Villa d’Amelia è un relais nelle Langhe, a Benevello, in una zona dell'Alta Langa che consente la vista su Alba e sulle Alpi e porta con sé un vento fresco, a creare una condizione ideale per la crescita di vini a bacca bianca più che dei più famosi rossi; non è un caso se un certo Gaja ha scelto di costruire proprio qui vicino la sua nuova cantina di vinificazione.
Il Relais si presenta come un antico podere ottocentesco, appartenuto in passato alla famiglia Bonelli. Oggi la proprietà è passata alla famiglia piemontese Barberis che lo ha ristrutturato interamente, e ne ha fatto un luogo di riferimento per la zona.
La struttura dedicata a Madama Amelia Bonelli, la fondatrice della casa, di cui ancora si narrano le sue doti di ospitalità, tanto che all’entrata non mancava mai una grande brocca d’acqua per gli invitati. Così ancor oggi in suo onore, si trova dell’acqua all’entrata principale del relais, simbolo della sacralità dell’ospite e della continuità nell’accoglienza. Villa d’Amelia offre 37 camere con una spa, una piscina e ogni confort per i turisti che vogliono godere di questa vista; non mancano anche un bistrot e un ristorante gourmet, entrambi sotto la guida del giovane chef bellunese Dennis Cesco.
Classe 1993, per molti anni braccio destro di
Damiano Nigro, a partire da un paio d’anni dirige e sceglie le ricette dei due ristoranti. Viene dal Veneto e dalle splendide montagne dolomitiche, dove ha cominciato a sperimentarsi in cucina nei ristoranti della zona, dopo gli studi alberghieri; giunge così nel ristorante dello chef
Alberto Zago che gli dà i primi consigli. Poi la scelta di spostarsi in Francia, grazie ai suggerimenti proprio di
Damiano Nigro, che lo spinge ad imparare le tecniche e le ricette della grande tradizione transalpina. Quindi stelle e tante:
Alain Solliveres, poi Yannick Alléno al
Pavillon Ledoyen e infine da
Christoph Pelé a
Le Clarence Paris sempre a Parigi.
È un lavoro fortemente artigianale quello di Dennis, che parte dal disegno del piatto (inteso proprio come contenitore, che studia ed elabora nei minimi dettagli), fino alla scelta delle materie prime e degli ingredienti che partono da questo territorio nobile e ricco. «Ogni piatto contiene almeno un ingrediente della Regione e i produttori sono tutti direttamente selezionati per garantire l’alta qualità delle materie prime», afferma Cesco. Se il menù del bistrot è fortemente segnato dalle assonanze con la cucina locale, il menu del DaMà, rigorosamente degustazione, fornisce la forza e la fantasia che lo chef sa mettere nei piatti.
L’influenza tipicamente francese si intravede nella bella forza stilistica e nella cura dell’estetica, che denota lo studio e le fatiche che le tante esperienze in giro nelle cucine del mondo hanno lasciato nelle sue mani.
Un esempio perfetto sono le entrée che rimandano a raffigurazioni della natura, come una deliziosa Tartelletta, a ricordare la frittata della domenica, con una base fatta di frittura di foglie di borragine, riempita di crema di cipolla stufata, e decorata con i fiori di borragine freschi. L’immagine che si crea ricorda il fiore del cardo mariano, che rimane integro al passaggio delle mandrie nei pascoli e viene appeso a seccare nelle case di montagna. Oppure il Chawanmushi di basilico e fagiolini, con un foglio di patata disegnato prima e stampato in 3d poi, che lo racchiude.

Chawanmushi di basilico e fagiolini
Quindi qualche giusto spazio al territorio con
Ravioli ripieni di castelmagno e salsa al vin jaune e la
Rolata di coniglio, un perfetto cilindro che ricorda un dolce di pasticceria. Infine i dolci, come la
Mousse di seirass con rabarbaro sotto vuoto, gelato al miele e olio di foglie di tagete.
Il compito di un narratore gastronomico sta tutto nella capacità di gustare e catalogare la creatività e le idee di uno chef e nell’individuare una mano che può farsi stile, tendenza. Questo ci lascia il menu di Dennis Cesco, il segno costruito sul lavoro costante e instancabile di tutti i giorni. Non di sola passione si costruisce una grande cucina.