiddetti antichi, è più assimilabile dal corpo umano anche perché ha un grado di elasticità molto basso, motivo per cui è anche difficile da lavorare in purezza, ha bisogno di molte ore di lievitazione e il lievitato che si ottiene presenta un’alveolatura molto piccola e compatta. Perciò di solito si taglia con altre farine».

Tradizionale metodo di battitura della segale irmana
Dalla farina di questa cultivar infatti viene prodotto il
pane immanu, gioiello alimentare della tradizione etnea di cui si sta perdendo traccia. Oggi, infatti, solo pochissimi fornai del territorio continuano a produrlo, ma solo in determinate giornate e su richiesta perché la lavorazione è molto lunga e i costi di produzione sono alti. Al fine dunque di preservare questo prezioso cereale, non basta che
Serafica si sia fatta carico della sua produzione, occorre anche che ristoratori e panificatori del territorio, che delle tradizioni dovrebbero essere i primi custodi, riprendano ad utilizzare la segale irmana nelle proprie preparazioni, in un impegno di salvaguardia pari a quello operato per il
cavolo trunzo nella vicina Acireale, per citare un esempio, o per la
masculina da magghia, sempre nel Catanese.
«Ad oggi – interviene
Maria Ausilia Borzì, che in azienda si occupa della didattica - distribuiamo la segale solo a pochi panificatori, chef e pizzaioli che riescono o hanno la voglia di lavorare il prodotto. Ma, appunto, sono molto pochi. Per noi dunque sarebbe fondamentale interagire con operatori del settore che vogliano realmente lavorare la segale, ma specifichiamo sempre che è un prodotto che si deve conoscere, perché se si ha l’idea di lavorarla con facilità, diventa una perdita di tempo per noi e per loro, oltre che uno spreco di questa preziosissima risorsa». Ecco perché il
pane nero di immanu, grazie al comune di Nicolosi, nel 2012 ha ottenuto il marchio
DeCO (Denominazione Comunale di Origine), un’attestazione attribuita a livello comunale per riconoscere, promuovere e tutelare i prodotti agroalimentari e artigianali del territorio, sperando così che il prodotto trasformato faccia da traino alla materia prima. E chissà che un domani altri agricoltori non decidano di unirsi al progetto di salvaguardia ampliando gli ettari coltivati a segale irmana e restituendo così questa risorsa all’Etna.
Serafica – terra di olio e vino
Strada Comunale Mompilieri - Nicolosi (Catania)
tel. +39 0955 181617
www.serafica.it