21-08-2024

Cibo da spiaggia: che cosa mangiavano gli italiani al mare (con una ricetta golosa di Aldo Fabrizi)

Film, cinegiornali e rotocalchi ci raccontano uno spaccato della nostra "storia del gusto" estivo: le pietanze più in voga negli anni '50 e l'epopea dei "fagottari" che portavano tutto da casa. Cui Fabrizi forniva dritte per rigatoni speciali...

Pranzo sul mare (anzi, nel mare) nell'Italia d

Pranzo sul mare (anzi, nel mare) nell'Italia del Secondo Dopoguerra, qui siamo a Milano Marittima, frazione di Cervia (Ravenna) negli anni Sessanta e lo scatto, di Sante Crepaldi, è tratto da Silvano Collina - Il visionario, libro biografico scritto da Massimo Previato e dedicato appunto a Collina, mitico albergatore "estroso", allora direttore del Grand Hotel Bellevue di Milano Marittima stessa

Il cinema italiano ci ha consegnato una ricca galleria di immagini legate al cibo. Dalla miseria del dopoguerra alle grandi abbuffate il cibo, desiderato, preparato e gustato è stato al centro di numerose narrazioni cinematografiche. Con i primi esempi di commedie balneari iniziano a essere rappresentati anche i pranzi consumati al mare, sotto l’ombrellone o in trattoria, secondo dei modelli ormai così noti da essere fissati nella nostra coscienza collettiva.

Il cibo accompagna così la codificazione di nuovi riti, nuove abitudini legate all’impiego di un tempo libero finalmente ritrovato dopo la devastazione della guerra. In un momento storico in cui si avverte tutta la necessità e l’urgenza di riappropriarsi dei tempi e dei luoghi dello svago, gli italiani si riversano sulle spiagge con una vitalità che il cinema è rapido a intercettare. La costruzione del Paese passa, infatti, anche attraverso le rappresentazioni in immagini dei suoi divertimenti. Ombrelloni e pattini disegnano il nuovo paesaggio balneare tanto quanto le tavole di fortuna allestite sulle spiagge che inaugurano nuove pratiche di fruizione degli spazi marini e di consumo del cibo.

Sulle spiagge cinematografiche si mettono in scena tutti i momenti di queste giornate di festa. Ci sono i treni affollati, le file di auto, biciclette e motorini che fremono per raggiungere le coste, i bagni, la nascita di relazioni, le nuove forme di intrattenimenti organizzato e, ovviamente, le delizie dei pasti.

I "fagottari" (nello specifico, ecco Ave Ninchi) da un fotogramma di Domenica d’agosto di Luciano Emmer (1950)

I "fagottari" (nello specifico, ecco Ave Ninchi) da un fotogramma di Domenica d’agosto di Luciano Emmer (1950)

Da Domenica d’agosto di Luciano Emmer (1950) a Il sorpasso (1962) e L’ombrellone (1965) di Dino Risi, dalla ricostruzione al pieno boom economico non mancano mai i riti collettivi di condivisione del cibo. I film e i materiali d’archivio riprendono la nascita dei nuovi soggetti balneari, i “fagottari”, cioè gli abitanti delle città che la domenica si riversano sulle spiagge portando con sé panieri ricolmi di cibo da consumare sull’arenile. Nei picnic balneari compaiono panini imbottiti, frittate con le cipolle, spaghetti e rigatoni al sugo, pollo arrosto e verdure stufate, oltre agli immancabili fiaschi di vino e alle rinfrescanti fette di cocomero.

Anche i periodici a largo diffusione si sono sempre occupati delle forme di svago degli italiani durante l’estate. A dimostrazione di quanto il discorso sul cibo sia stato considerato da subito rilevante per la costruzione di una identità collettiva nel dopoguerra, non manca mai negli articoli dedicati alle giornate di fuga al mare una parte che si occupa dei consumi alimentari e dei piaceri del pranzo balneare.

Come piccolo esempio si può guardare all’articolo “Finisce in trattoria la domenica dei romani” del lungo reportage “Le domeniche degli italiani” comparso su La Settimana Incom illustrata (ossia la versione cartacea del famoso cinegiornale) del 24 luglio 1954. Come in alcuni film coevi l’articolo raccoglie le testimonianze di diverse persone che si apprestano a lasciare Roma nelle torride domeniche estive per trovare sollievo sulla costa. Tra questi spiccano alcune figure d’eccezione: il “ghiottone errante” Paolo Monelli e Aldo Fabrizi che la domenica mattina raggiunge la sua villa di Ostia.

