Solo un dato per farci un'idea: Milano ha un milione e 350 mila abitanti, Bolzano “solo” 110 mila con tre lingue parlate (italiano, tedesco e ladino). E' una città di passaggio e di... assaggio, con botteghe storiche, enoteche vitali e una cucina che non si accontenta più di replicare il sapere degli avi contadini, ma la rivisita osando. Bolzano è una città con numeri piccoli ma un potenziale enorme. Qui anche se i negozi sotto i portici sono ormai appannaggio dei brand internazionali, rimane tradizione comprare lo speck e lo schüttelbrot, il caratteristico pane di segale. Il mercato delle erbe che parte dall'omonima piazza resiste al tempo e dal lunedì al sabato dal 1295 ospita un frenetico viavai alla ricerca di frutta e verdura, ma anche di salumi e lievitati. In piazza Walther non c'è più lo storico negozio austriaco della torta Sacher emigrato un anno fa a Trieste e in pochi si ricordano che proprio in questo salotto buono della città venne aperto il 15 ottobre 1985 il primo McDonald's in Italia.

Il Duomo visto da piazza Walther, centro di Bolzano
Il fascino di Bolzano è nella molteplicità delle sue contaminazioni: l'eleganza imperiale, la varietà di stili architettonici, lunghe passeggiate e biciclettate nel verde, l'ampliarsi del ventaglio di etnie. Tanta gente a passeggio nel centro ma gli orari dei ristoranti seguono quelli tedeschi: se a cena arrivi dopo le 21 è consuetudine trovare la cucina già chiusa (e sentirsi rispondere... «qui non siamo a Bari») mentre per un buon bicchiere di kerner, di lagrein o una birra artigianale riesci a fare le ore piccole nei vicolini del centro, con tappe gettonate alla taverna Fischbänke e da Enovit, prima storica enoteca bolzanina con 1.000 etichette e la nostalgia per la forzata assenza della clientela russa, capace di stappare un Petrus Grand Vin Pomerol annata 2002 da 4.250 euro al pari di un'acqua tonica. Da queste parti troneggia un detto: “Venezia è stata fondata sull'acqua, Bolzano sul vino” e non a caso, questo Comune, con una superficie coltivata a vigneti per oltre 700 ettari, è il terzo della regione dopo Appiano (1.000 ettari) e Caldaro (800 ettari) con il lagrein a farla da padrone.

All'ora dell'aperitivo i locali si riempieno di giovani e turisti per un bicchiere di kerner o lagrein o una fresca birra artigianale
Se vi capita di girare in città in una giornata di sole di fine primavera o inizio estate non sarà semplice trovare un tavolo all'aperto per pranzare perchè qui arrivano abitualmente gli austriaci (Innnsbruck è a 120 km) per la classica gita fuori porta. Fanno shopping alla moda, riempiono il baule con la spesa “all'italiana” in uno dei tanti supermercati, pranzano sereni, passeggiano lungo i fiumi Adige ed Isarco e al tramonto riprendono la via di casa.
Bolzano è passato, presente e futuro insieme anche in fatto di cucina. Non ci sono ristoranti stellati visto che da giugno lo chef Claudio Melis ha scelto di mettersi “In viaggio” verso Merano dove, insieme alla moglie Monica Wieser e al figlio Tito, ha preso dimora presso lo storico Hotel Irma per un progetto di accoglienza a più largo respiro. Diciamo subito che mangiare bene a Bolzano ha un prezzo, in buona parte giustificato dalla qualità degli ingredienti e dal livello del servizio.

Gottfried Messner, chef del ristorante Thaler Arome, con alle spalle il suo secondo, Dominik Stuefer
Per Thaler Arome c'è poi il valore aggiunto dell'ubicazione: è sotto i portici, ma sopra i tetti di Bolzano. Una terrazza dove lo sguardo sconfina sulle montagne di casa e sui vigneti. C'è un menù alla carta che cambia stagionalmente arricchito da proposte nuove ogni giorno e da un menù a sorpresa di 4 portate a 65 euro. A dirigere la cucina lo chef altoatesino Gottfried Messner, 56 anni, specializzato in antipasti (un classico imperdibile la tartare di manzo) e dolci, al suo fianco Dominik Stuefer, 31 anni, che cura i secondi mentre i primi piatti sono affidati a Rolando Risaliti, 24 anni.

