Il respiro di Salina è ancora quello ancestrale delle isole vulcaniche, la natura si rivela nel suo spirito incontaminato, il tempo si sospende e lo sguardo si perde nell’infinito marino tra cielo e tramonto. Il Signum cambia e la parola che viene in mente è rinnovazione. Quasi un obbligo per chi scrive spiegare meglio sostantivo e concetto: il termine è usato molto nelle liturgie e in giurisprudenza e, a differenza dell’innovazione pura, che lancia scuole di pensiero e può introdurre modifiche drastiche o radicali, e del rinnovamento, che spesso sottintende uno svecchiamento, la rinnovazione suggerisce un cambiamento che tiene conto del passato, lo ripete e lo integra nel presente, creando continuità tra quanto era e quanto è, un punto di vista nuovo e fresco di un’idea preesistente, che implica non un svolta totale, ma piuttosto un adattamento o una reinterpretazione.

La sala esterna del ristorante
Il
Signum cambia dunque ma non nei suoi fini: resta rifugio di lusso eoliano, santuario del vivere raffinato,
locus amoenus dove l'anima trova riposo e i sensi si inebriano di tepore mediterraneo.
Luca Caruso è sempre custode di accoglienza professionale, calorosa, avvolgente e l’attenzione che riserva ai suoi ospiti trasforma ogni incontro in un momento di rara armonia; navigato sommelier, produttore dei vini
Eolia con la compagna
Natascia Santandrea,
Luca firma la carta dei vini ricca di grandi etichette e continua a curare con passione viscerale la cantina del ristorante, tra le più fornite e assortite d’Italia.

Natascia Santandrea e Luca Caruso, compagni di vita e di lavoro, titolari dell'azienda vinicola Eolia
Allora cosa è cambiato? Risponde la chef
Martina Caruso: «Il primo cambio è stato strutturale. Avevamo la stessa cucina da quando i miei genitori 35 anni fa iniziarono l’attività e l’hotel aveva 16 camere. Negli anni avevo aggiunto pezzi occupando gli spazi liberi come fosse un
Tetris. Oggi abbiamo 30 camere, 70 persone a colazione, un ristorante e un bistrot, era necessario un upgrade anche della cucina».
Strumenti interamente rinnovati: «Non più fornelli a gas ma piani a induzione, un nuovo forno Josper e un sistema di riciclo d’aria che ha dato un netto miglioramento alla qualità del nostro lavoro».
Altra novità è Oltremare, un menu di mare, ideato per questa stagione, sostanzialmente a base di pesci frollati per tempi diversi: «Mio marito Simone Di Mauro è veterinario e l’anno scorso al ristorante Punta Lena di Stromboli abbiamo assaggiato alcuni piatti con pesci frollati. I sapori ci hanno incuriosito, abbiamo acquistato un armadio frigo ad hoc e lui, grazie alle sue competenze professionali, mi ha dato dei buoni consigli per perfezionare la tecnica».

Martina Caruso e Simone Di Mauro
Nel menu
Oltremare si consolida l’eloquenza del racconto del Mediterraneo e di Salina, importante skill della chef, e si acuisce l’approccio profondamente sostenibile alla cucina: lische, bucce, e parti meno nobili qui trovano una nuova vita, diventano brodi e fondi magistralmente eseguiti e contribuiscono in maniera determinante a dare intensità e carattere unico ai piatti, dimostrando come ogni elemento possa avere il proprio ruolo in un percorso gustativo denso e significativo.
Per quanto riguarda la frollatura, la cuoca eoliana utilizza questa tecnica per esaltare la complessità della materia prima del mare isolano: il pesce concentra i sapori, si fa lieve, pura essenza di mare e di buono poi valorizzata da ingredienti funzionali ma non secondari. Martina Caruso scompone e ricompone sapori e prodotti del Mare Nostrum trasformando ciascuna portata in una sintesi di creatività e rispetto per le radici: nei piatti ogni componente è protagonista dell’esperienza stratificata che invita a scoprire il Mediterraneo sotto una luce nuova.

