È il Caffè Giubbe Rosse di Firenze il ristorante vincitore del People's Choice Award, l'ambito premio dell'edizione 2024 dei TheFork Awards by Identità Golose, dovuto al nuovo ristorante più votato durante le settimane che hanno portato alla serata di gala, che si è tenuta ieri sera, 29 ottobre, presso La Pelota a Milano. Il riconoscimento, decretato dal voto degli utenti della piattaforma TheFork tra una selezione di 60 locali scelti da 75 chef italiani, premia la rinascita di uno dei luoghi più significativi della storia culturale fiorentina.
La nascita di quello che sarebbe diventato uno dei più celebri caffè d'Italia risale all'ultimo scorcio dell'Ottocento, quando nel 1897 due imprenditori tedeschi, specializzati nella produzione di birra, decidono di aprire un locale in piazza della Repubblica. Inizialmente battezzato con il loro cognome, Reininghaus, il caffè acquisisce presto la denominazione popolare che lo renderà famoso: sono i fiorentini stessi a ribattezzarlo facendo riferimento all'elegante divisa scarlatta dei camerieri, ispirata alla tradizione dei caffè viennesi.
Il nuovo locale sorge in una piazza profondamente rinnovata dall'intervento urbanistico che, negli ultimi decenni dell'Ottocento, ha ridisegnato il centro cittadino cancellando le strutture medievali del Mercato Vecchio. In questo spazio che rappresenta la Firenze moderna, il caffè si inserisce in un tessuto già ricco di luoghi di ritrovo come il
Gilli e il
Paszkowski, contribuendo a definire una nuova geografia della socialità cittadina.
Fin dai primi anni del Novecento, il locale si distingue come punto d'incontro cosmopolita. Il circolo scacchistico che vi ha sede attira personalità di rilievo internazionale: il giovane Vladimir Il'ič Ul'janov, non ancora noto al mondo come Lenin, vi trascorre lunghe ore davanti alla scacchiera. Il caffè diventa tappa obbligata per intellettuali europei di passaggio in città: lo scrittore francese André Gide, il regista e scenografo inglese Gordon Craig, lo scultore Medardo Rosso vi trovano un'atmosfera familiare che ricorda i grandi caffè del nord Europa.
Ma è con l'avvento del Futurismo che il locale entra nel vivo del dibattito culturale italiano. Le tre sale assumono identità distinte: due destinate alla lettura, mentre la terza, dal 1913, diventa il quartier generale dei futuristi fiorentini. Qui si riunisce il gruppo che fa capo a
Giovanni Papini e
Ardengo Soffici, al quale si unisce
Aldo Palazzeschi. Le discussioni si accendono quando, dalle pagine della rivista
La Voce,
Soffici pubblica una critica severa nei confronti dei futuristi milanesi. La tensione esplode in un confronto diretto quando
Filippo Tommaso Marinetti, accompagnato da
Umberto Boccioni e
Carlo Carrà, affronta il gruppo fiorentino in quella che resterà nella memoria culturale della città come la "rissa delle Giubbe Rosse".

Un'opera di Baccio Maria Bacci (Firenze 1888 – 1974), Solaria alle Giubbe Rosse. Il quadro è esposto a Palazzo Pitti, nella Galleria d'arte moderna
Gli anni tra le due guerre segnano l'apice dell'influenza culturale del caffè. Nel 1926 nasce tra questi tavoli
Solaria, rivista che segna l'apertura della cultura italiana agli orizzonti europei. Il locale diventa il punto di riferimento per una nuova generazione di scrittori: qui
Eugenio Montale, che dal 1927 al 1948 ne farà il suo ritrovo quotidiano, incontra regolarmente
Elio Vittorini e
Dino Campana.
Alberto Bonsanti e
Tommaso Landolfi sono presenze costanti. Nel 1937 viene fondata
Letteratura, destinata ad attraversare tre decenni di storia culturale italiana, mentre nel 1938
Alfonso Gatto e
Vasco Pratolini danno vita a
Campo di Marte, rivista che esplora le connessioni tra arte e impegno sociale.
Il periodo dell'Ermetismo vede il Caffè diventare il centro di una nuova stagione poetica. Attorno a Montale si riunisce un gruppo di giovani poeti: Mario Luzi diventa una presenza assidua, mentre Oreste Macrì contribuisce a definire le coordinate teoriche del movimento. Parallelamente, il locale diventa punto di riferimento per diversi artisti visivi: Ottone Rosai e Primo Conti ne fanno il loro studio virtuale, seguiti negli anni da Antonio Bueno e Silvio Loffredo, che contribuiscono a mantenere viva la tradizione artistica del caffè fino alla seconda metà del Novecento.

