19-07-2023
Antonia Klugmann: «L'alta ristorazione non ha mai avuto un pubblico così ampio»
DIBATTITO SULLA CUCINA D'AUTORE - La cuoca triestina respinge al mittente l'ipotesi di crisi del fine dining. E aggiunge: «Funzionerà sempre meno l'idea di ristorante-astronave, sganciato dal contesto»
Antonia Klugmann: il 29 gennaio scorso, giorno della sua lezione a Identità Milano 2023 (foto Brambilla-Serrani)
In visita all’Argine di Vencò di Antonia e Vittoria Klugmann, abbiamo avuto modo di scambiare con la sorella maggiore, cuoca, due parole sul dibattito che abita da qualche tempo le nostre pagine: il modello della cucina d’autore è davvero in crisi come dicono? L’alta ristorazione mostra segni di stanca o debolezza? La cuoca triestina non solo risponde un perentorio "no"; e si spinge ben oltre la legittima difesa.
«Innanzitutto occorre specificare che alta ristorazione e ristorazione comune appartengono a due mercati completamente diversi, quindi ogni paragone è improprio. Per quanto riguarda la cucina d’autore non direi proprio sia in crisi, anzi: la domanda del pubblico non è mai stata così elevata, così tanto che attrae un pubblico che negli anni scorsi non c'era». C’è grande curiosità e vitalità, dunque.
Così tanto che la forza lavoro non è sufficiente: «Il deficit del personale dell’alta ristorazione è causato anche dal fatto che ci sia una richiesta enorme. Conosco colleghi che continuano ad aprire nuovi posti proprio perché c’è grande domanda, e capita ovunque in Italia».
Con dei distinguo, però, perché c’è differenza tra alta ristorazione nelle grandi città e fine dining nelle aree più periferiche: «Forse vedo più difficoltà nelle insegne presenti nelle metropoli: le spese fisse sono mediamente più alte e costantemente in crescita e oltre un certo numero di coperti non puoi andare. In provincia mi sembra che ci sia più fermento forse perché ci sono meno difficoltà. C’è un fermento continuo».
Secondo Klugmann, c’è piuttosto una tipologia di fine dining che ha un futuro sempre più incerto: «I ristoranti che precipitano in un luogo senza davvero farne parte. Le chiamo astronavi, sono insegne autocelebrative e chiuse dentro se stesse, luoghi che si guardano l’ombelico, sordi all’intorno. È un modello che funziona sempre meno. Credo che ogni ristorante debba sforzarsi di offrire qualcosa di autentico in termini di scelta e che abbia una ragione per essere inseguito. Se io proponessi la stessa cucina che fa un collega dell’Alto Adige, non avrebbe senso».
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