Altro che meta ideale! Il Trentino gastronomico stenta davvero a essere... stellare. La recente presentazione della Guida Michelin ci ha fornito un riscontro eclatante: non c’è pià il macaron per Alfio Ghezzi a Rovereto, lo chef - già bistellato - al Mart subisce strambe dinamiche gestionali del museo e "paga", diciamo così, la sua straripante creatività. Il suo Senso, al Mart appunto, aveva deciso già l’estate scorsa di non aderire al progetto Michelin, scegliendo di cimentarsi in nuove sfide, ancora in divenire, anche se lo spazio food sotto la cupola dell’archistar Mario Botta rimane aperto per eventi. Senza più badare però alla stella.
La "gommosa" comunque premia otto ristoranti, d’accordo, stesso numero dello scorso anno, con l’esclusivo Grual di Pinzolo, inserito in un hotel 5 stelle lusso, che prende il posto di Ghezzi. Ma per il resto, calma piatta. Nessun cenno di dinamismo, nessuna progettualità gastronomica di larghe vedute. Inutile citare il confronto - assolutamente perdente per i trentini - con gli chef sudtirolesi. Che di locali stellati ne hanno 20, con diversi altri in pista di lancio.

Alessandro Gilmozzi, dal 2023 stella verde che si affianca alla rossa per il suo El Molin di Cavalese. Lui è anche presidente degli Ambasciatori del Gusto
Nelle vallate trentine resiste specialmente l'area di Madonna di Campiglio, con un tris ora rafforzato dalla citata neostella di Pinzolo, appunto. Quattro stelle, quindi, ai piedi delle Dolomiti di Brenta: un record e un monito per altre vallate della provincia. Poi sono Fiemme e Fassa a mettere in tavola leccornie, con
Alessandro Gilmozzi orgoglioso di appuntarsi sulla casacca pure una meritatissima stella verde, grazie alla sua dedizione alla ricerca botanica e alle consuetudini della
Magnifica, quella comunità fiemmese che resiste dal 1111.
Gilmozzi è affiancato dai
Donei di
Malga Panna, prima di virare verso il fondovalle. Trento è sicura con la
Locanda Margon, gioiello gastronomico della
Maison Ferrari; poi verso il Garda troviamo l’estro di
Peter Brunel, che di stelle ne meriterebbe almeno due.
Cucine stellari? Certamente, ma consolidate. Ossia: spulciando le guide gastronomiche, sfogliando pure le minuziose citazioni della Guida di Identità Golose, di vere insegne emergenti se ne vedono poche. Eppure la scuola di cucina di Tione e le altre alberghiere sono costantemente mobilitate nella formazione di schiere di giovani, che però trovano allori fuori provincia.

Ragazzi della scuola alberghiera di Tione
Basta citare
Matteo Delvai, il giovane di Carano alla corte di
Norbert Niederkofler. E ancora, alcuni ragazzi che attualmente sono impegnati in stellati extraregionali: troviamo nell’elenco
Luca Zotti, Sara Bertocchi e
Federico Molteni, tanto per citare i primi che ci vengono in mente. Ha origini e formazione trentine trentine anche
Agnese Loss, nata in una frazione sperduta di Canal San Bovo, nel Primiero: una chef di appena 22 anni che assieme al suo compagno
Davide Saglietti, gestisce
Osteria Contemporanea a Gattinara, in Piemonte, locale ritenuto (dal
Gambero Rosso) tra i veri emergenti in campo nazionale.

Tre giovani chef trentini di talento: Matteo Delvai, Agnese Loss e Stefano Rossi
Tra i promettenti, doverosa citazione va pure per
Stefano Rossi, giovane chef rotaliano con esperienze in blasonatissimi fornelli, da un paio d’anni alla guida delle cucine del
Lido Palace di Riva del Garda, con uno spazio gourmet chiamato
Zefiro, plateale sistemazione proiettata sul grande lago. Zefiro: vento benefico, folate per rianimare la cucina d’autore, soffio goloso per rendere attrattivo il Trentino del cibo a prescindere da roboanti comunicati stampa delle agenzie di marketing. Che vedono solo la punta dell’iceberg. E spesso riscaldano… minestroni banali.
Il Trentino degli "spadellatori" dovrebbe insomma interrogarsi sulle prospettive della cucina locale tra 10 anni. Come potrà svilupparsi, tra avanguardia, ricerca e coinvolgimento del comparto agroalimentare nostrano? Il cambiamento è in atto, ma bisogna spingere i giovani a "vedere per scegliere". Chiedendo forse alle istituzioni e alla politica del settore di attivare precisi percorsi esperenziali, senza mescolare la cucina sopraffina, senza confondere influenze nordiche con quelle della contaminazione nipponica, tra la normalità (vedasi banalità) di qualche agritur, aziende queste costantemente supportate anche se spesso di propria produzione hanno ben poco.