La terrazza panoramica sui tetti di Bolzano del Thaler Arome
Una cucina “disinvolta” capace di mettere nello stesso piatto carne e pesce con accostamenti originali di frutta e verdura. Uno degli
evergreen del Thaler Arome è la
tartare di manzo servita come antipasto in abbinamento
ad avocado grigliato, pan brioche e burro salato. La pasta è sempre artigianale e difficilmente mancano
le tagliatelle che io ho assaggiato
con crema di broccoli, gel al limone e briciole di acciughe. Tra i secondi brillano il
petto d'anatra con grissini di patata, invidia glassata e salsa d'arancia a dare colore e freschezza al piatto. Ottimo
il branzino servito con patate e pomodori su un fondo di crostacei.

Il Branzino con patate e pomodori su un fondo di crostacei servito al Thaler Arome
E chi cerca il sigillo altoatesino, non può rinunciare al dolce con
la creme brùlèe ai fiori di sambuco con gelato alla pesca o l
a fetta al latte con ciliegie e gelato al miele. Servizio di sala molto attento e sorridente, buona lista dei vini, a calice e in bottiglia.
Chi si sta “attrezzando” per arrivare il più in fretta possibile alla stella è sicuramente il ristorante Zur Kaiserkron (non a caso “corona imperiale) al pianterreno di Palazzo Pock, maestoso edificio rococò in piazza della Mostra con un passato da albergo di lusso e teatro. L'interno è di un'eleganza contemporanea con le volte a richiamare una storia antica.

L'interno del ristorante Zur Kaiserkron è elegantemente curato in ogni dettaglio
La brigata dell'executive chef lucano
Filippo Sinisgalli è subentrata nel 2021 a uno storica gestione, con le molteplici incognite del post Covid. Una scommessa che Sinisgalli, formatosi alla scuola di
Gualtiero Marchesi, cresciuto con esperienze importanti all'Esplanade di Desenzano, all'Armani Hotel a Dubai e alla locanda Mezzosoldo in Val Rendena dove ha preso la stella Michelin, non ha mai pensato di perdere. La partenza è stata in salita ma lui non ha snaturato la sua idea di cucina anti-spreco che evita di riempire il frigorifero con il rischio di dover poi buttare ciò che non è stato usato e dove alla moda del chilometro zero ha sostituito il concetto di cholometro “vero”, ossia vado a prendermi i prodotti di qualità nel miglior territorio possibile, quello che non usa pesticidi o scorciatoie senza etica.
«Amo la cucina – afferma lo chef – perchè fa stare bene la gente e perchè mangiare è felicità
».

L'uovo è l'ingrediente preferito dallo chef Sinisgalli che mette in ogni suo menu. Eccolo nella versione al cartoccio... miseria e nobiltà
E allora aspettatevi un'esperienza sensoriale dove la vista è quella che assaggia per prima il piatto, in un tripudio di colori. In ogni menù non manca mai l'uovo, ingrediente preferito dallo chef, «perfetto nella forma e nell'equilibrio di gusto, capace di trasformarsi seguendo la creatività e le stagioni». E così te lo ritrovi al cartoccio, proposto tra gli antipasti. Molto ben impiattati i primi piatti
: i bottoni di ricotta, bietola, asparagi selvatici e speck Igp richiamano i prati fioriti visti qualche ora prima, mentre
il pacchero allo scoglio, con pesci da amo, gamberi e scampi ti ricorda come Sinisgalli sia uomo del Sud con il Mediterraneo nel cuore.

Bottoni di ricotta, bietola, asparagi selvatici e speck Igp: un piatto di chef Sinisgalli che esalta il territorio
Tra i secondi il piatto più gettonato è
l'agnello Brillenschaf della Val di Funes, la razza ovina più antica del Sudtirolo, proposto
con erbe e fiori di campo.

