Da qualche settimana Jacopo Ticchi ha annunciato i suoi prossimi programmi. Lo chef e titolare della trattoria riminese Da Lucio, tra i giovani talenti più interessanti della nuova cucina italiana, noto soprattutto per il suo approfondito lavoro sulle frollature del pesce e sull'approccio nose to tail applicato ai prodotti ittici, ha svelato due cose importanti.
La prima è che, per la seconda volta nella sua non lunghissima storia, Da Lucio cambierà sede. Per traslocare, citiamo testualmente dal comunicato con cui si dava la notizia, "letteralmente in mezzo al mare, all’interno della Darsena di Rimini, in viale Ortigara 80, provando a rendere reale un sogno che Jacopo ha sempre avuto, quello in cui pesce e mare possano dialogare".
La seconda è che non si definirà più "trattoria". Anche questa non è una cosa da poco. Lo stesso Ticchi, proprio parlando con Identità Golose, aveva più volte rivendicato il suo attaccamento a questo concetto, collegandolo anche alla voglia di sentirsi, come deve fare chi guida con coscienza una trattoria, fortemente radicato in un territorio.

Jacopo Ticchi sul palco di Identità Milano 2024
E adesso che cosa succederà? Cosa diventerà
Da Lucio e come cambierà l'approccio alla cucina di mare di
Jacopo Ticchi, un approccio raccontato con grande passione anche durante la più recente edizione del congresso di
Identità Milano (
qui la cronaca della giornata che l'ha visto protagonista)? Lo scopriremo
il 17 settembre, data prevista per l'inaugurazione del nuovo locale, dopo due settimane di pausa e un mese, quello di agosto, che anche quest'anno avrà al suo centro il menu del
fermo pesca (l'abbiamo raccontato
in questo articolo), che viene proposto quando nell'Adriatico le autorità impongono delle sospensioni dell'attività di pesca marittima.
Noi però siamo curiosi, oltre che golosi. Così abbiamo deciso di chiamare Ticchi e di incalzarlo amichevolmente con le nostre domande. Partendo dalla più semplice e diretta: Jacopo, ma che succede?

«La decisione di cambiare sede è nata inizialmente da questioni legate al contratto con la vecchia proprietà, ma in realtà potevamo aspettare ancora un po'. Il fatto è che questo cambiamento rappresenta molto di più. Ho sempre avuto in mente un ristorante dei miei sogni, che spesso prendeva le forme di un locale in campagna, infatti la mia ricerca si era orientata verso un ambiente rurale che potesse incarnare questa visione. C'era solo un'alternativa possibile, un posto tra i più ambiti di Rimini, che desideravo da sempre: l'unico ristorante sulla costa proprio in mezzo al mare. Questo locale, costruito con la nuova darsena, ha quasi la forma di una barca nel mare, con una sala tutta circondata dall'acqua. Quando ho visto che si stava liberando ho colto al volo l'occasione e sono partito all'attacco: c'era molta concorrenza, ma per fortuna la proprietà si è innamorata del nostro lavoro e del nostro progetto. E ora eccoci qui, pronti ad affrontare la sfida, nonostante i rischi e le difficoltà che comporta».
Parlaci di questi rischi, di che si tratta?
Il nuovo locale è affascinante, ma impegnativo, qualcuno lo definirebbe "maledetto". Nei suoi vent'anni di vita è stato maltrattato da molte gestioni passate, tutte fallimentari, quindi ci sono anche tanti lavori da fare. D'inverno essere in mezzo al mare presenta difficoltà particolari, ma non mi spaventa, lavoriamo tutto l'anno per portare persone al ristorante. La nuova sede ci permetterà invece di realizzare un ambiente che faciliterà il servizio e la logistica, con una forma della sala che andrà esattamente nella direzione che ho in mente per il mio ristorante ideale.
Spiegaci meglio cosa hai in testa...
La nuova sala avrà la forma di un rettangolo con una punta tondeggiante, con tavoli lungo le vetrate e aree di servizio centrali. Questa struttura migliorerà significativamente la logistica del servizio, permettendoci di concentrarci maggiormente sui clienti. Avremo una cucina in sala con un forno a legna e una griglia a legna, che rappresentano il nostro modo di cucinare da sempre, ma che ora prenderà una forma più evoluta e funzionale. La cucina in sala per me non serve solo a mostrare i cuochi ai clienti, ma anzi: quello che voglio è mostrare i clienti ai cuochi, per creare una relazione diretta tra chi cucina e chi mangia. Questa connessione è qualcosa che ho apprezzato molto durante le mie recenti esperienze in Giappone e in altri ristoranti del mondo. L'obiettivo è mantenere la nostra anima e le nostre caratteristiche di servizio, ottimizzando gli spazi per dedicare più attenzione ai clienti. Abbiamo ripensato tutto l'arredamento nei minimi dettagli: ci saranno banconi in pietra naturale, una grande vetrina con i nostri vassoi di pesce, un'evoluzione di quello che già oggi è il nostro lavoro. E poi ancora altre novità interessanti...

