29-03-2024
Carlo Cracco a lezione all'Università Iulm, con i ragazzi della tredicesima edizione del "Master in Food and Wine Communication". A destra, Gabriele Zanatta
L’evoluzione della figura dello chef e il suo modo di comunicare nella storia della cucina italiana. È il tema per cui è stato chiamato a tenere lezione, all’Università Iulm di Milano, ai ragazzi della tredicesima edizione del Master in Food and Wine Communication, il vicentino Carlo Cracco, invitato dal docente Gabriele Zanatta. Protagonista della cucina e della comunicazione dell’ultimo quarto di secolo, il cuoco vicentino ha deviato fin da subito i fari dell’attenzione dalla sua figura a quella del suo maestro. Perché, ha esordito con gli studenti, «Tantissimo di quello che vediamo nella ristorazione di oggi, direi almeno il 70%, non sarebbe mai avvenuto senza Gualtiero Marchesi. E oggi vorrei parlarvi di lui». «Marchesi è un signore che ha intuito prima degli altri, nel periodo effervescente tra gli anni Settanta e Ottanta, tutto quello che sarebbe successo dopo. Allora la cucina era come un Ufo nell'opinione pubblica: non destava alcuna attenzione. Ma questo signore ha cambiato le regole del gioco, ribaltando il ruolo del ristorante, istituendo la figura dello chef – o del cuoco, per me il significato è lo stesso – come vero elemento di attrazione di un luogo in cui si fa da mangiare». «All’epoca», ha rievocato Cracco, «cominciavano a farsi strada le prime trattorie di lusso, da Cantarelli in Emilia a Guido da Costigliole in Piemonte. Peppino Cantarelli e gli Alciati cercavano di far conoscere un territorio attraverso le ricette e i vini, non solo italiani ma anche francesi, americani o tedeschi. La gente andava lì con un atteggiamento nuovo: per capire, conoscere, assaggiare. E alla fine del pasto, Peppino ti riempiva la macchina di culatello, di salame, vino. Ti vendeva quello che ti aveva fatto da mangiare, un gesto pionieristico, a suo modo». LA GIACCA BIANCA. Ma Marchesi fece di più: «La differenza con Cantarelli è che lui indossò pubblicamente la giacca bianca, una cosa che nessuno aveva mai fatto prima. Decise di imprimere su quell’uniforme il suo cognome, la sua faccia. Si vendeva come chef, senza esserlo di fatto: cucinò pochissime volte. Ma è stato il primo vero comunicatore, un pensatore della cucina. Un grande intellettuale capace di sintetizzare tutte le esperienze precedenti per aprire a Milano, in via Bonvesin de la Riva, nel 1977. Mettere la giacca bianca è stato come avere addosso un’opera, una divisa: certificava lui e tutti noi che lavroavamo con lui».
Carlo Cracco (terzo da sinistra) nella brigata di Gualtiero Marchesi (quinto da destra). Correva l'anno 1986
Foto ricordo coi ragazzi del Master
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
classe ’98, fiorentino, laureato in Economia aziendale, si è specializzato in Food & Wine Communication con un master all'Università Iulm di Milano
Mattia Pecis al pass del Cracco Portofino
A sinistra, lo chef Carlo Cracco e a destra Luca Sacchi, la sua ombra al ristorante Cracco, Milano. Foto Brambilla-Serrani
Dall’Italia è una narrazione in continua evoluzione di tutto il buono che racchiude in lungo e in largo il nostro Belpaese. Una rubrica che ci porta alla scoperta delle migliori trattorie, i ristoranti più esclusivi, osterie, tra le vette più alte o in riva al mare. Delizie che non possono sfuggire alle rotte dei più entusiasti viaggiatori.