Raccontare il bosco, rappresentandolo attraverso le sue sembianze, non è un’impresa semplice per uno chef, per diversi motivi. La prima ha a che vedere con la natura stessa del soggetto: inafferrabile, misterioso, complesso. Non a caso anche nel racconto il bosco ha a che vedere con elementi fantastici, con il mistero. Con la magia. Elfi, fate e folletti. Creature mitiche, affascinanti. E tradurre le innumerevoli suggestioni in piatti concreti è un’impresa alquanto difficile.
La seconda è che, gastronomicamente parlando, il bosco è intenso. Ricco di profumi, gusti. Larici, pigne, pollini, abeti, per fare qualche esempio, hanno sapori molto decisi che occorre maneggiare con maestria, dotandosi delle giuste tecniche e accorgimenti, per renderli gradevoli al palato. Pena: il fallimento del piatto. O la cucina degli eccessi, che mette al centro lo stupore, anziché la piacevolezza dell’esperienza degustativa.
Se si riesce invece a raccontare il bosco con la giusta delicatezza, lasciando spazio ai suoi gusti unici, esaltandoli con la propria creatività, allora si fa davvero centro. Perché è un mondo davvero interessante e tutto da esplorare.

Attilio Galli, in bianco, al lavoro nella sua cucina
È quello che accade da
Al Peršéf di Livigno, dove lo chef
Attilio Galli esprime il suo amore per il territorio con incredibile estro, esaltando gli ingredienti locali con elementi orientali. Una passione, quella per l’esotico, che nasce dal profondo, frutto di ispirazioni personali. «Sono un autodidatta, la mia cucina nasce dalla sperimentazione, dai ricordi del passato, dall’esperienza sul campo. Mi sento vicino ai gusti nipponici per affinità personale, pur non essendoci mai stato»
, precisa.
E così, all’interno dei quattro menù degustazione (LiberaMente, Degustazione Vegetariana, Deja Vu e Linfa) prendono vita portate interessanti, che abbinano ingredienti del luogo con componenti/o tecniche orientali. A partire dal benvenuto dello chef, gli amuse bouche, dove ritroviamo felici connubi come la Panna cotta di silene (una piccola pianta dei boschi), Piselli freschi con la loro maionese e aggiunta di wasabi e la Trota macellata con una particolare tecnica giapponese, denominata Ikejime che consente di mantenere la carne più morbida e preservarne tutte le caratteristiche organolettiche.
Ma l’impronta nipponica caratterizza un po’ in tutto il percorso. A volte gli ingredienti giapponesi vengono utilizzati strategicamente per pulire il palato e aumentare la ricettività ai gusti come nella
Testina di Vitello, Funghi, Erbe acide, Carcent e Aceto di rose,
dove la testina vitello viene cotta intera in una soluzione di miso scuro e miso chiaro, soia scura dal sapore molto più intenso, con l’obiettivo di sgrassare il palato.

Testina di Vitello, Funghi, Erbe acide, Carcent e Aceto di rose
In altre situazioni invece il tocco orientale è funzionale ad arricchire la personalità del piatto. Come nella straordinaria
Anguilla Cirmolo, Erba cipollina, Rafano, Luppolo e il suo brodo al barbecue. Dove la carne succulenta dell’anguilla, cotta sulle braci, viene esaltata dalla glassa preparata con cimolo, sotto il luppolo, basilico, crema di soia e erba cipollina. Un piatto che rivela ancor di più le sue sfumature giapponesi, grazie al brodo cui viene abbinato preparato con le lische, da consumare tra un boccone e l’altro, per regalare ancor più intensità.

Anguilla Cirmolo, Erba cipollina, Rafano, Luppolo e il suo brodo al barbecue
Il pensiero brillante dello chef si manifesta anche in portate che riflettono l’identità del luogo e le materie prime della cucina tradizionale. Come il
Primordiale. Verza, Patate, Saraceno, Cagliata e Siero. Se non fosse nato il pizzocchero cosa si sarebbe potuto fare? Dove gli elementi essenziali della specialità valtellinese vengono utilizzati per dare vita a una nuova creazione. Sorprendente, innovativa.
Ed ecco che la cagliata appare sottoforma di granita, al posto della farina troviamo invece foglie di saraceno. E la verza, invece, viene cotta confit.

Primordiale. Verza, Patate, Saraceno, Cagliata e Siero
Senza dimenticare il piatto più iconico di
Al Peršéf: lo
Spaghettone Brodo affumicato, Burro della Latteria e Kvass, molto apprezzato dalla clientela, dove lo spaghettone viene cotto in un brodo affumicato e mantecato con burro di panna a cui viene aggiunta panna acida e kvass (preparazione dell’est, facendo fermentare il pane si ottiene una sorta di birra), sopra una sorta di croccante fatto sempre di pane rifermentato. Al centro pan brioche al farro per far la scarpetta da buon italiano.
Una degustazione gratificante che complessivamente dimostra ampia varietà di ingredienti, tecniche, abbinamenti e profondità di pensiero con quel leitmotiv di fondo dell’armonia generale del piatto che lascia intendere che del Giappone lo chef ha colto l’aspetto più importante. L’armonia, che è l’essenza stessa della sua anima.