Raccontacele tutte!
Una delle aree su cui ho maggiori aspettative sarà una sala con un grande tavolone da venti persone, che potrà essere utilizzato per tavolate speciali o per ospitare gruppi diversi in condivisione. Questo spazio flessibile ci permetterà di adattarci a diverse esigenze, offrendo un ambiente accogliente e dinamico per tutti i nostri ospiti. Sono altrettanto entusiasta delle idee che abbiamo sulla pasticceria: sarà un evoluzione del nostro carrello, solo che nel nuovo ristorante saranno i clienti a lasciare il loro tavolo per scegliere il proprio dessert in una zona interamente dedicata. Avrà uno stile da classica pasticceria italiana, con gli scaffali su cui ci saranno le proposte secche, il bancone dei gelati, e le proposte non saranno quelle da dolce al piatto da ristorante, ma saranno maggiormente legate a un'idea tradizionale della pasticceria.
Abbiamo iniziato a parlare di cucina: in che modo evolverà il vostro lavoro in questo senso?
Stiamo lavorando alla creazione di un menu che possa sostituire gradualmente la proteina pesce con altre materie prime. Il nostro lavoro rimane centrato sul pesce, ma bisogna essere onesti con se stessi: con i livelli di consumo attuali, se guardiamo al futuro non sarà più sostenibile avere un ristorante che serve solo pesce. La nostra identità, costruita in questi anni, la definirei così: le maturazioni nell'ecosistema Adriatico, il valore del tempo che plasma le materie prime. Saremo in mezzo al mare, dunque il fulcro della nostra esplorazione gastronomica continuerà a essere il mare, ma stiamo lavorando molto sui vegetali, sulle loro maturazioni, e stiamo progettando un orto sulla scogliera per coltivare erbe locali. Per questo stiamo collaborando con Lorenzo Barbasetti, un ragazzo bravissimo di Venezia specializzato in erbe alofite con il suo progetto The Tidal Garden: sono le uniche che possono crescere in quel contesto. E poi studieremo sempre di più l'ecosistema marino, le alghe... Sarà un'evoluzione graduale, che passo dopo passo ci permetterà di trovare nuove soluzioni e una nuova voce gastronomica.