Eugenio Montale, seduto al centro con la sigaretta in mano, al Caffè Giubbe Rosse
Il tempo sembra essersi fermato negli elementi architettonici e di arredo che caratterizzano il locale: la facciata conserva il suo aspetto originale con le storiche vetrine, mentre gli interni mantengono il gusto degli anni Trenta nel disegno dei banconi e nei rivestimenti lignei delle pareti. A completare l'atmosfera d'epoca, le caratteristiche applique con i paralumi rossi che richiamano, nella loro elegante fattura, il nome stesso del Caffè.
La Seconda Guerra Mondiale segna una cesura nella storia del locale, in quanto requisito dal comando americano. La ripresa del dopoguerra vede il caffè tornare al centro della vita culturale cittadina, in particolare come punto di riferimento per i poeti dell'Ermetismo. Dagli anni Ottanta una nuova generazione di intellettuali, riunita intorno al movimento Ottovolante, riaccende le luci sulla vocazione letteraria del locale.
Il valore storico e culturale del caffè trova riconoscimento ufficiale nel 2019, quando il Ministero per i Beni e le Attività Culturali lo inserisce nel patrimonio culturale nazionale. Un atto che sottolinea come questi spazi rappresentino una testimonianza viva della vita intellettuale fiorentina del secolo scorso.
La crisi del 2018, culminata nel fallimento, sembrava aver messo fine a questa lunga storia. L'acquisizione da parte del gruppo
Scudieri nel 2019 e il lungo lavoro di restauro, completato solo nel giugno 2024, hanno invece aperto un nuovo capitolo. La rinascita del locale passa attraverso un progetto gastronomico affidato allo chef
Giuseppe Lo Presti, che ha sviluppato una proposta culinaria in cui l'innovazione si innesta sul rispetto della tradizione. Il menu si sviluppa tra piatti di terra e di mare, con alcune preparazioni che rendono omaggio all'eredità futurista del locale.

Gli interni del locale oggi
In cucina, la ricerca della qualità si esprime attraverso collaborazioni con produttori del territorio e una particolare attenzione alle preparazioni di base: dai lievitati, realizzati con lievito madre, alla pasta fresca prodotta quotidianamente. Il menu degustazione articola questo approccio in sei portate, mentre la carta offre piatti come un carpaccio di ricciola con elementi mediterranei o carni selezionate da allevamenti sardi. L'offerta gastronomica si estende lungo tutto l'arco della giornata: dalla colazione con prodotti di pasticceria artigianale, al momento dell'aperitivo, concepito come parentesi di qualità lontana dal formato dell'apericena, fino alla cena. Un servizio che riflette la volontà di mantenere viva la funzione del caffè come spazio di socialità culturale, proposito rafforzato dall'acquisizione della casa editrice
Nardini.
Il premio ricevuto ai TheFork Awards rappresenta un riconoscimento per un progetto che ha saputo coniugare la tutela di un patrimonio storico con le esigenze della ristorazione contemporanea, dimostrando come sia possibile far rivivere un luogo simbolo mantenendone intatta l'identità.