Qui si diverte a sperimentare ricette, soprattutto variazioni su classici della tradizione gastronomica romana. In particolare si specializza in sughi per condire i rigatoni proprio nel momento in cui tutte le trattorie romane sono impegnate a combattere una “guerra degli spaghetti” con l’obiettivo di inventare nuovi piatti che riescano a replicare il successo della carbonara.

Aldo Fabrizi e i rigatoni

Aldo Fabrizi e i rigatoni

Fabrizi confida al giornalista la sua ultima trovata, di cui fornisce la ricetta “segretissima”, destinata a tutti quei lettori che condivono la sua stessa curiosità gastronomica.

 

RIGATONI ALLA ALDO FABRIZI
Tagliare delle zucchine a costicine lunghe come mezza sigaretta, cuocere adagio con prosciutto, olio, cipolle, pomodoro e un po’ di vino bianco asciutto. Far bollire in molta acqua i rigatoni. Sbattere due uova fino a farle diventare sode, versarle nella salsa, aggiungere un pizzico di sale e di pepe, una punta di peperoncino. Versare la salsa sui rigatoni dopo averli tolti dall’acqua e servire.

 

A contendere a Fabrizi la fama di gran cuoco del litorale laziale arriva il conduttore Mario Riva che dalla sua villa di Fregene propone, in opposizione alla veracità del piatto di rigatoni la ricetta di un pasticcio di riso.

 

PASTICCIO DI RISO ALLA MARIO RIVA
Si prepara il riso. Si fa soffriggere burro e cipolle tagliate finissime, e vi si butta dentro il riso che si lascia brustolire per tre minuti circa. A parte, intanto, si è preparato del brodo in quantità circa doppia del volume del riso e lo si aggiunge. Si mette tutto nel forno per il tempo di un quarto d’ora. Intanto si prepara del sugo di pomodoro e della besciamella. Si prepara uno stampo spalmandolo di burro e pan grattato, vi si depone nel fondo un letto di riso, poi uno strato di polpettine di carne oppure di prosciutto e formaggio. Poi si versa sopra il sugo, poi un altro strato di riso, uno strato di besciamella, un terzo strato di riso, si spolvera di parmigiano. Il pasticcio è pronto.

 

La domenica al mare dei romani non è solo cibo cucinato in casa. Se molti bagnanti banchettano con le vivande portate con sé, sono prese d’assalto anche le trattorie che dispiegano il repertorio classico dei pranzi romani domenicali: fettuccine, polli alla diavola, abbacchio, porchetta alla romana.

I rotocalchi propongono anche menu pensati per combattere le torride temperature estive. Tra le proposte figurano uova farcite con acciughe o prosciutto e maionese, pollo in gelatina al limone e diverse versioni di pomodori ripieni. Dai classici pomodori di riso, a quelli riempiti di macedonia di legumi o purea di scampi e uova sode. Non manca l’intramontabile insalata di riso, qui chiamata “riso di fantasia” con capperi, olive nere, mandorle, scampi. Impossibile rinunciare nel clima disteso e rilassato delle vacanze estive a un cocktail tonificante: il Cocktail del sole a base di whisky e vermouth e il Paradiso con succo d’arancia, succo di limone gin e acquavite all’albicocca.

In questi tempi di prepotenti revival nostalgici le immagini dell’“estate italiana” fatta di picnic in spiaggia, panni stesi al sole, granite e stabilimenti balneari invasi dai gonfiabili, popolano ormai i feed di tutti i social media.

I caratteri tipografici delle vecchie insegne, i colori sbiaditi delle foto in pellicola, i carretti dei gelati fanno parte di un immaginario vintage che si cerca oggi in tutti i modi di recuperare. Ecco allora che anche i pranzi al mare vivono una loro riattualizzazione: sui pattini e sulle barche, sulla riva o sotto gli ombrelloni cambia cosa mangiamo ma il piacere di un convivio estivo rimane sempre lo stesso.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Arianna Laurenti

a cura di

Arianna Laurenti

storica dell’arte, si è laureata in Storia della fotografia all’università Sapienza di Roma. Attualmente è dottoranda in Visual media studies presso Iulm. Si occupa di storia della cucina italiana e cultura di massa del Secondo Dopoguerra. Colleziona ricettari, beve vini naturali, ha sempre almeno tre libri in borsa

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