Un'evoluzione che tra le altre cose si lascerà alle spalle quel "trattoria" nell'insegna: come racconteresti questa scelta?
Sarà un modo per raccontare la nostra crescita: inizialmente dovevamo collocarci, anche economicamente, in un mercato. Il termine "trattoria" serviva per posizionarci in un panorama ristorativo e anche per dare un'idea rilassata e rassicurante per i clienti. Ma abbiamo anche studiato molto l'interpretazione contemporanea della trattoria e ultimamente mi sono sentito di essere meno in linea con questo concetto, che ho sempre vissuto anche con un pizzico di romanticismo. In fondo noi non abbiamo mai incarnato il modello della trattoria che ripropone e rilegge ricette note e consolidate, anzi: abbiamo sempre cercato di spingerci in territori inediti, di sperimentare idee nuove. La nostra identità in questi anni si è rafforzata e vogliamo toglierci questa etichetta per esprimere al meglio quello che siamo diventati. La brigata organizzata in un certo modo, il reparto di ricerca e sviluppo... è evidente che applichiamo, non solo ma anche, metodi dell'alta ristorazione. Non abbiamo intenzione di diventare un ristorante di fine dining classico, ma manterremo la nostra anima e la nostra ambizione di migliorarci costantemente.

Vorrei tornare su un altro tema che ti è caro, la responsabilità ambientale. Il menu del fermo pesca nasce da questo spirito e poco fa dicevi in modo chiaro che un ristorante di solo pesce, nel futuro, non sarà sostenibile. Ci spieghi meglio le tue idee a riguardo?
Una cucina che prevede solo pesce - e quindi crostacei, molluschi, pesci di grossa dimensione - presenta una serie di sfide. Noi utilizziamo pesci di grande taglia, che sono leggermente più sostenibili rispetto a quelli piccoli a causa delle modalità di pesca, tuttavia i limiti ci sono eccome. Valorizziamo ogni parte dell'animale, ma un ristorante che compra centinaia di chili di pesce ogni mese, come facciamo noi, non è più sostenibile a lungo termine. Non posso più ignorare i costi crescenti e il senso di responsabilità verso l'ambiente. Vedo ogni giorno e ogni sera i pescherecci che escono ed entrano dal canale di Rimini davanti al ristorante. La quantità è impressionante e non posso fare finta che questo non abbia un impatto. Ho firmato un contratto di affitto di dodici anni e mi auguro di continuare a fare questo mestiere per molti anni ancora. Ma non posso immaginare di continuare ad utilizzare la stessa quantità di pesce per tutto questo tempo. È una questione di rispetto per l'ambiente e di necessità economica.

Dunque vuoi diversificare l'offerta?
Stiamo studiando e pensando a un menu che possa offrire le stesse emozioni ai clienti, ma con un uso più concentrato delle materie prime. Questo significa integrare nel nostro menu più vegetali e prodotti provenienti da allevamenti sostenibili. Lavoriamo con allevatori che ci forniscono prodotti come la mora romagnola, allevata con responsabilità su ampi terreni. Un maiale allevato in questo modo può fornirci materia prima per un intero anno, un approccio molto più sostenibile rispetto alla pesca intensiva. L'esperienza gastronomica che offriamo ai nostri clienti deve rimanere di alta qualità e soddisfacente, ma non possiamo limitarci a servire solo pesce. Non credo che la soluzione sia diventare un ristorante vegetariano, ma piuttosto bilanciare meglio le materie prime. La chiave è diversificare, evitando di dipendere esclusivamente da una sola fonte di materia prima, che sia pesce, manzo o qualsiasi altra cosa. Il mondo della pesca è in crisi e penso che sarebbe meglio per tutti se si imponesse una pausa di cinque anni sulla pesca per permettere al mare di rigenerarsi. Questo sarebbe un gesto significativo per la sostenibilità a lungo termine. Anche se ho iniziato come ristoratore di pesce, riconosco che dobbiamo adattarci ai tempi e trovare modi per ridurre l'impatto ambientale del nostro lavoro: non è solo una necessità, ma anche una responsabilità che dobbiamo assumere come parte della comunità globale.
Jacopo Ticchi, ancora una volta, si conferma molto più che un bravo cuoco. Le sue idee sono chiare, ambiziose e coraggiose. Dal 17 settembre (data che potrebbe subire qualche ritardo, si sa come va con le ristrutturazioni...) lo aspettiamo con il ristorante dei suoi sogni. E con tanta realtà da mettere nei piatti.