Mattia Pecis è giovane, ma con idee chiare su cosa debba essere la cucina oggi. Da chef del Cracco Portofino, volge la sua attenzione al territorio, all’autenticità e alla sostenibilità, con un approccio che non mira tanto alla perfezione tecnica, ma al rispetto della natura e delle persone che la lavorano. La sua tavola si fonda su un concetto semplice, ma potente: dare valore ai prodotti, a ciò che la terra e il mare offrono. E farlo con consapevolezza e rispetto, senza rincorrere mode o tendenze.
Lui in fondo è solo un ragazzo: classe 1996, nato in Val Seriana, provincia di Bergamo. Ha affinato le sue abilità nel ristorante di Carlo Cracco a Milano e ha fatto parte della brigata del St. Hubertus di San Cassiano, sotto la guida di Norbert Niederkofler. Ma nel 2021, il destino ha voluto che Cracco non se lo lasciasse sfuggire (lo abbiamo già raccontato qui), e così Mattia è stato richiamato dallo chef vicentino per affrontare la sua avventura più importante: quella di tenere le chiavi, appunto, del ristorante Cracco a Portofino.
Questa è la storia che molti già conoscono, ma - a scavare un poco - c'è di più. Bisogna provare a scannerizzare l’anima di questo giovane chef per scoprire come dietro a quei suoi occhi brillanti si nasconda un fervore creativo che desidera abbattere le barriere tra il campo e la cucina, tra il pescatore e il ristorante, avvicinando le persone a un modo di mangiare più consapevole. Le sue sono idee fresche e audaci, desiderose non solo di farci godere al palato ma anche di farci riflettere, proprio come un giovane che ha il coraggio di essere autentico in un mondo che tende a uniformarsi.

La singora Iva e, sotto, i suoi ortaggi
Una parte fondamentale di questo percorso ha un nome e un volto: quello di
Iva, una signora che, con il suo orto, ha influenzato profondamente la visione di
Mattia. La ligure
Iva è una figura centrale, che rappresenta l’amore per il territorio e l’agricoltura sostenibile. Galeotto fu un incontro casuale al mercato di Rapallo, dove
Mattia acquistava abitualmente i suoi prodotti: lì è nata una conoscenza che si è trasformata poco a poco in una vera e propria collaborazione. «
Iva mi ha proposto di coltivare per me alcune varietà di vegetali particolari, l’ho subito visto come un gesto di grande generosità», ci racconta
Mattia.
Oggi la maggior parte del fabbisogno veg del ristorante proviene dall’orto di Iva e Mattia si reca personalmente lì ogni giorno per osservare la crescita delle piante e scambiare con lei opinioni riguardo al raccolto. L’esperienza di lei e le idee moderne di lui si intrecciano, dando vita a un unico progetto. Questo rapporto è diventato simile a quello tra una nonna e un nipote, vista anche la differenza di età. I due si sentono anche quando il ristorante è chiuso, solo per salutarsi.
Questo legame si concretizza nel piatto
Orto di Iva, creato per renderle omaggio, che è diventato uno dei simboli della cucina del
Cracco Portofino. Non si tratta solo di una proposta che celebra le verdure locali, ma di un riconoscimento per il lavoro silenzioso e costante di
Iva, che con il suo orto incarna un’agricoltura quasi "eroica", lontana dagli standard industriali.

Il piatto L'orto di Iva, che cambia a seconda di cosa porta appunto la signora Iva dall'orto. In questo caso, le verdure sono cotte in crosta d'argilla

Un'altra versione de L'orto di Iva
Accanto a tutto ciò, il futuro porterà però un’altra collaborazione per
Pecis, quella con i
Fescion Farmer, un gruppo di ragazzi che cura un orto a cinque minuti di distanza da quello di
Iva; a loro volta forniranno una parte del loro raccolto al locale di Portofino. Dice
Mattia: «Avere dei ragazzi al passo con i tempi mi aiuterà a ridurre le tempistiche di lavoro. Questa è una passione, non un mero marketing. Vogliamo mostrare insieme che è disponibile una varietà di vegetazione più ampia, non solo quella che troviamo nei supermercati. E che in natura l’imperfezione non solo esiste, ma è per molti versi una ricchezza a sua volta da riscoprire. Dobbiamo incentivare i giovani a rapportarsi al lavoro agricolo; se non lo facciamo, non avremo più chi se ne occupa».
Il lavoro con i Fescion Farmer è un’estensione naturale della cucina di Cracco-Pecis, che pone l’accento sul Km 0 e sulla sostenibilità. A Portofino, dove il tipo di frequentazione turistica potrebbe facilmente indurre a far prevalere l’aspetto commerciale e vipparolo, Mattia ha scelto di radicare il suo lavoro nelle piccole realtà locali, a partire dal mercato di Rapallo, passando appunto per l’orto di Iva, fino ad arrivare ai giovani agricoltori con cui collaborerà e dei quali vi abbiamo detto. Non solo una scelta di stile gastronomico, ma un’intera filosofia di vita.
Fin qui il legame con la terra: e quello col mare? Per
Mattia è un altro elemento fondamentale. E anche per tal ragione ha sviluppato le tecniche di frollatura del pesce, ispirandosi al lavoro di
Josh Niland in Australia (
lo raccontammo qui fin dal "lontano" 2020). Dice
Pecis: «Credo che questa delle frollature di mare venga spesso considerata una moda. Invece, lavorare così il pesce è un modo perfetto per conservarlo e ottenere pezzi unici, tipici del nostro parco marino. Non è una tecnica fine a se stessa, ma una scelta che esprime il nostro approccio alla cucina. L'intento è far emergere la qualità degli ingredienti senza forzature».

Pecis e le frollature di mare
Inoltre, il rapporto che
Mattia ha con i pescatori della zona, come il giovane
Stefano che lo sorprende spesso con pesci mai visti prima, è caratterizzato dalla sua ammirazione per il loro amore per il lavoro e per il modo sostenibile in cui lo praticano. Un altro tassello di una visione che rispetta la stagionalità e l’identità del territorio.

Mattia Pecis relatore a Identità Milano 2024
Nonostante la forte impronta conferita dal mentore
Carlo Cracco nel suo percorso,
Mattia ha sempre cercato di mantenere un’autonomia di pensiero e di azione. Portofino è diventata la sua “terra promessa”, il luogo in cui la sua passione si è finalmente radicata. «L’esperienza con
Carlo per me è stata fondamentale. Mi ha insegnato tanto, soprattutto a livello organizzativo e nell’approccio al lavoro. Oggi riesco ad esprimere le mie idee grazie a lui, ma mi fa piacere se che il mio punto di vista specifico sul cibo viene raccontato, se diventa un’occasione per conoscere davvero il territorio, senza pregiudizi o aspettative». A proposito di
Cracco, il giovane chef bergamasco conclude che avrebbe proprio piacere di vederlo finalmente seduto al suo tavolo: «Non l’ho mai visto lì come cliente! Chissà, magari un giorno…».