L'agnello Brillenschaf della Val di Funes, la razza ovina più antica del Sudtirolo, è tra le proposte del Zur Kaiserkron
A fargli concorrenza
il piccione accostato a un cippolotto farcito e bietole ripassate. Fantasiosi i nomi dei dolci (
Caffè sospeso, Il sole sa di fragole, Dolce risveglio...) ma su tutti vince
Amarsi un po' , cremoso al pistacchio su frolla croccante. Tre i possibili menù degustazione: a 5 portate (105 euro), quello ispirato al mare (140 euro) e quello a 7 portate (150 euro). Carta dei vini importante, con etichette di champagne all'altezza. Brigata giovane che esalta il ruolo di formatore di Sinisgalli affincato da due sous chef,
Pietro Scelzo e
Alex Forlin.

Amarsi un po' è il delizioso cremoso al pistacchio con il quale ho sigillato la mia cena da Sinisgalli
Ma vogliamo darvi un altro consiglio: a una decina di chilometri Bolzano, salite dolcemente in auto (o in funivia) fino a raggiungere San Genesio dove al centro del paese e accanto alla chiesa c'è la locanda Zum Hirschen (Al cervo), inaugurata nel 1935 dalla famiglia Oberkofler che l'ha sempre gestita con le sue donne, giunte ormai alla quinta generazione. Nel tempo alla locanda si sono aggiunte 27 camere, ma gli uomini continuano a dedicarsi al lavoro nei campi e all'allevamento dei cavalli avelignesi. Qui poco è cambiato nella filosofia delle origini, da subito vicina ai temi della sostenibilità e dell'economia circolare: in cucina si utilizzava ciò che si produceva, evitando sprechi e scarti. Un impegno mai tradito negli anni e ora premiato dalla stella verde Michelin e dalla certificazione internazionale del turismo sostenibile del GSTC che in Alto Adige contraddistingue solo 12 strutture con grande orgoglio di Petra e Maria, le sorelle al timone.

Maria Theresia Lutz, 42 anni, a capo della cucina del ristorante Zum Hirschen, stella verde Michelin, sulle alture di San Genesio
Ambiente curato e dominato dal legno chiaro: qui tutto profuma di buono e di autentico e guardando il menù capisci subito che quella stella verde non è un regalo. A capo della cucina c'è
Maria Theresia Lutz, 42 anni, 20 dei quali trascorsi nella locanda, un record in tempo di personale mordi e fuggi. Ma lei ha un altro primato: è a capo di una brigata di 7 uomini.
«Goditi il tuo lavoro perché è metà della tua vita» è il suo motto e lei in cucina si diverte cucinando solo ciò di cui conosce l'intera filiera: non a caso sul menù molti ingredienti sono raccontati con il nome del maso di provenienza. Noi abbiamo provato il canederlo di erbe con asparagi, ma non avremmo sbagliato neppure con il risotto al crescione e ricotta della casa o gli spaghettini di segale al pesto di erbe selvatiche e speck bio. Impiattamenti semplici, ma esaltati da una cucina artigianale di amore e passione.

Canederlo con asparagi ed erbe raccolte dalla chef stella verde Michelin
Qui si viene soprattutto per mangiare carne come non trovi altrove e lo conferma la
scaloppina di puledro del maso Unterwirt unita a ceci fritti e fagioli allo speck. In alternativa
capretto arrosto della val Sarentino,
filetto di manzo alle erbe o
tomahawk di vitello con zucchine grigliate e patate alla paprica. Le erbe che la stessa chef coltiva nell'orto o raccoglie in montagna sono il jolly con il quale sa dare carattere a ogni proposta senza rovinarne gli equilibri. Zum Hirschen è un posto dall'accoglienza famigliare ma con 50 coperti per gli ospiti della casa (che hanno un menù proprio e giornaliero) e 80 per gli esterni.

La Scaloppina di puledro unita a ceci fritti e fagioli allo speck, specialità del ristorante Zum Hirschen
Tanto lavoro ma altrettanta sostenibilità umana: due giorni di riposo settimanale, affiatamento e rispetto reciproco. Perchè qui il concetto di “insieme” è il primo ingrediente per realizzare un buon piatto.