La sala interna inaugurata la scorsa stagione
Tutto questo non rappresenta solo un esempio di alta gastronomia, ma potrebbe essere un vero e proprio manifesto etico e sociale, un rito di riscoperta dei sapori autentici contaminati con grazia e tecnica. Il manifesto di una cucina considerata non semplicemente atto di nutrimento, ma viaggio che coinvolge sensi e suggestioni, un racconto culinario che lascia un segno indelebile al palato e all’anima.
Gusto, tecnica, narrazione e nuova visione: questa è la versione contemporanea del Signum. Questa è la rinnovazione firmata da Martina Caruso.
A seguire i piatti del menu Oltremare.

Bagnacauda di ricci. Crema di patate mantecata con latte e alici in emulsione con polpa di riccio cruda, olio e pepe nero. È il piatto signature di Martina Caruso, l’ottava delle isole Eolie. Goloso, diretto saporito, complesso, rappresenta l’unione perfetta tra mare e terra: patata e latte da un lato, ricci e alici dall’altro. Tendenze dolci opposte a sapidità estreme: la perfezione nelle asimmetrie

Pesce spada frollato con pompelmo e portulaca. Il pesce spada viene frollato per 8 giorni, cotto al Josper con una laccatura di pompelmo e soia e servito con portulaca. La frollatura conferisce al pesce una texture più tenera, intensità di gusto e succulenza, quest’ultima ampliata dall’acidità dell’agrume. Non mancano sfumature dolci e umami e una leggera e piacevole affumicatura. A chiudere le note fresche e acidule della portulaca

Triglia frollata 12 ore con zuppetta di mandorle, vongole, limone candito e bottarga. Piatto sferzante e di carattere che trova ritmo nei contrasti tra sapidità e dolcezza. C’è la nota iodata del pesce e dei frutti di mare, quella dolce e cremosa del frutto secco, l’acidità dell’agrume e l’intensità sapida della bottarga. Gioco di consistenze al palato

Alalunga affumicato con finocchietto selvatico e fondo bruno di pesce. Gusto, succulenza, affumicatura. Rilevante la nota erbacea del finocchietto che contrasta con la potenza e l’intensità umami del fondo bruno di pesce

Totano con pane, tuma persa e bieta. Il totano è cotto a bassa temperatura poi saltato con la bieta e la fonduta di tuma persa. La zuppa di pane viene lavorata con il nero e con le interiora del totano. Si tratta di un piatto di grande complessità in cui si trovano tutti i gusti: tendenza dolce del pane e del mollusco, delicata amarezza del vegetale, note marine del nero, acidità e aromaticità del formaggio

Mezzo rigatone con scorfano, zafferano e arancia

Tortello ripieno di seppia, velo di seppia, nero di seppia e brodo di seppia. Omaggio al mollusco in tutte le sue forme, è un piatto di grande intensità gustativa nonché è divertente incrocio di consistenze

Cernia frollata cruda e cotta. È un piatto che celebra la versatilità della cernia e l’arte della cucina sostenibile. Il pesce viene da un processo di frollatura durato 8/10 giorni e viene servito con una salsa di aglio, cipolla, teste di gambero, zenzero, olio, peperoncino. La parte cotta passa dal forno Josper e si caratterizza per la croccantezza della pelle. Anche qui sapori netti, sapidità, dolcezze levigate e affumicature e l’intrigante battaglia di consistenze dove il crunch della pelle diventa primo attore

Monte Fossa. Dedicato a Monte Fossa delle Felci, vulcano estinto nella zona orientale di Salina, alto quasi 1000 metri, è la montagna che diventa dessert. Gelato alla nepitella, mousse di castagne, finocchietto, funghi in agrodolce, cioccolato, terra di funghi e cialda croccante. Tipico esempio di come con un piatto si possa trasformare un paesaggio in esperienza gastronomica: ogni elemento del dessert richiama una parte del monte. Interessanti contrasti tra la dolcezza della mousse di castagne, la freschezza della nepitella, la complessità dei funghi in agrodolce e l'amarezza del cioccolato